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 2015  maggio 29 Venerdì calendario

ECCO PERCHÉ SI È MOSSA L’AMERICA

Lo chiamano «soccer» perché «football» è già stato preso da un altro sport; si lamentano degli 0-0 e dei fraseggi a centrocampo e non si sono ancora abituati a stare seduti per 45 minuti senza break pubblicitari.
Ma è toccato agli americani mandare in fuori gioco la Fifa.
Ci è voluta a Loretta Lynch, la ministra della Giustizia di Barack Obama, per dire in pubblico quello che gli appassionati di calcio sapevano già da tempo: i Signori del Pallone sono corrotti e hanno rubato per anni. La signora Lynch non si è limitata alle parole. Il dipartimento di Giustizia americano ha accusato 14 alti funzionari della Fifa di frode, racket e riciclaggio del denaro sporco. «Uno schema durato 24 anni per arricchirsi attraverso la corruzione del calcio internazionale», per dirla con le parole della Lynch.
Parole giuste e azioni ancora più giuste ma c’è qualcosa di strano negli eventi degli ultimi giorni. Perché l’arbitro di questa partita che si gioca su altri continenti è americano? Come mai gli Stati Uniti si sono dovuti sostituire alla Svizzera, dove la Fifa vive da anni, e all’Unione europea e ai governi sudamericani – le grandi potenze del calcio mondiale?
Non per la prima né per l’ultima volta, gli Usa sono il poliziotto del mondo. Come dopo la seconda guerra mondiale, la tragedia in Somalia o la «liberazione» dell’Iraq. Non è un caso che un nemico degli Usa quale Vladimir Putin abbia accusato il governo Obama di strumentalizzare il caso-Fifa per motivi «egoistici».
Egoisti o no, questa volta, gli Usa hanno fatto un favore al mondo del calcio e fatto vergognare chi si sarebbe dovuto occupare di questo pasticcio decenni fa. Ma il motivo per cui l’America è scesa in campo va analizzato.
Se la Svizzera avesse chiesto all’Fbi di andare ad arrestare i dirigenti della Nba a New York, il governo, la stampa e il pubblico americano sarebbero impazziti. Ma vista dagli States, la lunga mano della legge americana non è un diritto, è un dovere. Un Paese nato da una lotta contro l’ingiustizia – un regime coloniale britannico che imponeva tasse ma negava il voto – si riserva il diritto di intervenire per prendere i cattivi ovunque risiedano.
I Padri Fondatori, che di calcio non sapevano nulla, lo dissero chiaro e tondo nella Costituzione. Il Congresso ha il potere di «definire e punire gli atti di pirateria e i crimini maggiori compiuti in alto mare e i reati contro il Diritto internazionale». È vero che la Svizzera non è in alto mare ma il sentimento è palese.
La legge americana è molto chiara su questo punto. Le autorità giudiziarie possono perseguire qualsiasi azienda purché abbia uffici negli Usa. E persino le tasse sono «internazionali»: gli Usa sono uno dei pochi Paesi al mondo in cui i contribuenti pagano imposte su tutti i loro beni, non solo quelli in America.
Nel caso della Fifa, gli investigatori della signora Lynch si sono mossi perché gran parte dei soldi legati alla corruzione sono passati per banche americane. Avere il cuore della finanza mondiale a New York ha i suoi vantaggi. Non importa che il Major League Soccer sia una campionato di serie C, o che il calcio faccia meno rating del wrestling, quando i soldi «sporchi» sono passati per Wall Street.
È una posizione di principio che fa spesso arrabbiare gli stranieri, soprattutto quando gli americani si comportano in maniera arrogante e dispotica – retaggio dell’epoca in cui erano l’unica superpotenza mondiale. Ma quando nessuno si muove, è meglio avere l’Uomo Ragno o Batman piuttosto che lasciare che il crimine prolifichi. E, a ben vedere, il principio non è diverso da quello che permise all’Unione europea e a Mario Monti di bloccare la fusione tra General Electric e Honeywell, due giganti del capitalismo americano.
Ma la notizia forse più interessante è che la signora Lynch non ha finito – un fatto che dovrebbe far venire i brividi a Sepp Blatter. «Voglio essere chiara – ha detto mercoledì –. Questo non è l’ultimo capitolo della nostra inchiesta».
Il Campionato del Mondo della frode è solo al girone eliminatorio.
Francesco Guerrera, La Stampa 29/5/2015

Francesco Guerrera è il caporedattore finanziario del Wall Street Journal a New York. Francesco.guerrera@wsj.com e su Twitter: @guerreraf72