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 2015  maggio 25 Lunedì calendario

WANG JIANLIN A HOLLYWOOD L’UOMO PIÙ RICCO DELL’ASIA VUOLE CONQUISTARE LA METRO GOLDWYN MAYER

New York
L’ultimo acquisto lo ha fatto la settimana scorsa, quando all’asta miliardaria di Christie’s ha firmato senza battere ciglio un assegno da 20,41 milioni di dollari per portarsi a casa “Bassin aux Nymphéas, les rosiers”, uno dei capolavori di Monet in mano private. Che fosse un amante dell’arte lo aveva già dimostrato quando nel 2013 si era comprato un Picasso per 28,2 milioni di dollari (la base d’asta era circa un terzo) ma la forma artistica per cui è veramente disposto a fare pazzie non è quella figurativa ma la cosiddetta (nell’accezione contemporanea) settima arte: il cinema. E, come logica conseguenza, il meglio che la rappresenta, vale a dire Hollywood. Con 43,8 miliardi di dollari (ultima stima, pochi giorni fa, del Bloomberg Billionaires Index) Wang Jianlin è oggi l’uomo più ricco dell’intera Asia, il suo Dalian Wanda Group macina record su record alla Borsa di Hong Kong (una crescita del 43 per cento nell’ultimo trimestre) e come ama ripetere non si accontenta di partecipare, vuole vincere. Negli Stati Uniti il mondo del cinema (e soprattutto quello degli affari) hanno imparato a conoscerlo quando – era il maggio 2012 – decise di comprare la catena di sale cinematografiche Amc (la seconda più grande degli States, per un totale di oltre cinquemila schermi) alla cifra record di 2,6 miliardi di dollari facendo del Dalian Wanda Group il più grande proprietario di cinema nel mondo intero. Gli piace vincere e negli ultimi tempi sembra ancora più baciato dalla fortuna. Solo pochi mesi fa (ottobre 2014) Forbes lo collocava al quarto posto (con un patrimonio di 13,2 miliardi di dollari) tra i miliardari cinesi, nel febbraio di quest’anno era già salito (con 28,6 miliardi) al secondo posto dietro il boss di Hanergy Group Li Hejun (e superando Jack Ma, il tycoon di Alibaba), in aprile aveva guadagnato un altro miliardo per poi diventare primo assoluto la settimana scorsa. Sono risultati che possono variare (in negativo) altrettanto velocemente, visto che sono esposti ai venti della Borsa, ma l’obiettivo che Wang si era prefissato – vincere, essere il primo – in questo momento lo ha brillantemente ottenuto. Nuovi capitali che gli serviranno per sferrare in un prossimo futuro l’attacco finale alla fortezza Hollywood. Dopo l’acquisto delle sale Amc (che furono al centro delle polemiche per il film natalizio sulla Corea del Nord) l’amore per il cinema lo ha portato nel 2013 a fare il produttore (suo Man of Tai Chi, esordio alla regia di Keanu Reeves). E fu proprio due anni fa che – con una grande festa a Qingdao, ospiti d’onore celebri star come Leonardo Di Caprio, Nicole Kidman, John Travolta e Catherine Zeta-Jones – annunciò che la celebre città costiera dal passato coloniale tedesco (oggi ha oltre cinque milioni di abitanti) sarebbe diventata la Hollywood cinese: un mega- progetto da otto miliardi di dollari con un nome pomposo (Oriental Movie Metropolis), un’area di 10mila metri quadrati, trenta produzioni per il mercato internazionale all’anno (i divi presenti alla serata hanno già firmato diversi contratti milionari) e gli studios più grandi del mondo. Apertura prevista nella primavera del 2017. Per essere il primo, il vincitore assoluto come lo intende lui, non basta però una simil-Hollywood, occorre impadronirsi di quella vera. Ed ecco – nel corso dell’ultimo biennio – l’accordo con la Academy of Motion Picture di Los Angeles per un finanziamento di venti milioni di dollari per la costruzione del museo degli Oscar (affidata a Renzo Piano) in cambio del nome (Wanda Gallery) nell’ala sulla storia del cinema, e il lancio di un festival internazionale del cinema (sempre a Qingdao) in partnership con Hollywood che, se il governo di Pechino darà il definitivo ok, potrebbe essere varato già il prossimo anno. Arriva l’estate del 2014, Wang chiama a raccolta i suoi più stretti collaboratori e punta il dito su due società di produzione e distribuzione della Hollywood vecchia e nuova. La prima è l’americana- canadese Lions Gate Entertainment, fondata a Vancouver nel 1997 ma che nel giro di pochi anni si è rapidamente imposta diventando la ‘mini major’ di maggiore successo e la settima in assoluto con una particolare attenzione verso il mondo delle tv, con successi quali Hunger Games e Mad Men. La seconda è addirittura l’icona stessa di Hollywood, la Metro-Goldwyn-Mayer, fondata nel lontano 1924, per decenni padrona assoluta (insieme alla rivale 20th Century Fox) del cinema e delle sue star, caduta poi in disgrazia e passata attraverso infiniti passaggi di proprietà (compreso uno, rapido, per le mani del controverso finanziere italiano Giancarlo Parretti), e infine entrata nel novembre 2010 in Chapter 11. Ora è in corso una corposa ristrutturazione che però non vuole prescindere dalla valorizzazione del suo immenso capitale composto da una cine-biblioteca senza paragoni (oltre quattromila film e oltre 10mila episodi di serie televisive) e dei suoi 208 premi Oscar. Per il momento l’operazione per acquistare Lions Gate e Metro- Goldwyn-Mayer si è arenata, ma Wang nel suo recente viaggio negli Stati Uniti – dove non si è limitato solo ad incontri di affari (ha visto il presidente Obama alla Casa Bianca, il sindaco Bill de Blasio a New York City e il Governatore Andrew Cuomo ad Albany) – è stato molto diretto: “Abbiamo molto chiaro quello che cerchiamo in America, vogliamo primeggiare nel mondo del divertimento e in quello dello sport”. Senza abbandonare il mercato immobiliare e rafforzando quello in cui è entrato di recente (l’e-Commerce, dove sembra deciso a sfidare apertamente il rivale cinese Jack Ma), ma con in testa la stessa fissazione di sempre: Hollywood. Una frase che la dice lunga su quali saranno le prossime mosse di questo sessantenne magnate, diventato miliardario grazie al mercato immobiliare. Che stando alla biografia ufficiale è il figlio di un rivoluzionario maoista che fece la Lunga Marcia con il Grande Timoniere, che a 15 anni si è arruolato nell’Esercito Popolare e a 17 anni, in servizio lungo la frontiera con l’allora Unione Sovietica si mise in luce tanto da diventare rapidamente comandante di battaglione. Al partito si iscrisse nel 1976, anche lì con una altrettanto rapida carriera iniziata come dirigente a Dalian (da cui il primo nome di quella che di fatto è ormai una multinazionale) negli anni in cui Deng Xiaoping cancellò i disastri della Rivoluzione Culturale mettendo le prime basi per il capitalismo-comunista di oggi. L’illuminazione per diventare un businessman, nella Cina che alla fine degli anni Ottanta stava iniziando un cambiamento epocale, l’ebbe – e qui le dichiarazioni si mescolano solo a qualche ben costruita leggenda – una sera che si trovava in un Grand Hyatt Hotel e all’undicesimo piano vide una terrazza con un grande giardino e una piscina. “Pensai che volevo possedere un posto come quello”. Detto e fatto. Nel 1989 (l’anno di Tiananmen) lascia lo Stato e si mette nel privato, dove, grazie ad una indubbia capacità, a una grande visione ed anche ai suoi legami politici e alla fedeltà al regime (si proclama ancora oggi un leale comunista) nel giro di quattro anni diventa prima direttore generale, poi presidente del colosso edilizio Dalian Wanda. Di cui oggi è il padre-padrone assoluto.
Alberto Flores d’Arcais, Affari&Finanza – la Repubblica 25/5/2015