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 2015  maggio 30 Sabato calendario

ARTICOLI SU BLATTER DAI GIORNALI DI SABATO 30 MAGGIO 2015


FABIO LICARI, LA GAZZETTA DELLO SPORT -
«No winners, only losers», canta qualcuno all’uscita dall’Hallenstadion dove si è celebrato l’ennesimo psicodramma della politica sportiva mondiale. Nessun vincitore, solo perdenti, ma è una sentenza che andrà verificata più avanti, seguendo gli sviluppi delle inchieste che inchiodano la Fifa alle sue responsabilità penali e il presidente a quelle morali. Aspettando altre sentenze, dai tribunali però. Per il momento, ballando un po’ sul Titanic personale, Sepp Blatter può permettersi lo stesso di esultare: è ancora presidente della Federazione mondiale, ha vinto per la quinta volta dal 1998, ma è un po’ meno saldo di prima. E non è detto che il mandato arriverà al 2019. Ha sconfitto lo sfidante, il principe giordano Ali, dopo la prima votazione. In realtà il 133-73 avrebbe portato al secondo ballottaggio, nel quale bastavano 105 voti e maggioranza semplice, ma Ali ha rinunciato a proseguire: la sua missione, prendere più di 70 preferenze – e qui è stato fondamentale Michel Platini –, è compiuta. Lo show è finito. Adesso per la Fifa, per il calcio mondiale, cominciano i guai.
Uno psicodramma in molti atti, durato addirittura dieci ore, dalle 9,40 alle 19,40. Dieci ore interminabili ma istruttive di un sistema, quello della Fifa, dove nessuno si pone interrogativi e osa contraddire chi comanda. Nessuno per esempio «legge» il bilancio oltre l’impalcatura ben costruita che nasconde una crisi finanziaria preoccupante. Nessuno chiede a Blatter di evitare almeno uno dei quattro interventi retorici. Un sistema che fa finta di non sentire e vedere quello che succede: 133 voti sono quasi la maggioranza qualificata dei due terzi. Altri 7 voti e Ali sarebbe finito k.o. subito. Qualcosa, però, Blatter ha perso per strada in questi giorni: invece dell’apoteosi solita, ha ceduto 70 preferenze al rivale. Da chi sono arrivate? Una quarantina dall’Europa, una ventina dall’Asia e dall’Oceania, una decina dalle Americhe.
Ma che Blatter non si potesse battere lo sapeva anche Platini. Quest’uomo di quasi ottant’anni è una roccia quando si affaccia sul palco per l’ultima volta, con uno strafottente «l’età non è un problema, ci sono cinquantenni che sembrano più vecchi». E va a ruota libera: «Vi voglio bene, amo il mio lavoro. Non sono perfetto ma nessuno lo è, sono sicuro che assieme faremo un gran lavoro, grazie per la fiducia». Dimenticando – no, lui no, gli altri sì – che sono più o meno le stesse parole pronunciate nelle altre occasioni. Perché, con espressione che non conosce vergogna, dice: «È stato un cataclisma. Mi prendo la responsabilità di quanto successo, ma non abbiamo bisogno di rivoluzione. Solo di evoluzione». Come se niente fosse, come se l’amministratore delegato di una società non fosse responsabile quantomeno di omessa vigilanza.
Però Blatter, che resta un grande stratega, ha ragione da vendere quando estende la chiamata di responsabilità a tutti quelli che gli stanno attorno e che l’hanno votato oggi o quattro anni fa (vero, Europa?): infatti ricorda che il calcio mostruoso e ricchissimo di oggi porta vantaggi a tutti. «Con il matrimonio con la tv c’è stata l’esplosione della Fifa e della passione mondiale. Il calcio è uno sport televisivo. I soldi sono andati a giocatori, club: non è più un semplice sport ma una grande attività commerciale e industriale. E le federazioni ne sono le azioniste». Il messaggio è chiaro: il calcio è questo, i soldi circolano e piacciono a tutti, certe derive, come nella società civile, sono inevitabili.
E adesso? Adesso comincia la «vendetta», da consumare calda. Già Blatter ha lanciato un avviso all’Uefa: «Gli equilibri dell’Esecutivo sono da modificare». Un modo per dire che in futuro i membri europei potrebbero essere meno di 8. E poi oggi c’è l’Esecutivo straordinario nel quale, forte della rielezione, porterà avanti la sua idea di ridurre il numero di squadre europee dal Mondiale 2018: Platini ne vuole 13 più la Russia ospitante, Blatter gliene vorrebbe togliere almeno una, alla fine potrebbe spuntare un playoff internazionale contro un altro continente. Le qualificazioni europee, così, diventeranno un massacro. E la decisione, che sarà presa stamattina, servirà a capire quanto è forte ancora Blatter nel governo ristretto del calcio.
Naturalmente non è soltanto su questo che si gioca il confronto, anche se un posto in meno è un disastro per l’Europa che offre sempre il miglior calcio mondiale. Passa tutto, purtroppo, da fuori: perché «dentro» l’opposizione potrebbe non avere ancora i numeri per limitare il potere di Blatter. «Fuori» s’intendono i tribunali, le nuove incriminazioni in arrivo, il fatto che tra gli interessati spunteranno presto società di marketing televisivo, nomi noti, alti dirigenti, complici all’interno della stessa Fifa, organizzatori del Mondiale di Sudafrica 2010 e nomi per ora in mani di investigatori Usa e svizzeri. In tutto questo lo sfidante, Ali, in un inglese impeccabile, non infiamma la platea con un discorso tutto sommato poco grintoso, non da contendente col coltello tra i denti: in fondo si è sacrificato nel nome dell’opposizione di Platini. Ah, per non farsi mancare niente, ieri c’è stato anche il solito, falso, allarme bomba e l’evacuazione. Tutto normale, è la Fifa. State tranquilli, altri «allarmi bomba» non mancheranno. Per ora, è Blatter V.

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GIANNI SANTUCCI, CORRIERE DELLA SERA -
Cominciano Afghanistan e Albania. Chiudono Zambia e Zimbabwe. Ordine alfabetico. Duecentonove schede color carta da zucchero. Un’ora e mezza per votare. Mezz’ora per contare. Finisce tutto intorno alle 19. Schede valide: 206. Settantre voti per il principe giordano, 133 per il «sovrano» elvetico. Maggioranza massiccia, ma alla prima tornata non basta.
«Secondo round», annunciano dal microfono. Ma Ali Bin al-Hussein si rende conto che la distanza non lascia speranza. Si ritira.
Con quattro mandati alle spalle e quattro anni davanti, la presidenza di Joseph Blatter si avvia a diventare un’era geologica per la storia della Fifa. I 150 milioni di mazzette descritti negli atti della giustizia americana e i dirigenti in carcere da tre giorni per corruzione non hanno spostato gli equilibri elettorali. La prima frase del penta-presidente: «Grazie. Avrei potuto prendere più voti, ma andiamo avanti». Poi un’auto-raccomandazione ecumenica: «Sono un uomo di fede, Dio e Allah ci aiuteranno a riportare in alto la Fifa». E una mezza battuta: «Non sono perfetto, ma nessuno lo è».
Durerà davvero 4 anni, il quinto mandato Blatter? Forse. Gli oppositori scommettono di no. Nel discorso alla cena di gala, giovedì sera, aveva lasciato scivolare lui stesso una nera previsione: «Altre brutte notizie arriveranno».La prima è già arrivata, praticamente a urne ancora aperte. Il «Serious Fraud Office», una sorta di Fbi britannico, ha ricevuto documenti e materiale sul Fifagate dagli investigatori americani e svizzeri. Si parla di denaro per le mazzette sui contratti dei diritti televisivi passato anche da banche inglesi. Sarebbe la terza inchiesta parallela e contemporanea sul governo del calcio mondiale. E se questa è la brutta notizia, a bagnare di fiele la quinta elezione rimbalzano molte critiche e poche congratulazioni. Luis Figo, ex Pallone d’oro e sfidante ritirato di Blatter: «Il calcio ha perso».
Greg Dyke, Federcalcio britannica: «Impossibili le riforme sotto Blatter».
Michel Platini, presidente Uefa e guida dell’armata d’opposizione: «Sono orgoglioso del fatto che l’Europa si sia schierata per il cambiamento».
Le felicitazioni che arrivano dalla Russia bilanciano l’ennesimo richiamo alla trasparenza ribadito, stavolta, dalla cancelliera tedesca Angela Merkel.
Ha barcollato nei giorni dello scandalo e non ha gongolato nell’ora della vittoria, il vecchio (79 anni) Sepp. Anzi, ha guidato la giornata di congresso che ha portato alle elezioni seguendo una sceneggiatura studiata. Perché Zurigo è la sua patria e la Fifa il suo regno. Solo chi gioca in casa può permettersi una scena da deriva papale come quando, poco dopo le 15, ha invitato la platea a stringersi la mano «per un segno di pace».
Si è concesso l’unico passaggio di istrionismo alla riapertura dei lavori dopo un falso allarme bomba: «Adesso riavete il mio sorriso».
La scena madre l’ha riservata però per il discorso-appello prima del voto: «Non abbiamo bisogno di rivoluzione, ma di evoluzione». Che è un po’ il concetto caro a ogni monarca quando sente la folla che rumoreggia verso la Bastiglia.
Blatter è però riuscito a tener serrati i suoi pretoriani e ha così potuto alla fine abbandonarsi alle promesse: «Tutto quello che faremo in futuro si baserà su fiducia, rispetto e fair play. Vogliamo recuperare il nostro buon nome».
La pacificazione ostentata non basterà a placare l’opposizione politica, né a fermare le conseguenze delle inchieste. Precarietà dell’ultimo trionfo. Alla quale, in serata, assesta l’ultima malaugurante frecciata via Twitter il presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz: «Blatter è lì da troppo tempo. La credibilità della Fifa è intaccata da un futuro prevedibile».
Gianni Santucci

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FABIO MONTI, CORRIERE DELLA SERA -
Ha vinto il re Sole (e si sapeva), perché, come ha detto il segretario della Fifa, Jérôme Valcke, «il principe Ali ha preso 73 voti e questo è un bene. Ma Blatter è Blatter». Ma la sintesi del momento è venuta dal presidente della Federcalcio olandese, Michael van Praag, candidato alla presidenza della Fifa prima di decidere di ritirarsi per far confluire i voti sul principe Ali: «Abbiamo forse perso una battaglia, però la guerra non è finita». Per capire quali siano i rapporti di forza fra Blatter (con il suo esercito afro-asiatico e regia russa) e l’opposizione (euro-statunitense) occorrerà prima di tutto aspettare gli sviluppi dell’inchiesta dell’Fbi, dopo i sette arresti zurighesi di mercoledì e poi osservare le carte che usciranno in altre sedi. Loretta Lynch, il ministro della giustizia degli Stati Uniti, ha lanciato accuse pesantissime e i primi ad accorgersi che il quadro è deteriorato in maniera irrimediabile sono stati gli sponsor. Per il presidente respingere le accuse (fino a quando indirette?) dei tribunali di mezzo mondo sarà molto complicato, anche perché il presidente dimostra 20 anni meno di quelli che ha, ma 79 anni non sono pochi per chi dovrà combattere battaglie molto difficili.
Blatter V si sente blindato non soltanto dai numeri del bilancio: 308 milioni di euro di guadagni nel periodo 2011-2014, con riserve di 1,36 miliardi di euro. Quando giovedì, aprendo il congresso, ha parlato di «altre brutte notizie, in arrivo nei prossimi mesi, qualcuno ha pensato che il presidente avesse nel mirino l’Uefa del suo ex amico Platini. Perché nemmeno l’Europa è al di sopra di ogni sospetto, come sa bene chi era presente a Cardiff 2007 alla scelta della sede dell’Europeo 2012: non l’Italia, ma Polonia e Ucraina. E non è stato solo Blatter a scegliere Russia e Qatar per i prossimi Mondiali.
Chi pensava che Blatter, una volta rieletto (aveva faticato di più nel 1998 contro Johansson), avviasse un’immediata opera di redenzione, ha appreso con stupore che questa mattina a Zurigo, in una riunione d’urgenza del Comitato esecutivo della Fifa , verrà deciso come dividere fra i continenti i 32 posti per le prossime due edizioni del Mondiale. È la prima cambiale che Blatter pagherà ai suoi grandi elettori. Chi rischia è l’Europa, che ha chiesto l’uscita di scena del presidente: l’Uefa vuole 14 posti per il 2018 (13 nazionali da qualificare sul campo più la Russia, che organizza) e 13 per il 2022, mentre Blatter è orientato a tagliare un posto (12 più la Russia e poi 12), perché «in 40 anni il calcio è molto cambiato e l’Europa non è più il punto di riferimento». Al Sudamerica, fedele al presidente, oggi verranno confermate le quattro qualificate dirette più una quinta dopo spareggio. E la Concacaf, travolta dallo scandalo, potrebbe ritrovarsi ad avere non più tre qualificate dirette, ma quattro. Andare a un Mondiale significa anche aumentare gli introiti. E di fronte a un futuro migliore, qualcuno dei grandi accusati potrebbe non ricordare bene quello che è stato. E quello che sarà.

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LINO TERLIZZI, IL SOLE 24 ORE -
Sepp Blatter ce l’ha fatta anche questa volta. Il 79enne svizzero ha ottenuto ieri a Zurigo il quinto mandato consecutivo alla presidenza della Fifa. Nel primo scrutinio, Blatter ha ottenuto 133 voti, a un pugno di voti dal quorum dei due terzi, contro i 73 voti del principe giordano Ali bin al-Hussein. A partire dal secondo scrutinio sarebbe bastata la maggioranza semplice, ma non ce n’è stato bisogno. Lo sfidante ha deciso di ritirarsi, dando così di fatto il via libera alla conferma di Blatter.
La tempesta c’è stata e, secondo molti osservatori, le conseguenze sugli equilibri nel mondo del calcio ci saranno. L’inchiesta Usa su alti funzionari dell’organizzazione per tangenti e gli arresti a Zurigo nei giorni scorsi; l’indagine elvetica sulle assegnazioni dei Mondiali alla Russia nel 2018 e al Qatar nel 2022; lo scontro geopolitico con il leader russo Putin che difende Blatter e il britannico Cameron e altri leader europei che invece lo attaccano. Tutto questo è successo e avrà probabilmente riflessi. Ma intanto Blatter resta presidente.
«Avrei potuto ricevere più voti ma andiamo avanti. Ringrazio tutti per avermi dato la possibilità di guidare ancora il calcio per i prossimi quattro anni», ha detto ieri Blatter, appena rieletto, ringraziando i delegati Fifa. Sembra che per lui abbiano votato Africa, Sud America, quasi tutta l’Asia. L’europea Uefa, guidata a Michel Platini, si è invece opposta. «Lo confesso, oggi ero un po’ nervoso, ma adesso sono un uomo felice. E voglio bene ad ognuno di voi, sono il presidente della Fifa, il vostro presidente. Non serberò nessun rancore nei confronti di chi mi ha preferito il principe Ali», ha aggiunto Blatter. Al congresso Fifa aveva già detto: «C’è molto lavoro da fare, ma non serve un rivoluzione, serve un’evoluzione. Sono finito nella tempesta, ma voglio risalire la china e lasciarvi una Fifa forte, integrata nella società, solida e capace di respingere le intromissioni della politica. Da domani bisogna cominciare. Mi conoscete, sapete con chi avete a che fare. Dicono che sia qui da troppo tempo: ma cos’è il tempo? Il tempo è eterno, si può tagliare. A me sembra di essere qui da poco».
Dopo la rielezione, le reazioni di sostenitori ed oppositori. «Blatter - ha detto il presidente dell’Unione calcistica russa, Nikolai Tolstikh - capisce i problemi e le sfide del tempo e sa su quale strada si deve sviluppare il calcio». «Il principe Ali è stato molto bravo. Ottenere 73 voti è un buon risultato. Ma Blatter è Blatter», questo il commento del segretario generale della Fifa, Jérôme Valcke. Che gli scandali non abbiano influito in modo determinante sul voto non ha sorpreso Valcke: «Non dimentichiamo che la Fifa è la parte lesa».
Sul versante degli oppositori, c’è la delusione della Federazione americana, ma non una presa di posizione delle autorità politiche Usa, che non hanno commentato la rielezione di Sepp Blatter alla guida della Fifa. «È una decisione che spetta alla stessa organizzazione», e «noi lasciamo che sia essa a prenderla», ha affermato il portavoce della Casa Bianca Josh Earnest. «Sono orgoglioso del fatto che la Uefa abbia difeso e sostenuto un movimento favorevole al cambiamento all’interno della Fifa», così Michel Platini, secondo cui è un passaggio «fondamentale se la Fifa vuole riconquistare la sua credibilità. Le mie congratulazioni al principe Ali, ringrazio le federazioni che lo hanno sostenuto». Dal canto suo, Luis Figo - a lungo candidato alla presidenza della Fifa e poi ritiratosi a pochi giorni dal voto - ha affermato: «Oggi è una giornata nera. Hanno perso il calcio e quelli che lo amano». «Non si può condurre la Fifa facendo piazza pulita delle più elementari regole di trasparenza, legalità e democrazia – ha aggiunto l’ex calciatore portoghese - Il signor Blatter conosceva e tollerava la corruzione. La sua rielezione dimostra che l’organizzazione Fifa è malata».
E ancora, sul fronte degli oppositori (molti dei quali appartenenti appunto all’Europa ed al mondo anglosassone) il presidente dell’inglese Football Association, Greg Dyke, ha reagito così: «Penso che i fatti di questa settimana siano stati drammatici per la Fifa e non posso credere che questa organizzazione possa riformarsi sotto la guida di Blatter». «Ha avuto 17 anni a disposizione per riformare questo mondo e non ne è stato in grado – ha aggiunto Dyke- L’Inghilterra non si ritirerà da nessuna competizione della Fifa, sarebbe ridicolo. Ci saranno discussioni su quanto accaduto in questi giorni e sul futuro di questa organizzazione e l’Inghilterra farà valere le sue idee».
Blatter ha ricevuto le prime accuse di corruzione nel lontano 2001, solo 3 anni dopo la sua prima elezione. Un delegato africano gli si oppose, lui si difese e vinse. Altri tempi, all’epoca lo appoggiarono anche la Germania e la Francia. Ora l’Africa sembra essere quasi interamente con Blatter. Molte le vicende discusse che hanno caratterizzato la lunga epoca di Blatter. Nel 2006 licenziò il capo del marketing Jérôme Valcke per irregolarità con gli sponsor, ma 6 mesi più tardi lo riprese come segretario generale. Nel 2010 dirigenti da alcuni considerati vicini a Blatter furono arrestati per corruzione, fra loro il qatariota Mohammed bin Hamman, capo della Federazione asiatica, e Jack Warner di Trinidad e Tobago (che è tra gli arrestati di tre giorni fa) accusato di compravendita di voti per la presidenza e coinvolto in una vicenda di biglietti in nero, espulso, e poi tornato sulla scena della Fifa. Ma questo è il passato. Ora Blatter è di nuovo presidente e bisognerà vedere cosa accadrà nel mondo del calcio ed in quello delle nuove inchieste giudiziarie.
Lino Terlizzi

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FABIO PAVESI, IL SOLE 24 ORE -
Ogni minuto in cui le lancette dell’orologio hanno scandito le parole di impacciata autodifesa di Sepp Blatter, il tassametro della cassa della Fifa segnava un conto da 12.500 dollari. La due giorni (notti comprese) del Congresso del Gotha del calcio mondiale costa infatti ogni anno al bilancio della Fifa la bellezza di 36 milioni di dollari. Tanto era costata l’assise del 2014, tanto e forse più è costata quella di Zurigo di questi giorni. È solo una delle voci più emblematiche di quel Paese di Bengodi che è la Federazione del calcio internazionale. Del resto perché stupirsene. In fondo è lo specchio malato del calcio dagli emolumenti stellari. E se girano così tanti quattrini tra diritti tv, marketing, biglietti e sponsorship la Fifa finisce per esserne il beneficiario per eccellenza. È un santuario, monopolista del business più bello e (caro) del mondo. In fondo quei 36 milioni spesi ogni anno per la due giorni di assise sono minutaglie in un bilancio che ha visto entrate solo nel 2014 per oltre 2 miliardi di dollari. La Coppa del mondo in Brasile ha portato fortuna solo alla Fifa che ha visto quell’anno incrementare i ricavi di 700 milioni. Meno al Brasile che è entrato da allora in stagnazione. Coppa ricca solo per la multinazionale del football. Ma i soldi grondano come se piovesse dalle parti di Blatter e soci in qualsiasi annata, anche senza l’evento per eccellenza. Dal 2011 al 2014 i ricavi sono sempre saliti: erano poco più di un miliardo nel 2011 sono stati di 2,1 l’anno scorso per un totale cumulato di 5,7 miliardi nel quadriennio. Non che prima andasse peggio. Dal 2007 al 2010 le entrate per l’organizzazione, oggi al centro dello scandalo tangenti, sono sempre aumentate collezionando 4,19 miliardi nei quattro anni. Sono gli anni della crisi finanziaria mondiale, ma la Fifa e quello che le ruota intorno gira come un turbo. Anche le spese ovviamente salgono ma non in modo tale da pregiudicare la straordinaria redditività di casa Blatter. La Fifa negli ultimi otto anni ha cumulato oltre 900 milioni di utili netti. Un bel tesoretto che ha portato le riserve patrimoniali dell’organizzazione alla cifra record di 1,52 miliardi di dollari dai 643 milioni del 2007. Un vero forziere sempre più ricco ogni anno che passa, che non ha bisogno di banche. Del resto la posizione di monopolista del gioco più bello del mondo ha i suoi vantaggi. Le tv pagano senza fiatare. Solo per la Coppa del mondo brasiliana la Fifa ha incassato 2,42 miliardi di diritti tv. Il marketing poi ha portato in casa da Rio de Janeiro 1,58 miliardi. E poi ci sono sponsor e partner. Da Adidas, a Coca Cola a Visa alla Sony. Tra partner storici e sponsor l’associazione svizzera del calcio globale incassa ogni anno la bellezza di oltre 300 milioni di dollari. Evento World cup o meno, quella provvista di denaro arriva sempre puntuale. Ovvio che se i ricavi sono ricchi e in crescita anno su anno a Zurigo sanno di poter largheggiare. Il capitolo spese è ricco di aneddoti emblematici. Solo il costo del personale (sono poco meno di 500 dipendenti) si porta via 115 milioni di dollari. Fanno cadauno, dal portiere al fattorino fino a Blatter oltre 240mila dollari l’anno. Ma è la media (elevatissima) di Trilussa. Di questi 115 milioni di stipendi, i vertici manageriali (poco più di una quarantina di persone) da soli incassano oltre 40 milioni tra emolumenti annui e piani pensione. Dello stipendio di Blatter non si sa. Nel bilancio non c’è traccia. Ma di sicuro siamo su cifre di sei zeri. C’è molta opacità su molti capitoli di spesa. La comunicazione costa 37 milioni, ma non c’è dettaglio sui capitoli. Poi ci sono ben 35 milioni classificati come “altre spese operative”. La governance,come la chiama la Fifa (il costo del congresso annuale e le spese legali) vedono uscite annue per oltre 66 milioni di dollari. E poi cosa saranno quei 18 milioni spesi solo nel 2014 per il programma “Football for Hope”, il calcio per la speranza? Speranza per chi viene da chiedersi? Spuntano 8,7 milioni (erano solo 1,9 nel 2013) per non meglio specificati “progetti di solidarietà”. E addirittura la Fifa non riesce a dettagliare quei 43 milioni (erano 20 nel 2013) in un vago “altri progetti”. Per la Fifa che ha in cassa denaro liquido per oltre un miliardo saranno quisquilie, ma forse i cittadini del mondo su cui si scaricano, diritti tv, spese di marketing e quant’altro vorrebbero saperne di più. Questa sì è una speranza per il futuro. Resterà vana?

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ANDREA SORRENTINO, LA REPUBBLICA -
I pugni alzati, come dopo un gol. Poi le mani si allacciano in alto e rimangono sopra la testa. Vittoria, vittoria, vittoria. Ce l’ha fatta ancora: c’erano dubbi? Però niente ovazioni, non stavolta. L’accoglienza della colossale sala del Congresso è freddina. Applausi cauti, perché un po’ tutti sanno di averla combinata grossa. Si sente persino qualche fischio. Michel Platini si guarda bene dall’applaudire. Ali bin Hussein, lo sconfitto, rende onore al vincitore come si conviene a un principe giordano. Perché anche qui, come da noi, altro che largo ai giovani: trionfa Joseph “Sepp” Blatter, 79 anni, contro Ali bin Hussein, 39. Il colonnello di Visp è presidente della Fifa per la quinta volta. E a conclusione della giornata ci sfotte pure, rifilandoci la sua morale, anche se non è originale, anche se è l’ultima battuta di “A qualcuno piace caldo”: «Nessuno è perfetto», e gli sfugge un ghigno da squalo, vecchio satanasso che non è altro. Lui è senza dubbio imperfettissimo, eppure per altri quattro anni guiderà la più importante organizzazione sportiva del mondo insieme al Cio, che nel triennio 2011-2014 ha fatturato 5,7 miliardi di dollari, ha un attivo di 338 milioni e 1,5 miliardi in cassa. Perché bisogna sempre seguire il denaro, ed è lì che sta il segreto del successo di Blatter: con lui guadagnano tutti, prima o poi. Se lo segui e lo supporti, se lo voti, prima o poi avrai il tuo momento magico e il tuo rendiconto, la tua bella manifestazione da organizzare, il Mondiale o il Mondialino che darà lustro al tuo paese, grande o piccolo che sia, o il posto nel Comitato Esecutivo, o un po’ di potere da ostentare a casa tua, o semplicemente viaggi, congressi in hotel a 5 stelle lusso, visibilità, vanità da soddisfare, poltrone, privilegi, donne, uomini, tutto ciò che vuoi. Se invece non lo segui o ti opponi a lui, peste ti colga: arriveranno rappresaglie, e si sa che chiunque ha un punto debole, basta saperlo cercare. È il calcio, ma soprattutto la politica, bellezza. E i politici come Blatter conoscono le debolezze umane e le fanno diventare i loro punti di forza. Per questo sono sempre lì. A braccia alzate.
Ecco perché la sua quinta elezione è in fondo la più trionfale di tutte, visto il clima, vista la vigilia con gli arresti e lo scandalo planetario, l’Fbi che andrà avanti e farà altre vittime. Ma intanto il principe giordano Ali bin Hussein, troppo inesperto dei bizantinismi che sono necessari per prevalere in questa arena, pur con l’appoggio entusiasta e assai tardivo dell’Uefa di Michel Platini, ha eroso lo svantaggio in misura minima, e lo scopre quando vengono aperte le urne dopo il primo scrutinio, dove servono i 2/3 delle schede per vincere. Il voto è segreto, quindi si effettua coi bigliettini in due diversi catafalchi, come per il Presidente della Repubblica in Italia, poi svuotano le urne su un grande tavolo e si contano i bigliettini, come a scuola. Altro che voto elettronico. Ma il responso è chiarissimo: Ali una settimana fa era accreditato di una sessantina di preferenze e ora, nonostante lo scandalo e due giorni e due notti di trattative ora infernali, ora grottesche negli hotel dei delegati, scopre di avere appena 73 voti, mentre Blatter ne riceve 133, grazie ad asiatici e africani, suoi sodali da sempre, e ai sudamericani e ai centramericani, tra i quali qualche defezione si è registrata, visto che gli arresti di mercoledì riguardavano soprattutto loro. Per il presidente uscente si sarebbe espressa anche l’Italia, in quello che è il giallo della giornata: Tavecchio alla vigilia aveva fatto capire il contrario, ma probabilmente ha prevalso la ragion di stato. Blatter ha un vantaggio che induce il principe a tagliare corto, rinunciando alla seconda votazione, che non servirebbe a nulla perché basterà la metà dei vo- ti più uno per vincere. È il trionfo di Sepp: «Era una sfida e l’ho affrontata. Grazie per avermi votato. Dovremo lavorare tanto in questi quattro anni per riportare in alto la Fifa. Introdurre più donne nel Comitato esecutivo, ad esempio. Migliorare l’organizzazione. Sono anziano? Ma no. Qualcuno può anche essere vecchio a 50 anni, ma io a 79 non lo sono…». Il suo medico, lì vicino, conferma: «Gli ho fatto il check up annuale poco tempo fa: è in forma e tirato come un violino». Solo che nessuno riesce mai a suonarlo. Anzi, chi ci prova viene suonato. Come Michel Platini e l’Uefa, i grandi sconfitti che hanno provato a dare una spallata e si sono ritrovati ad afferrare l’aria: «Sono orgoglioso che l’Uefa abbia difeso e sostenuto il tentativo di cambiare la Fifa», dice Le Roi, che medita rappresaglie a sua volta. La federazione inglese ad esempio alimenta il fuoco: «Se l’Uefa sarà granitica nel deciderlo, boicotteremo i prossimi Mondiali». Ma l’Uefa non sarà affatto granitica, perché dell’Europa fa parte anche la Russia, e anzi gli europei dovranno stare attenti a loro volta alle rappresaglie di Blatter. Oggi il Comitato esecutivo deciderà il numero di nazioni per continente che parteciperanno ai Mondiali 2018. L’Europa vorrebbe 14 squadre anziché 13 (a parte la Russia, nazione ospitante), perché sostiene di avere 19 club nei primi 31 del ranking Fifa, di avere più peso di altri continenti, ma Blatter li ha già gelati: «Il mondo non ruota più intorno all’Europa. Il calcio è del mondo». Nella notte, dopo le indagini del caso, il quintuplo presidente della Fifa avrà avuto le idee chiare su chi lo ha votato e su chi non lo ha fatto, o magari l’ha tradito. E agirà di conseguenza, come sempre. Tirato come un violino, sorridente, gelido, perfido, vendicativo coi nemici, generoso con gli amici. E ancora sul trono.

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PAOLO BRUSORIO, LA STAMPA -
Morto un papa normalmente se ne fa un altro, poi arriva Sepp Blatter e saltano anche le regole più elementari. 133 voti alla prima tornata gli sono bastati per confermarsi presidente della Fifa per la quinta volta consecutiva: starà in carica (a patto di non dar retta agli inglesi) fino al 2019 quando avrà 83 anni e chissà quanti altri scheletri negli armadi.
Ribaltone impossibile
Hallenstadion, Zurigo: il ribaltone non c’è stato, l’elegante principe giordano Ali Bin Hussein ha convinto 73 delegati e in fondo può dirsi soddisfatto del risultato. Da queste elezioni esce da signore anche perché ci ha, e si è, risparmiato la seconda chiamata. Quella dove bastava la metà più uno per salire sul trono. Bin Hussein si è ritirato prima, neanche assoldando tutti gli Scilipoti del mondo sarebbe riuscito a cambiare il risultato tra un voto e l’altro. Anzi, avrebbe rischiato il salto sul carro del vincitore da parte degli elettori più timidi, così anche l’Uefa gli ha fatto capire che era meglio gettare subito la spugna. L’ha fatto concludendo così un’avventura che aveva lo zero virgola di possibilità di riuscita persino dopo lo tsunami degli arresti. Il Supremo gli ha reso onore poi è partito per la sua trionfalistica filippica: «Sarò al comando di questa nave ancora per quattro anni e credetemi la riporteremo al largo. Avrei potuto ricevere più voti ma andiamo avanti».
L’Europa all’opposizione
Era sicuro di vincere Blatter? Probabilmente sì, ma ora sul quel palco si sente un gigante. Finisce il discorso e si gusta la standing ovation di tutti i membri del comitato esecutivo. Oddio, proprio di tutti no: Michel Platini, presidente dell’Uefa, non si scompone e soprattutto né applaude né si alza. Quello è un momento pubblico e si capisce che ci tiene a marcare le distanze. Poi a lavori conclusi una stretta di mano e un abbraccio con Blatter. Fine delle smancerie. Parla, Platini, attraverso un comunicato: «Sono orgoglioso del fatto che l’Uefa abbia difeso e sostenuto un movimento favorevole al cambiamento all’interno della Fifa. Un cambiamento fondamentale se questa organizzazione vuole riconquistare la sua credibilità». Seguono ringraziamenti alle federazioni che hanno sostenuto il principe Ali. Quante? Con il voto segreto i conti della serva non sono mica semplici, ma: 45-47 voti dall’Europa (e l’Italia fa indirettamente sapere di aver votato come annunciato, condividendo la linea scelta dall’Uefa), tutta la Conmebol (le federazioni sudamericane, una decina) tranne l’Argentina, Usa e Canada, Australia (che vota con l’Asia) e un’altra manciata abbondante di preferenze asiatiche. Si arriva così in zona 73, quota che certifica una sconfitta, ma anche una strada intrapresa in maniera decisa: c’era in gioco il futuro e la maggioranza ha scelto il passato. Un rischio visto le nubi che minacciano il neo rieletto: ci sono due inchieste che pendono sul capo della gestione Blatter e possono portare ovunque. «Mi piace il mio lavoro. Non sono perfetto ma nessuno lo è». Era dal ‘98 che per portare a casa la vittoria il presidente Fifa non faticava così tanto, ora se la gode però è il primo a sapere che la partita non è finita dentro l’Hallenstadion. Lo sa lui e anche i suoi avversari. Che sperano nei tempi supplementari per ribaltare il risultato.