Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  maggio 23 Sabato calendario

NAZIONALE - 23

maggio 2015
CERCA
38/39 di 56
R2 Club
L’ANNI VERSARIO
Compie 60 anni la vettura Citroen disegnata da Bertone. Un “ferro da stiro” che camminava sull’aria capace di sedurre anche il cinema
DS, quel nuovo Nautilus che conquistò la strada
VALERIO BERRUTI
QUANDO un’autovettura è destinata a cambiare un’epoca si capisce quasi subito. Nella storia dell’automobilismo è accaduto diverse volte ma il caso Citroen DS resta uno dei più interessanti e sensazionali. Un successo di cui si devono esser resi conto dal giorno del suo debutto, sessant’anni fa, giovedì 6 ottobre 1955, sugli stand del salone di Parigi. Nemmeno la Bardot appena lanciata dal regista Roger Vadim avrebbe avuto gli occhi addosso come accadde quel giovedì alla DS. A fine giornata i francesi avevano già incassato 12.000 contratti di vendita che alla chiusura dell’expo sarebbero arrivati alla cifra record di 80.000.
A fare scalpore deve essere stata quella modernità ostentata che la faceva assomigliare ad un oggetto futurista, la coda spiovente, il grande cofano. Una forma fuori dagli schemi più da astronave dei fumetti (o “ferro da stiro” come qualcuno la chiama ancora oggi) che da semplice automobile. Ma a conquistare i francesi e poi tutti gli altri è stata anche la tecnologia che allora era soltanto agli albori. Chi poteva immaginare una sospensione idropneumatica nel 1955? Un’auto che “camminava sull’aria” garantendo tenuta di strada e comfort mai visti prima? Manovrando una leva sotto la plancia si poteva addirittura variare l’altezza da terra della vettura per marciare su terreni sconnessi o sostituire uno pneumatico facendo a meno del cric. Sembrava fantascienza e invece era tutto lì. Su quell’incredibile DS 19, subito battezzata a Parigi come “Dèesse”, un’opera d’arte, un’innovazione assoluta più che un’automobile. Una dea.
D’altronde di innovazione se ne intendeva anche il suo “papà”, quel Flaminio Bertone, scultore e architetto italiano, assunto dalla mattina alla sera da André Citroen dopo avergli mostrato il suo brevetto per il sollevamento pneumatico dei finestrini. Dalla sua matita sono venute fuori, tra l’altro, la Traction Avant e la 2CV. Fino al capolavoro del 1955, simbolo stilistico e tecnologico della marca francese. Avanti un secolo rispetto agli altri e ancora attuale. L’impatto visivo della DS non ha niente a che vedere con i modelli disponibili all’epoca. In Italia, era appena sbarcata la Fiat 600 di Dante Giacosa, erede della Topolino, l’auto che apre la motorizzazione di massa, simbolo del miracolo economico post bellico. Anche questa frutto di geniali intuizioni (come il motore posteriore) ma di ben altra portata rispetto al capolavoro francese.
È così che la “Dèesse” comincia la sua incredibile storia. Scavalcando addirittura la marca che l’ha partorita. Un modello che mette su un piano diverso i suoi possessori, oggetto destinato a fare epoca e segnare un tempo al di là del mondo delle automobili. Protagonista di costume, nel cinema e nella cultura. “Un nuovo Nautilus”, l’ha definita il semiologo Roland Barthes, una sorta di effetto Ufo che ha sedotto artisti, disegnatori e personaggi di ogni genere. Dai fumetti al cinema. Una DS era l’auto di Ginko, il commissario alla caccia di Diabolik sulla sua indimenticabile Jaguar. Un modello con le ali retrattili l’aveva Fantomas, protagonista di ben 3 film. Ma la DS era anche l’auto di Jean Reno in Wasabi (2001), della polizia francese in Prova a prendermi (2002) e in centinaia di altre pellicole. La volle anche Charles De Gaulle. Occasione in cui il marchio poté mostrare al mondo le sue carte vincenti quando, nel 1962, i terroristi dell’Oas attaccarono il presidente a bordo della sua DS 19. Arrivarono a destinazione 14 colpi di fucile automatico, di cui due bucarono altrettante gomme. Grazie al sistema di sospensioni, però, l’auto si rimise in assetto, e permise all’autista di scappare.
Insomma, un simbolo per la Francia ma soprattutto per la Citroen. A tal punto da convincere il gruppo transalpino a ripercorrerne la sua storia prima con modelli targati Citroen (DS3, DS4, e DS5) e da giugno dello scorso anno a trasformare questa gamma in un vero e proprio marchio. Autonomo, lussuoso, tecnologico e attento allo stile. E ora che la mamma di tutte le DS compie 60 anni questo nuovo marchio comincia a decollare. L’obiettivo è quello di raggiungere il 10 per cento delle vendite globali del gruppo Psa. La storia DS continua e diventa sempre più interessante. L’innovazione non si ferma.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
FAMILIARE
Una DS Break. In alto, un francobollo celebrativo e Charles de Gaulle sulla DS
DETTAGLI
Alcuni particolari della DS e, a destra, una tavola che mostra l’ispettore Ginko all’inseguimento di Diabolik sulla sua DS