Elena Stancanelli, la Repubblica 23/5/2015, 23 maggio 2015
TACCHINO
Per essere un gallinaceo di scarsissima avvenenza, il tacchino dà molta importanza all’amore. I suoi rituali di conquista sono impressionanti: fa la ruota con le sue diciotto penne, rovescia il capo all’indietro, strascica le ali a terra e grida confusamente. Come se fosse impazzito. Salvo poi recuperare il senno e la dignità, per quanta dignità possa vantare un tacchino, nell’istante successivo alla fine dell’accoppiamento.
Dicono che la velocità con cui passa dalla zona eccitazione alla zona sigaretta, sia impressionante. La seconda più impressionante tra gli essere viventi, per la precisione. Comunque sia, prima dell’ammoscio il tacchino non solo smanaccia e si rende ridicolo, ma subisce persino una trasfigurazione fisica. A cominciare da quel coso molliccio che gli pende davanti. Sul becco, sul becco. Che però, per qualche metaforico rimando, al sopraggiungere dell’eccitazione, si erige. Nello specifico, cambia anche di colore, dal rosso scarlatto al blu al grigio. Anche le femminine hanno qualcosa di similmente flaccido nella stessa zona del corpo, e anche il loro coso cambia di stato durante l’accoppiamento. Ma in misura minore, sobriamente. Come spiegò Achille Campanile, è opinione generale che il tacchino sia stato introdotto in Francia dai gesuiti.