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 2015  maggio 23 Sabato calendario

BUFERA SUL SALONE DEL LIBRO INDAGATO PICCHIONI “FATTURE FALSE DAGLI AMICI”

TORINO.
Sotto la lente di almeno tre filoni d’inchiesta che si intrecciano tra loro finiscono le ultime edizioni del Salone del libro di Torino, manifestazione culturale che è punto di riferimento per le case editrici italiane e la cui 28esima edizione si è chiusa lunedì scorso. È nei guai il suo presidente e dominus, Rolando Picchioni, che da oltre 15 anni siede al vertice del consiglio di amministrazione e proprio in questi giorni sta trattando la possibilità di restare ancora. Ma la sua ambizione di affiancare per qualche tempo il successore che sarà designato nei prossimi giorni dai grandi soci pubblici della Fondazione si sgretola contro il muro di una pesante accusa giudiziaria: da oggi è ufficialmente iscritto al registro degli indagati per peculato. Il sospetto è che, almeno dal 2013, abbia distratto fondi dal bilancio della società.
Gli uffici della sede sono stati perquisiti dai carabinieri e dalla guardia di finanza su incarico dei pm Andrea Beconi e Gianfranco Colace. Gli investigatori si sono presentati ieri, in tarda mattinata, con un decreto di perquisizione indirizzato a Rolando Picchioni, e hanno sequestrato i file dei pc e i documenti della contabilità, alla ricerca di fatture false per decine di migliaia di euro. Le fatture sarebbero state emesse, secondo le ipotesi della procura, da persone compiacenti che incassavano gli importi trattenendosi una percentuale, e poi giravano la gran parte di quelle somme al presidente. Nessuno avrebbe in realtà fornito alcuna prestazione al Salone, né alle iniziative culturali collaterali organizzate dalla Fondazione. I pm non hanno per ora stimato l’ammontare di queste fatture, e aspettano l’esito della perquisizione per fare i conti. Ma c’è almeno uno di questi finti fornitori che avrebbe già dato alla procura indizi importanti per le indagini.
La soffiata, che si teme possa scoperchiare un nuovo scandalo come quello che nel 2009 ha travolto il mondo della cultura piemontese con l’inchiesta sul Premio Grinzane Cavour, arriverebbe proprio da una di queste persone compiacenti che, a un certo punto, tradita nel patto di scambio di favori, avrebbe parlato con i magistrati. Si tratta di un giovane fisioterapista e amico di Picchioni, che per prestarsi al gioco delle fatture aveva chiesto in cambio un aiuto per entrare nel team dei massaggiatori di una squadra di calcio. E, non soddisfatto dall’esito della sua raccomandazione, avrebbe fatto scoppiare una violenta lite, seguita da minacce e calunnie. Lite che il presidente del Salone del libro ha tentato di chiudere con una scrittura privata e qualche migliaio di euro. Evidentemente senza successo.
Ieri, alla perquisizione negli uffici, ha assistito l’avvocato Gianpaolo Zancan che insieme alla figlia Valentina assiste Rolando Picchioni: «L’onorevole è del tutto estraneo ai fatti che gli vengono contestati — ha dichiarato dopo che si è diffusa la notizia — è ovviamente disponibile a rendere spiegazioni al magistrato anche se al momento non sa bene di cosa lo accusino perché l’avviso di garanzia e il decreto di perquisizione non riportano alcun elemento utile a comprendere ». Ernesto Ferrero, direttore della kermesse editoriale, compagno di sempre alla guida del Salone, è sicuro che le accuse a Picchioni siano solo il frutto di una vendetta personale: «Sono vent’anni che lo conosco e non crederò mai che possa aver rubato — dice — rubare a chi poi? Qui al Salone soldi non ce ne sono, siamo andati in giro fino all’ultimo a chiedere aiuti, persino per poter stampare i programmi della manifestazione». Il sindaco, Piero Fassino, e il presidente della Regione, Sergio Chiamparino, i «grandi soci» che hanno in mano la partita della successione alla presidenza della Fondazione, non commentano la notizia dell’inchiesta finché non se ne sa di più. Ma il dubbio che i conti non fossero a posto si era insinuato già da qualche tempo anche negli ambienti politici — la Fondazione era stata inserita nella lista Cottarelli delle partecipate in deficit — e il fatto che i vertici avessero atteso la fine dell’edizione per convocare il cda, aveva fatto immaginare che problemi ci fossero, e non così irrilevanti.
Ottavia Giustetti, la Repubblica 23/5/2015