Andrea Morandi, la Repubblica 23/5/2015, 23 maggio 2015
NAZIONALE - 23
maggio 2015
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Gli Innocent Criminals
Ben Harper di nuovo in tour con la sua band
ANDREA MORANDI
La sua prima volta fu esattamente vent’anni fa: era il 28 giugno del 1995 quando un ancora sconosciuto Ben Harper salì sul palco dell’Arezzo Wave per presentare alcuni brani del suo secondo disco, nonché primo capolavoro, Fight For Your Mind, che sarebbe uscito poche settimane dopo. «Se me lo ricordo? Eccome », ride il cantante, al telefono dalla sua casa di Los Angeles. «Il festival era piuttosto piccolo, ma fu un’esperienza indimenticabile, con un grande pubblico». Due decenni dopo, Harper è una delle voci più celebri della scena americana e ora si appresta a ritornare in Italia per quattro eventi assieme ai suoi Innocent Criminals: il 17 luglio a Piazzola sul Brenta, il 18 a Genova, il 20 a Roma e il 22 a Milano. «E non vedo l’ora. In questi anni sono tornato spesso in Italia, ho suonato in posti meravigliosi e ho anche viaggiato molto, dalla Sardegna alla Toscana».
E ritorna con la sua band, gli Innocent Criminals, con cui non suona da sette anni...
«Sì, era dal 2008 che non facevamo un tour, per me ormai sono come una famiglia. Con loro per queste date ho scelto di suonare soprattutto canzoni vecchie, poche cose nuove, quindi più o meno da Fight For Your Mind fino a There Will Be a Light . Poi vedremo».
Quest’anno celebra anche venticinque anni di carriera. Che effetto le fa?
«Mi impressiona molto, perché sono passati così veloci che li considero venticinque mesi, non venticinque anni. Certo sono cambiate molte cose, oggi suono meglio, o almeno lo spero, ho diversi modi per condurre un concerto».
Da quando ha iniziato a oggi è anche mutato il modo di fruire la musica, dai cd a Spotify. Meglio ora o allora?
«Se sei un artista non fai questo mestiere per i soldi, ma per far conoscere a più persone possibili la tua musica. Lo so che è una frase da cliché, ma è così. Sono felice di aver fatto i soldi con i miei dischi, ma se penso che oggi, in qualsiasi momento, un ragazzo in Russia può scoprire la mia musica solo cliccando su un tasto, questo mi rende felice».
Ma quando sale sul palco oggi l’emozione è sempre la stessa degli inizi?
«Ogni volta è la stessa di quando, alla fine degli anni Ottanta, suonai per la prima volta dal vivo davanti a venti persone che non sapevano chi fossi. Quando non sentirò più nulla so che vorrà dire che sono arrivato al capolinea».
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