Vincenzo Martucci, La Gazzetta dello Sport 25/5/2015, 25 maggio 2015
«FIDATEVI, CAMILA SARA’ UNA TOP TEN»
La solita, inguaribile, Camila Giorgi, che tira solo vincenti, che non ha un piano B e che avrebbe bisogno di un allenatore diverso da papà Sergio. Questo è il pensiero del web e di chiunque guardi una partita dell’unica attaccante del nostro tennis, che, anche sotto il sole intermittente di Parigi, va tre volte avanti di un break e tre volte si fa riprendere e poi sul 5-5 rischia una palla-break, prima di lasciare sui pedali la passista Tatjana Maria siglando il 7-5 6-3 all’esordio al Roland Garros. Ora sfiderà Garbine Muguruza, partendo da 2-0 nei precedenti e dai quei colpi velocissimi, come le risposte: «Sbaglio perché rischio, anche i doppi falli sono così, il mio gioco mi piace, lo guardo volentieri, quello degli altri no, nemmeno al maschile, il tennis è bello perché è veloce, puoi rischiare, mentre nella vita devi riflettere, e se sbaglio è colpa solo mia: comincio ad accelerare e faccio errori a catena». Ma se la gente sapesse che c’è una Camila fragilissima che sta soffrendo questi 23 anni come una condanna, ripensando tutti i giorni all’amatissima sorella Antonella, maggiore di tre anni e mezzo, scomparsa in un incidente d’auto proprio alla stessa età? Se la gente sapesse che sforzi fanno in famiglia per rasserenarla? Se papà non sfuggisse anche lui?
Sergio, la sua Camila sta attraversando un momento difficile.
«Sta crescendo, forse è un po’ più giovane dei suoi 23 anni, e deve superare certi traumi, deve trovare un equilibrio. Fortuna che ha una madre fantastica, mia moglie, Claudia, il cuore e il cervello della nostra famiglia. Anche se non si vede mai al tennis, senza di lei Camila avrebbe forse mollato».
Quello che, d’aspetto, fa più paura è lei, il papà.
«Lo faccio apposta, a cominciare dai capelli, alla Mozart, il musicista che adoro e ascolto sempre, tanto che uno dei miei figli si chiama Amadeus: a giugno andrà in prova due mesi al Panathinaikos, come centravanti di calcio, è alto 1.90, è forte, anche se meno del fratello, Leandro, che tira di boxe amatoriale e vive a Miami».
Invece Camila è così delicata di lineamenti, così deliziosa con quei completini disegnati dalla madre.
«Subisce tantissime avances, troppe, bisogna stare sempre attenti».
Papà è oppressivo...
«Nello sport, con loro, lo sono stato, con disciplina, orari, alimentazione. Ma ora tutti i miei figli sono begli atleti».
Papà, argentino, che ha fatto la guerra delle Falkland, è mai stato violento con Camila?
«Fisicamente no, mai; verbalmente l’ho anche cacciata dall’allenamento. A me interessa soltanto che lei e Amedeus arrivino, ma la violenza non ha mai risolto un problema».
Papà ha avuto una denuncia da un finanziatore.
«E’ stata una vendetta: hanno aspettato che lasciassi gli Usa, mi avevano minacciato, volevano diventare gli agenti di mia figlia, gliel’ho impedito e hanno fatto quell’intervista, ma la Usta, la federtennis americana, conosce la verità ed ha assolto Camila».
Papà non firma il contratto d’abbigliamento per Camila e così perde un sacco di soldi.
«Io chiedo una base, di sviluppare un marchio suo, le royalty e un bonus. Se mi offrono 50.000 dollari e anche un accordo di 3-4 anni non basta, sono convinto che in sei mesi-un anno ne può guadagnare 600mila».
Papà mette tensione a Camila, in campo, parlandole a ogni punto.
«Sì, devo essere più calmo, così da infonderle calma. Noi due siamo molto simili e vicini, ed io avverto molto la responsabilità enorme che ho nel gestirla. Con quella velocità di braccio e di gambe, è logico che entri fra le prime 10 del mondo. E’ nell’evoluzione naturale».
Papà ha insegnato il tennis a Camila. All’esordio a Parigi: 46 vincenti e 49 errori!
«E in quest’esordio a Parigi, pur essendo molto nervosa perché non sta giocando benissimo, è andata 35 volte a rete (!), ci dovrà andare anche di più, se sarà solida da fondo. Con lei non è un problema di superficie, anche se sulla terra fa più fatica».
Papà sta insegnando a Camila il piano B a quel solo tirare il vincente...
«Non proprio, deve continuare ad accelerare, ma deve farlo anche aprendosi il campo colpendo in top».
Papà fa da parafulmine, e qualche volta prende anche la scossa, come quando ha ipotizzato di legalizzare il doping nello sport.
«Volevo togliere pressione su Camila, ma comunque la penso così. Tanto il potere, a tutti i livelli, l’ha sempre vinta. Quel che conta è dare una mano a Camila, farle pesare di meno la lontananza da casa, farla sentire sempre strafelice e straconvinta di giocare a tennis».