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 2015  maggio 23 Sabato calendario

IL FANTASMA DI PASCALE SI AGGIRA SULLA RETE

Curioso, il destino. Proprio allo scoccare dei 10 anni dalla scomparsa di Ernesto Pascale, era il 15 giugno del 2005 quando a 71 anni di età si spense l’ex amministratore delegato della Stet e presidente della Sip, la sua più grande (e incompiuta)?intuizione sembra ora diventare realtà: il Piano Socrate per la cablatura del Paese in fibra ottica. Oggi il progetto-cablatura in fibra è diventato la priorità del Governo, di Telecom Italia, Enel, Metroweb e di gruppi esteri come Fastweb e Vodafone, ma più di 20 anni or sono fu proprio il «grande boiardo» Ernesto Pascale - con il pieno sostegno dell’allora presidente del gruppo pubblico Biagio Agnes - a intuire l’importanza strategica della fibra ottica per lo sviluppo del Paese. E forse, proprio per questo fu licenziato. Oggi tutti lo ammettono sottovoce, ma se il governo di allora e i «grandi» manager della Telecom Italia neo-privatizzata avessero avuto un minimo di competenza e di lungimiranza in tema di telecomunicazioni, il Piano Socrate non sarebbe finito nel cestino. Si preferì credere (e far credere agli italiani) che l’Adsl, la compressione del cavo in rame, avesse prospettive radiose e performance superiori a quelle della fibra ottica, sulla cui posa si sarebbero spesi soldi inutilmente. Ma in realtà, la sensazione (poi confermata dai fatti)?fu subito un’altra: per il Tesoro e i suoi soci della Telecom privatizzata, un nocciolino di cui gli Agnelli erano capofila con appena il 6,62% del capitale, i dividendi contavano molto più degli investimenti.
Comunque sia, se l’idea di Pascale fosse diventata realtà con un investimento che nel 1995 fu quantificato in 13mila miliardi di lire (circa 7 miliardi di euro attuali)?Telecom Italia avrebbe potuto cablare in fibra le abitazioni di oltre 10 milioni di famiglie e i computer di migliaia di piccole e medie imprese, dal Nord al Sud. Spesa davvero esigua, questa, soprattutto al confronto dei circa 40 miliardi di euro che servirebbero oggi per realizzare e portare nelle abitazioni degli italiani la nuova rete veloce in fibra ottica su cui punta anche il Governo. A chi dobbiamo il merito di questa “lungimiranza” che potrebbe costarci il 500% in più del Piano Socrate?
A un «very powerful chairman», come si autodefinì l’allora presidente Gianmario Rossignolo, e all’amministratore delegato Tomaso Tommasi di Vignano, voluto da Romano Prodi al posto di Pascale. Appena nominati, e con i cantieri per la nuova fibra già aperti in tante città, i due manager del «nocciolo» cestinarono il Piano Socrate con questa spiegazione: «È stata l’evoluzione della tecnologia in questi ultimissimi anni a farci cambiare rotta. Perché spendere migliaia di miliardi per una nuova rete, sia pure molto avanzata, quando si può ottenere un risultato analogo utilizzando i vecchi fili di rame, cioè il cosiddetto doppino, con la tecnologia Adsl?». Sarebbe stato sufficiente rileggere una dichiarazione fatta a Londra a metà anni 90 dello stesso Pascale per capirne il motivo. Uscendo dal Dorchester, circondato dagli scavi di British Telecom per la cablatura in fibra della City, il manager italiano disse a un suo stretto collaboratore: «Se non ci muoviamo per primi, faranno lo stesso in Italia». Così oggi, a poche settimane dai 10 anni dalla morte di Ernesto Pascale, torna il ricordo di un’occasione perduta che l’intero Paese paga a caro prezzo, non solo finanziariamente. E dire che per la vendita del 35,26% del capitale di Telecom Italia, il Tesoro incassò circa 26.000 miliardi di lire, più o meno 13 miliardi di euro: oggi, il 100% di Telecom vale poco più di 15 miliardi.
Alessandro Plateroti, Il Sole 24 Ore 23/5/2015