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 2015  maggio 23 Sabato calendario

Una finestra su Barcellona. Una scatola di vetro 200 metri sul livello del mare. Che in questi giorni, nella città catalana, significa bikini e birrette sulla spiaggia della Barceloneta

Una finestra su Barcellona. Una scatola di vetro 200 metri sul livello del mare. Che in questi giorni, nella città catalana, significa bikini e birrette sulla spiaggia della Barceloneta. Da quassù, in un coro di uccellini, Gianni Ruggiero, 74 anni, controlla a 360 gradi i movimenti della città. «Da ragazzo, su queste stradine scappavo con le prime fidanzate. Non c’era niente, solo il silenzio magico della collina. Vivere qui era il mio sogno. La mia gioia oggi è riconoscere questa casa come un omaggio all’immaginazione, senza mai un ostacolo visivo davanti» racconta. Negli anni 90 acquistò il terreno da una famiglia francese. Con l’architetto catalano Tonet Sunyer nasce l’idea di costruire una casa dove tutto fosse a vista. Stanze senza più pareti: solo lastre di vetro. «Lui usava la matita, io con programmi 3D trovavo i suoi errori e visualizzavo le inquadrature. A livello architettonico fu una piacevole follia. Vetri doppi di quelle dimensioni non li produceva nessuno. Me li hanno fatti apposta degli artigiani di Barcellona: 18 blocchi. Tra trasporto e montaggio me ne hanno rotti 14. Alla fine mi tappavo gli occhi per non vedere». Ruggiero ha lasciato la sua Milano nel ’64: «Ero un figlio del bar Jamaica, abitavo in Piazza San Marco». A 22 anni, a Barcellona ha iniziato a scattare le collezioni di alta moda della Spagna che usciva dall’oscurantismo. Le sue fotografie arrivano fino a Vogue America. Una vita dietro l’obiettivo. Dalla macchina fotografica alla cinepresa (sulle scale di casa, come un cimelio del suo passato creativo tiene una Arriflex da 100 chili) con cui diventa il re degli spot pubblicitari. Ha diretto e prodotto Pierce Brosnan a Hollywood, Sean Connery alle Bahamas, Michael Schumacher in Islanda, Carlinhos Brown in Brasile. «All’inizio vivevo nelle soffitte della Pedrera, la casa costruita da Gaudì» ricorda. Poi il trasloco a Gracia: «In un certo senso era come tornare nella mia vecchia Brera: i vicini erano un falegname e un accordatore di pianoforte. Era un quartiere di artigiani: oggi negli stessi posti ci sono 16 bar». Nella sua vecchia casa ora vive suo figlio, che ha chiamato Gianni, come lui, avuto dalla prima moglie Susan Holmquist, nel ‘64 Miss Danimarca. E che in una dependance (di vetro) della casa ha aperto con altri ragazzi il suo studio d’architettura. La casa ha tutto per sembrare isolata. Ma a Barcellona non è così. «Vivo la città senza dover prendere la macchina. Alla sera vado a teatro in metropolitana». Dal tavolo del berceau si vede il mare. Ti muovi e ti rendi conto che ogni altra traiettoria è buona. Intorno alla piscina, riscaldata da pannelli solari, davanti all’orologio solare che Ruggiero ha disegnato su una parete o dalle tre sculture che arredano il giardino. «Era un’installazione in ferro e pietra esposta per le vie di Gracia. Prima me le hanno affittate, poi le ho comprate a rate». Giochi d’aria rinfrescano ogni stanza all’interno, scongiurando l’effetto serra dei blocchi di vetro. Il salotto è retto da grosse colonne di cemento lavorato a mano («mi piacciono perché posso abbracciarle»). Una tivù a 50 pollici che giura di non accendere mai. Un pianoforte a coda, bianco: anima delle serate con gli amici. Che qui su vengono sempre volentieri: per un barbecue, giocare a scacchi o mangiare le specialità della casa. «Anche gli spagnoli preferiscono il mio risotto all’onda alla paella». L’ultima grande notte vissuta qui fu una festa di compleanno fatta insieme al figlio. Quattrocento invitati e le sue foto d’epoca proiettate sui vetri dei piani alti a far da cornice al dj. Prima di arredare i bagni ha fatto le prove dall’esterno per vedere fino a dove si poteva vedere. Così ha posizionato lavandini e vasche al centro della stanze. La casa vive su quattro livelli. Un montacarichi nascosto dietro agli specchi la scala verticalmente. Nella sua stanza un libro di reportage di Bernardo Valli sul comodino e un apertura sopra il letto per non perdere di vista le stelle. La cucina è protetta da una sfilza di gerani rossi infuocati dal sole. Poi il tramonto: il rito di curare fiori e orto con Teresa, la seconda moglie, catalana. Una casa che sembra invisibile e che, con la luce, cambia ogni giorno. Man mano l’orizzonte si allontana e diventa un presepe di luci che riflettono Barcellona nei vetri. «La vista notturna mi emoziona, mi ricorda la scena finale di «Paris, Texas» di Wim Wenders ». Stefano Landi