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 2015  maggio 23 Sabato calendario

Il mare, le foto gli arazzi nei lavori di Paul Thorel Giulia Zonca Il mare filtrato dal computer ha un orizzonte difficile da tracciare, molto più misterioso del mare d’inverno perché non si tratta solo di ritrovarne i colori, ma di ristabilire il tempo

Il mare, le foto gli arazzi nei lavori di Paul Thorel Giulia Zonca Il mare filtrato dal computer ha un orizzonte difficile da tracciare, molto più misterioso del mare d’inverno perché non si tratta solo di ritrovarne i colori, ma di ristabilire il tempo. Paul Thorel scompone e ricostruisce fotografie dai primi Anni Ottanta, una manipolazione digitale continua che traduce l’immagine in numeri e poi fa il percorso all’inverso: spreme da una sequenza una forma. Un gioco, meglio una magia che si porta dietro la capacità di cambiare stato ai paesaggi, si sbriciolano in formule e riappaiono mutati e vissuti. In Tapestries si aggiunge la confusione dell’epoca: le fotografie rimasticate dall’informatica sono stampate sopra degli arazzi, tele di altri mondi, una tradizione quasi perduta e legata a secoli andati, a racconti che resistono solo intrecciati nei tessuti. Un lavoro ormai raro e infatti gli arazzi esposti alla Guido Costa Project di Torino arrivano dalle Fiandre, da un laboratorio specializzato, uno dei pochi posti dove ancora si intreccia la storia. La mostra è una somma di tecniche e per forza di mondi stratificati. Il passato dell’arazzo, il futuro del digitale. Il protagonista, il mare, difficile da riconoscere nei primi due lavori si impone prepotente nell’ultimo. Sulla parete che chiude l’allestimento-caverna. Ante chiuse, porte pesanti. Il cortile di ingresso si dissolve e resta solo il bianco e nero scelto dall’artista. Niente blu familiare, quel che il computer filtra non viene certo restituito identico a se stesso. Il paesaggio appare lunare però meno stravolto del previsto. Da qualche parte c’è un invito, forse un codice d’accesso lasciato sulla sabbia digitalizzata. Come cantava Fossati: «Se c’è una strada sotto il mare prima o poi ci troverà». E davanti ai codici che riprogrammano le idee più che una mappa serve una voce, una guida, un’onda che catturi la nostra attenzione. Tra i ricordi dello sciabordio e le prospettive sempre infinite qualche gancio esiste: se guardi a lungo scopri che quell’orizzonte filtrato dai pixel, è tutt’altro che melanconico. Anzi ha una sua irriverente ironia.