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 2015  maggio 23 Sabato calendario

BASE BALLE


[Alex Rodriguez]

A St. Petersburg, Detroit, Toronto, Kansas City e Washington è andata come sempre dal 2001, quando firmò un contratto da 252 milioni di dollari per dieci anni con i Texas Rangers, due milioni più di quanto Tom Hicks avesse speso tre anni prima per comprare la franchigia: lo hanno fischiato. A Baltimora un signore di 56 anni, Tolbert Rowe, si è alzato ogni volta che è andato in battuta, platealmente dando le spalle al campo: «Non lo rispetto, non merita di essere guardato», ha detto al Washington Post (ma quando gli hanno chiesto se si comporta allo stesso modo con gli Orioles che si sono fatti di anabolizzanti, ha risposto: «Oh no, ce l’ho solo con lui»). A Boston, dove è considerato il peggior nemico ed è diventato da un decennio il bersaglio dell’ira popolare, i buuu sono stati prima assordanti e poi è sceso un silenzio glaciale quando ha colpito la palla del suo fuoricampo n° 660, quello che gli ha fatto eguagliare Willie Mays. E allo Yankee Stadium, lo hanno accolto con un’ovazione il 6 aprile, il primo giorno della stagione, e lo hanno chiamato alla ribalta il 7 maggio, quando con l’home run n. 661 è salito al quarto posto, da solo, nella classifica di tutti i tempi.
Il ritorno di Alex Rodriguez dopo la più lunga squalifica per doping nella storia del baseball (tutte le 162 partite della stagione 2014), ha seguito un copione prevedibile, almeno dal punto di vista dei tifosi. Per i militanti lo sport non è diverso dalla religione e dalla politica: credono ciecamente in quello di cui sono convinti e sono del tutto impermeabili al dubbio e a qualsiasi cosa rischi di scalfire le loro pregiudiziali certezze, per quanto false possano essere. Chi lo detestava prima, continua a farlo. Chi lo adorava, è comunque predisposto al perdono: a un certo punto della partita inaugurale con i Toronto Blue Jays, nella parte dello stadio occupato dalle Bleacher Creatures, le “bestie degli spalti”, i più radicali fra i tifosi degli Yankees, si sono levati otto cartelli, ognuno con una lettera o un numero, a formare la parola *-F-O-R-G-1-V-3: assolvete il 13, il numero della maglia di A-Rod, appunto.
Niente di tutto questo è sorprendente. Lo è, semmai, il fatto che Rodriguez sia riuscito a guadagnarsi un posto in squadra quando ormai, alla vigilia dei 40 anni e dopo aver perso 280 delle ultime 362 partite a causa di un’altra operazione all’anca e della squalifica, molti erano convinti che gli Yankees non avrebbero avuto altra scelta che mandarlo nelle Minors. Di più: ha avuto un inizio di stagione strepitoso, con .344 come percentuale di valide, per poi assestarsi attorno a un quarto della stagione sui .250 – e finora il fuoricampo più lungo della stagione è quello che ha tirato il 17 aprile contro i Tampa Bay Rays, 145 metri.
Sempre che, naturalmente, questa volta sia pulito. Assieme a Lance Armstrong, è lo sportivo più sputtanato d’America. Anzi, in questa speciale classifica, gli è davanti. Come ha lui stesso scritto in una lettera aperta ai tifosi prima dell’inizio dello spring training, “accetto il fatto che molti di voi non crederanno alle mie scuse o a qualsiasi cosa io dica a questo punto: capisco perché, ed è colpa mia”. Alla metà degli anni Duemila, quando comincia a essere chiacchierato per l’uso di sostanze stupefacenti, A-Rod rilascia un’intervista alla Cbs per negare di avere a che fare con gli steroidi. Poi, nel febbraio 2009, Sports Illustrated pubblica un’inchiesta in cui sostiene che il suo nome è nella lista dei 104 trovati positivi durante la fase dei controlli sperimentali. Due giorni dopo, ammette di essersi iniettato testosterone e il Promobolan, uno steroide anabolizzante, fra il 2001 e il 2004, appena dopo essere arrivato e fino a quando è rimasto ai Rangers: «Ero giovane, stupido e ingenuo», dice. «Sono dispiaciuto per quello che ho fatto nei miei anni in Texas, chiedo scusa ai tifosi texani», aggiunge. «Ma da quando sono con gli Yankees sono pulito. Adesso ho capito che l’unica cosa è essere onesti. Sono stanco di comportarmi in modo stupido ed egoista. La sola cosa che chiedo ai miei compagni, e al popolo americano, è di giudicarmi per come mi comporterò d’ora in avanti», conclude. Quell’anno porta gli Yankees alla conquista delle World Series. Ma subito dopo incontra Anthony Bosch, un trafficone che si fa passare per medico e ha aperto una clinica a Miami, la Biogenesis, che in realtà è uno spaccio di sostanze dopanti (lo scorso febbraio è stato condannato a quattro anni di prigione: oltre che a giocatori professionisti, faceva iniezioni a studenti liceali). Lo scandalo scoppia nel 2013 e si riferisce al periodo 2010-12, ma viene fuori che è risultato positivo anche nel 2006. A-Rod, subito soprannominato A-Fraud per l’ovvia assonanza, viene sospeso dalla Mlb per 211 partite, a partire dal 5 agosto. Lui si infuria, ricorre in appello, mente a tutti quelli che ancora si danno la pena di ascoltarlo. Nel gennaio 2014, l’arbitrato gli dà torto e lo sospende per l’intera stagione. Reagisce querelando tutti quelli che può querelare: la Lega per “caccia alle streghe”, il sindacato dei giocatori per non aver preso le sue difese e, già che c’è, anche gli Yankees, accusandoli di aver esagerato i suoi malanni fisici nella speranza di rendere nullo il contratto (gli devono ancora 61 milioni di dollari per il triennio 2015-17, gli spiccioli di un totale di 272 milioni spalmati su dieci anni). Un mese dopo ritira tutte le querele. Nel frattempo, secondo il Miami Herald, ammette davanti ad agenti della Dea di aver pagato la Biogenesis 12 mila dollari al mese per i suoi servizi.
Con questi precedenti, Rodriguez non è credibile qualsiasi cosa dica. E forse, ormai, nessuno si dà la pena di stare ad ascoltare un baro, un truffatore, un cattivo talmente caricaturale che è stato accostato a Lord Voldemort, l’antagonista di Harry Potter (il paragone è di J.R. Moeringher, che su Espn The Magazine ha scritto un fluviale articolo sul suo anno lontano dal baseball senza mai citarne una frase: “Mettere fra virgolette le sue parole non ha senso. Peggio, non si può: in ossequio alle leggi naturali, alla strana alchimia fra una credibilità distrutta e le regole della punteggiatura”). A-Rod lo sa: è tutte queste cose, ma non è stupido. Così si comporta in un modo per lui del tutto inusuale. Parla pochissimo e quando lo fa usa toni concilianti, ciò che suona bizzarro per il giocatore di baseball più polarizzante della storia recente. È umile, ciò che appare incomprensibile per uno tanto narcisista da farsi fotografare mentre bacia uno specchio. Per esempio, non ha polemizzato quando gli Yankees hanno pubblicamente dichiarato che non intendono onorare i 30 milioni di bonus per la sua scalata nella classifica degli home-run, divisi in tranche di cinque: per i 660 (già toccati), i 714 (Babe Ruth), i 755 (Hank Aaron), i 762 (Barry Bonds) e i 763 (record assoluto). «Sono cose che si risolvono da sole», ha detto, scoraggiando il sindacato dei giocatori che vorrebbe portare la faccenda in tribunale. Oppure quando si è nascosto nel dugout subito dopo il fuoricampo n. 661 e ha risposto alla chiamata alla ribalta solo quando il general manager Joe Girardi gli ha intimato: «Va fuori, se lo aspettano». Perfetto, ma Alex Rodriguez è Alex Rodriguez. Come si fa a credergli?