Elena Del Drago, La Stampa 23/5/2015, 23 maggio 2015
Pareti danneggiate, quadri in pericolo, coperture staccate dalle assi portanti, si presentava così la mattina del 30 maggio 2012, la Galleria Estense: il sisma che colpì quella zona d’Italia non aveva risparmiato il museo che ospita una delle collezioni di origine privata più importanti del Paese
Pareti danneggiate, quadri in pericolo, coperture staccate dalle assi portanti, si presentava così la mattina del 30 maggio 2012, la Galleria Estense: il sisma che colpì quella zona d’Italia non aveva risparmiato il museo che ospita una delle collezioni di origine privata più importanti del Paese. Ci sono voluti tre anni e un investimento di 760 mila euro (pagati in gran Parte dal Ministero per i Beni Culturali e per una piccola porzione da donazioni private) per riportarla in sicurezza e renderla di nuovo un luogo di meraviglia. Dosso Dossi e i Carracci, Cosmè Tura e Correggio, i primitivi toscani e i maggiori modenesi del Trecento e Quattrocento, Cima da Conegliano e lo Scarsellino, il giovane Tintoretto e Guercino, e poi le due opere simbolo della Galleria Estense: il ritratto del duca eseguito da Velázquez e il suo celeberrimo busto-ritratto in marmo scolpito dal Bernini. Sono di nuovo in mostra, dopo un attento lavoro di ristrutturazione. Non è stato semplice e l’intero processo dimostra l’intraprendenza dei responsabili istituzionali che, pur con i pochi fondi a disposizione, sono riusciti a rinnovare profondamente la Galleria. Si è dovuto innanzitutto trasportare in un deposito tutte le opere per procedere alla ricostruzione delle parti rovinate e pensare ad un nuovo allestimento, per fare spazio anche ad opere mai esposte o da tempo confinate nei magazzini. Ad interessare particolarmente infatti è il carattere «enciclopedico» della collezione, che oltre ai quadri prevede medaglie, bronzetti e naturalmente una cospicua sezione grafica. Dopo tre anni di chiusura ora finalmente si potrà ammirare un percorso espositivo profondamente rinnovato in cui emergono 327 dipinti, 40 sculture e 242 oggetti di varia natura. Stefano Casciu, oggi direttore del polo regionale Museale della Toscana, ma allora Soprintendente di Modena e Direttore della Galleria, racconta proprio come si sia fatta di necessità virtù, cercando di sfruttare al meglio i lavori necessari per la ristrutturazione. «Con la Galleria smantellata, ci si è posti il problema di riallestirla, anche se non ex novo: abbiamo dato un nuovo aspetto al museo e ripensato il percorso. La distribuzione delle opere infatti rispondeva ancora ad un modello di allestimento risalente ai tardi Anni Sessanta, secondo il progetto architettonico di Leone Pancaldi ed era piuttosto invecchiato. Così nel rispetto di quell’architettura, si è cercato di renderla contemporanea, cambiando la scelta dei colori: prima le sale erano dipinte in un bianco accecante tipico di quegli anni. Insieme a Davide Gasparotto, oggi al Getty Museum di Los Angeles, che ha diretto la Galleria dal 2012 al 2014, abbiamo scelto invece delle tonalità attorno al grigio, che esaltano le opere per l’assonanza dei colori». E se pensiamo che a Sassuolo, sede distaccata della Galleria di Modena, sono state allestite ex novo ben 13 sale con le opere sinora in magazzino, siamo certi che la gran parte della collezione, per la prima volta, è esposta al pubblico. Ma sebbene contornati da un numero accresciuto di tele e sculture, i ritratti di Velázquez e di Bernini restano i punti cardine. «Per quest’ultima opera, capolavoro assoluto della Galleria - racconta ancora Casciu, - già nel 2013 si era messo in moto un crowdfounding, uno dei primi all’interno dei musei pubblici: ci fu un grande coinvolgimento del pubblico. Aggiunti poi fondi ministeriali e privati, abbiamo progettato e realizzato un basamento antisismico su una progettazione accademica avanzata insieme allo Iuav di Venezia e di aziende specializzate in isolatori antisismici. Quattro dischi di materiali speciali tengono agli angoli la scultura che in caso di terremoto spezzeranno la forza sismica al livello del basamento». Si è potuto infine rinnovare l’illuminazione, almeno in una sala che ospita capolavori della pittura emiliana del Seicento: un assaggio di come potrebbe cambiare l’impatto attraverso nuove luci a led qualora di dovessero trovare in futuro i finanziamenti necessari.