Vito Salinaro, Avvenire 30/5/2015, 30 maggio 2015
IN ITALIA 11 MILIONI DI FUMATORI, «FALLITE LE CAMPAGNE»
Se da dieci anni la percentuale di fumatori in Italia si mantiene stabile – 20,8% della popolazione sopra i 15 anni – e se per la prima volta aumenta la vendita di sigarette – + 0,5% –, significa che «le politiche di prevenzione hanno fallito». Senza preamboli Roberta Pacifici, a capo dell’Osservatorio sul fumo dell’Istituto superiore di sanità (Iss), fotografa, a poche ore dalla Giornata mondiale senza tabacco che si celebra domani, l’impasse del nostro Paese rispetto alla prima causa di insorgenza dei tumori polmonari. Per l’Iss e l’Istituto di ri- cerche farmacologiche Mario Negri di Milano, oggi in Italia i fumatori sfiorano gli 11 milioni. In media si consumano 13 sigarette al giorno, e il 70% di chi lo fa inizia tra i 15 e i 20 anni. La fascia più consistente è concentrata tra i 25 e i 44 anni.
«Lo stallo riguarda tutte le età – spiega Pacifici –. Ogni anno un certo numero di ragazzi entra come fumatore e uno stesso numero esce dopo i 44 anni, o perché smette o perché muore per le sigarette». I decessi nel nostro Paese, ha ricordato Fabio Beatrice, presidente della Società italiana di tabaccologia, sono ogni anno tra i 70 e gli 85mila.
Eppure gli italiani sono tra gli europei che fumano meno stando all’ultimo sondaggio di Eurobarometro. Perché quel 20,8%, preceduto, nella classifica più virtuosa, da finlandesi (19%) e svedesi (11%), è distanziato di 5 punti dalla media europea (26%) che sembra lontanissima dalle nazioni battistrada nel consumo di bionde: Grecia (38%) e Bulgaria (35%). Nel Vecchio Continente, inoltre, la prima nicotina si ’assapora’ a 17 anni. «Inaccettabile che i cittadini continuino ad essere attirati dal fumo quando sono ancora adolescenti », sbotta il commissario europeo alla Salute, Vytenis Andriukaitis, che si dice pronto «ad aiutare i Paesi ad affrontare il problema», anche perché «crea costi reali per la società, ma dipende da fattori gestibili di rischio». A proposito di costi: è di 25 miliardi di euro l’assegno che staccano i sistemi sanitari europei, complessivamente, per fronteggiare un problema che causa 700mila morti ogni anno. Tante vittime nonostante la consapevolezza dei rischi, l’informazione e la ricerca scientifica. Due capitoli, questi ultimi, sui quali, da 50 anni, è impegnata l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro (Airc) che in occasione della Giornata di domani è tornata a denunciare «la vertiginosa ascesa» delle donne fumatrici. Non solo il gentil sesso fuma di più. Ma inizia a farlo sempre prima, aprendo le porte alla cosiddetta «epidemia pediatrica femminile». Sul fronte della ricerca sul tumore polmonare, l’Airc supporta tre studi promettenti e già richiamati su autorevoli riviste internazionali. Il primo, seguito all’Istituto nazionale tumori di Milano, si basa su un test del sangue capace di individuare il cancro fino a due anni prima della Tac spirale. Il secondo, dell’Azienda ospedaliera di Perugia, mira ad identificare le lesioni genetiche che causano la malattia per utilizzarle come nuovi strumenti diagnostici e bersagli terapeutici. La terza ricerca è portata avanti dall’Università Federico II di Napoli su un nuovo marcatore per la Pet che consente di prevedere l’efficacia della cura.
E le sigarette elettroniche? Il dato italiano è in calo: dall’1,6% del 2014 all’1,1% del 2015. L’indagine dell’Istituto Negri è contestata però dai produttori di settore. Secondo l’Anafe-Confindustria gli utilizzatori sono almeno 800mila ma, a causa di «una legge criminogena» e di un governo contrari alle sigarette elettroniche, non si fa altro che «favorire il mercato illegale, soprattutto sul web».