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 2015  maggio 29 Venerdì calendario

FORTE COME IL FERNET


Macché antica. A prima vista, forse, la Distilleria Fratelli Branca può sembrare una realtà d’altri tempi: fondata nel 1845 in occasione della creazione del celebre Fernet, sfoggia anche un motto latino («Novare serbando», innovare conservando), una formula segretissima e, come nelle migliori tradizioni ottocentesche, ha alla propria testa un nobile rappresentante della famiglia, il conte Niccolò Branca di Romanico. Ma qui termina qualsiasi suggestione d’antan.
Primo, perché stiamo parlando di un gruppo presente in oltre 160 Paesi nel mondo, con due punte di diamante rappresentate dai poli produttivi Fratelli Branca Distilleria Srl a Milano e Fratelli Branca Destilerias SA nella cittadina di Tortuguitas, in provincia di Buenos Aires.Secondo, perché oggi la holding company del Gruppo, Branca International S.p.A., conta 234 dipendenti per un fatturato worldwide di oltre 300 milioni di euro; dal 2009, inoltre, ha fatto registrare una crescita in doppia cifra.
Terzo, perché ormai non si limita a produrre solo il classico Fernet, il Brancamenta e lo Stravecchio Branca, ma anche le Grappe Candolini e Senséa, il Caffè e la Sambuca Borghetti, lo storico Punt e Mes, tutta la gamma di prodotti Carpano (Bianco, Classico, Dry e Antica Formula), la vodka Sernova, il distillato di vino Magnamater, lo spumante Bellarco, vini e oli di Villa Branca, oltre a distribuire in Italia i prodotti di Rémy Cointreau e la tequila Sierra. Perché, insomma, si tratta della quattordicesima azienda (la seconda italiana) nella classifica mondiale dei ‟Top 100 Premium Spirits” e oltretutto il Fernet Branca è il secondo brand nella hit parade mondiale dei “Bitters”.
Quarto, per i numeri dell’export. Il 60 per cento dell’intero fatturato proviene dalle attività all’estero, con un particolare estremamente rilevante: da anni, ormai, il Fernet Branca mixato con la Coca-Cola rappresenta la bevanda nazionale argentina. Al punto che, quando le vendite hanno iniziato a perdere colpi durante la gravissima crisi esplosa a fine Anni 90 a Buenos Aires, l’azienda ha reagito proponendo un prodotto simile ma a prezzo più basso ed è uscita indenne, senza licenziamenti, dal disastro.
Un assoluto vanto transoceanico, quindi. Al punto che, ha raccontato Marco Ventura su Panorama, il quotidiano La Nación scrisse: «Tutto va male, per fortuna c’è Branca». Quando poi, in una memorabile intervista, Toby Cecchini del New York Times ha tentato di confutare all’amministratore delegato italiano la categorica affermazione di essere l’unico uomo al mondo in possesso della formula del Fernet («visto che possedete uno stabilimento in Argentina», ha detto il reporter, «là per forza ce l’avranno»), il conte ha risposto che si sbagliava: lui in persona vola ogni volta a Buenos Aires e impartisce i dosaggi.
Perché appunto, quinto but not least, Niccolò Branca di Romanico – nominato Cavaliere del Lavoro nel 2011 – è tutto fuorché un leader di facciata. Al contrario, il presidente e Ceo dal 1999 coniuga un fascino da avvocato Agnelli 2.0 a grandi capacità strategico-manageriali e a una filosofia basata su concetti olistici e umanistici: una cultura che fra l’altro gli ha consentito di firmare due libri e dirigere la collana Saggezza, Scienza e Tecnica dell’editore Nardini di Firenze. Oltre a tutto questo, è esploratore ed esperto di rafting, come testimoniano alcune sue imprese in Zambia, Indonesia e a Sumatra.
La filosofia di questo ancora giovane tycoon – è nato 58 anni fa a Saint Julien, in Francia – che si ispira a un’imprenditorialità diversa, più sostenibile, è semplice: «La crisi è cambiamento». Un concetto perfettamente in linea con la storia di un uomo che pratica da quasi trent’anni la meditazione zen e concepisce l’azienda come un organismo vivente basato sulla consapevolezza. Non a caso, è stato lui a far introdurre in Branca il codice etico, il bilancio ambientale, un organismo di vigilanza interno, il sistema di gestione della qualità alimentare e un altro per la sicurezza sul lavoro.
Non basta: Niccolò Branca sa esportare all’estero anche uno charme cosmopolita eppure italiano, quello dell’Italia al suo meglio. Un esempio? Sempre Cecchini, memorable gaffeur del New York Times, cercando di dirgli per scherzo (e in italiano) che qualcun altro al mondo certo possedeva la ricetta del Fernet, per sbaglio l’ha chiamato “mendicante” invece di “mentitore”. «Non m’era mai capitato di essere chiamato in quel modo», ha risposto con un sorriso.
Un capitolo a parte riguarda la Distilleria Fratelli Branca e la comunicazione. Il logo, l’aquila che afferra la bottiglia di Fernet mentre sorvola il mondo, appare nei calendari dell’azienda dal 1895, ma è stato depositato nel 1905: a firmarlo fu il triestino Leopoldo Metlicovitz.
Ma il processo di comunicazione è nel Dna del gruppo milanese: il primo annuncio – una stampa 10x10 – è del 1865, poi con l’uscita del Corriere della Sera nel 1876 l’aquila è apparsa con continuità sui quotidiani fino a raggiungere tutti i media. Indimenticabili i disegni all’acquerello di Rodolfo Paoletti, i grandi cartelloni firmati anche da Marcello Dudovich, gli spot da Carosello ai giorni nostri. Chi non ricorda slogan come «Digestimola» del 1975, «Sopra tutto Fernet Branca» dell’81 e «Brrrrrr Brancamenta»?
La tradizione viene rispettata anche in tempo di Expo: molte le iniziative dell’azienda – sia nell’area espositiva sia in città e al Museo della Collezione Branca – realizzate con Eataly, lo chef Davide Oldani e il padiglione dell’Argentina.
Il 170° anniversario della fondazione, in particolare, è stato festeggiato con due eventi molto significativi: l’emissione da parte di Poste Italiane, il 24 aprile scorso, di un francobollo dedicato che raffigura il logo, e la pubblicazione a fine mese di un volume firmato da Niccolò Branca (Sulle ali dell’eccellenza, in uscita per Rizzoli), che narra «la storia illustrata della celebre distilleria e di un prodotto unico in Italia e nel mondo».