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 2015  maggio 22 Venerdì calendario

UN RUDOLPH GIULIANI PER NAPOLI

[Intervista a Gianni Lettieri] –
Un Rudolph Giuliani per Napoli? In un certo senso sì. È il modello cui guarda Gianni Lettieri, imprenditore napoletano, azionista al 60% dell’Atitech (gruppo che opera nella manutenzione aeronautica) e presidente di Meridie, prima società di private-equity napoletana ad essere approdata alla Borsa di Milano. Lettieri vuole ricandidarsi a sindaco di Napoli, l’anno prossimo. Nel 2011 ci provo è al primo turno surclassò col 44% dei voti De Magistris che però poi, al ballottaggio, grazie all’«apparentamento» con il Pd, prevalse di misura. In un’intervista all’Agi spiega il senso (e il perché) del suo programma.
«Per risanare Napoli e rilanciarla socialmente ed economicamente non basta il modello Giuliani. Però, sì, per l’ordine pubblico è stato vincente a New York e lo sarà a Napoli, con me. Creeremo un corpo speciale dei vigili urbani, lo metteremo sotto il comando di un generale dei carabinieri esperto in sicurezza del territorio, e questo basterà a ripristinare un clima diverso, in città. Un clima finalmente rispettoso del territorio e dei cittadini. Poi, naturalmente, bisogna estirpare la causa profonda della proliferare della manovalanza che alimenta la criminalità, e cioè la disoccupazione. Io punterò tutto sullo sviluppo economico, e con tante iniziative diverse».
Domanda. Ce ne dica una.
Risposta. Per esempio il lancio di una banca per il microcredito.
D. Lei è riuscito a rilanciare Atitech che 6 anni fa stava fallendo, e oggi ha gli hangar pieni e un partner forte come Alenia. Come ha fatto?
R. Lavorando sodo, rimotivando la gente, garantendo ai clienti tempi certi, condizioni buone e prezzi equi. Cose ovvie, ma non a farsi. Oggi Atitech ha quasi 700 dipendenti che lavorano bene, un forte portafoglio ordini e sta facendo sistema nel settore aeronautico italiano.
D. Ma allora perché non continua a fare l’imprenditore, e pensa alla politica? Chi glielo fa fare?
R. Intanto non è vero che io penso alla politica. Io penso a Napoli, alla mia città. Perché ho a cuore le sorti della mia città. Vorrei riscattare Napoli dai suoi tanti problemi. Stare in Consiglio comunale, all’opposizione, non è stato semplice per me ma ho scelto di farlo, anche dopo la sconfitta nel ballottaggio. Intanto, ho dimostrato che non m’interessava una poltrona istituzionale di prestigio, altrimenti avrei potuto ambire ad altre e invece sono rimasto in un ruolo defilato ma di testimonianza e opposizione. Ma soprattutto punto su Napoli perché c’è tanta gente a cui non interessano le sorti di Napoli, ma tantissima altra che invece ci tiene. Circa 200 mila napoletani al primo turno delle comunali del 2011 hanno scritto il mio nome. Gli devo l’impegno che si aspettano da me.
D. Lei ha scritto un libro autobiografico che s’intitola «L’imprenditore scugnizzo». Un ammiccamento al popolo?
R. No, la semplice verità. Sono nato alla Duchesca, il quartiere più popolare di Napoli, e da ragazzo ero veramente uno scugnizzo. Poi ho scoperto lo studio e ho recuperato il tempo perso, bruciando le tappe di una carriera da imprenditore tessile internazionale finché sette anni fa ho venduto tutto e ho reinvestito in Meridie ed Atitech.
D. Complimenti. Ma la pala metterà di fronte all’ostacolo della malavita organizzata, della moralizzazione pubblica. Come pensa di regolarsi?
R. Le dicevo che da ragazzo davvero la strada è stata la mia casa, e quindi mi sono scontrato con la camorra giovanissimo. Ma anche in questo campo credo che con la determinazione si possono raggiungere grandi traguardi, anche quello di neutralizzare la malavita. Bisogna denunciare, subito. Negoziare, mai. A 23 anni avevo già il mio primo stabilimento produttivo, di 2500 mq, avevo già due figli. Un giorno venne a trovarmi un signore che mi chiese di assumere il fratello. Presi tempo più volte, finché lui tagliò corto e mi chiede 150 milioni di lire, che avrei dovuto dargli in due giorni. Gli dissi che non li avevo e non glieli avrei dati. Tornò con due auto, cariche di uomini con la pistola. Non mi trovarono, li denunciai, i Carabinieri vennero a presidiare la fabbrica Fu il mio primo contatto ravvicinato con la camorra. Per fortuna non li vidi più. E 10 giorni dopo quel soggetto fu ucciso in un regolamento di conti fra cosche. Per questo nel mio libro ho scritto che tutti gli imprenditori devo denunciare i ricatti. Solo in questo modo si contrasta la delinquenza.
D. E questa sua storia è replicabile? Ci crede a «tanti Lettieri» nel Sud?
R. Sì, la chiave del rilancio del Sud sta nell’imprenditorialità. Al Nord, c’è un’impresa ogni 7 abitanti, al Sud una ogni 80. E sono meno competitive. Al Sud la politica degli ultimi vent’anni ha puntato a dare incentivi a pioggia alle imprese senza però creare infrastrutture. Bisogna cambiare la mentalità dei bambini. Ora è distorta, i ragazzi pensano ancora al posto fisso e non a costruirsi il loro futuro. Ma poi, quando studiano e crescono, sono i migliori: e spesso all’estero. I nostri medici, i nostri giuristi, i nostri ingegneri, sono apprezzati ovunque nel mondo.
D. E cosa farebbe il Lettieri-sindaco con il conflitto d’interessi?
R. Premesso che il mio business non ha nulla che vedere con la città che spero di amministrare, ho già deciso che, diventando sindaco, lascerei le mie imprese totalmente alla gestione dei figli, che sono ormai grandi, e del management, che è bravissimo. Non sarebbe un problema, anzi.
Sergio Luciano, ItaliaOggi 22/5/2015