Andrea Tarquini, la Repubblica 23/5/2015, 23 maggio 2015
NAZIONALE - 23
maggio 2015
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ECONOMIA
Contratti di lavoro, la svolta di Draghi
Invito del presidente della Bce ai Paesi dell’Eurozona: “La contrattazione aziendale è da preferire a quella nazionale perché difende meglio i posti di lavoro grazie alla maggiore flessibilità, che ormai deve entrare nel nostro Dna”
ANDREA TARQUINI
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
BERLINO .
La flessibilità deve entrare nel Dna dell’Eurozona e dell’Unione europea in generale. Deve entrarvi attraverso l’utilizzo maggiore della contrattazione aziendale, che frena i licenziamenti ed è preferibile alla rigida contrattazione a livello nazionale. Trattare su riduzioni salariali è infatti meglio che negoziare licenziamenti. Ecco il segnale lanciato ieri dal presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, che ha parlato al forum della Bce in corso a Sintra, in Portogallo. Un intervento deciso, destinato a influenzare il dibattito che si è aperto in Europa e soprattutto in Italia sulla riforma della contrattazione. Draghi si è poi mostrato ottimista sulla ripresa: «Le prospettive dell’Eurozona non erano così positive da sette anni».
«La contrattazione aziendale delle retribuzioni — ha sottolineato Draghi — è da preferire a quella nazionale perché secondo i dati della Bce le imprese, con la flessibilità offerta dalla contrattazione aziendale, agendo sui salari durante la crisi, hanno tagliato i posti di lavoro meno di quelle vincolate da accordi nazionali centralizzati, che non sono state più in grado di adattare i salari alle condizioni economiche».
Il modello cui Draghi allude è ovviamente, nell’Eurozona, quello tedesco: «I benefici delle riforme sul lavoro possono essere massimizzati a breve se gli interventi vengono scelti attentamente. Per esempio l’esperienza in Germania durante la crisi indica che se le riforme puntano ad aggiustamenti facendo leva sui margini di intensità, in pratica ore lavorate e salari, è meno probabile che abbiano effetti negativi rispetto a riforme che fanno leva su margini di ampiezza, ovvero licenziamenti».
«Un adeguato livello di flessibilità delle economie dell’area euro dovrebbe fare parte del nostro dna comune». «Diversi paesi hanno fatto passi avanti significativi sulle riforme strutturali durante la crisi», ha detto Draghi. «La convergenza delle performance economiche è quindi essenziale per tenere insieme l’unione, mentre continue divergenze dovute alla non omogeneità strutturale hanno l’effetto opposto».
La flessibilità deve dunque divenire «funzione economica permanente nell’eurozona, un po’ come i criteri di Copenhagen (valori costitutivi politici e criteri di unità europea step by step, ndr) sono funzioni politiche dei membri della Ue».
Infine, il presidente della Bce è tornato su un suo cavallo di battaglia, la cessione della sovranità nelle riforme: «La governance sulle riforme strutturali va esercitata congiuntamente a livello dell’Eurozona».
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Le imprese che hanno ricorso alla contrattazione di secondo livello hanno licenziato di meno
L’esperienza in Germania dimostra che agendo su ore e salario si hanno minori effetti negativi complessivi