Giuseppe Scaraffia, Sette 22/5/2015, 22 maggio 2015
LA FONTE DELL’ISPIRAZIONE NASCE ALLE TERME
«È uno strano posto per essere libero», osserva uno dei personaggi dell’Anno scorso a Marienbad, il celebre film di Alain Resnais, sceneggiato da Alain Robbe-Grillet che trasformava le terme in un labirinto appassito. Chateaubriand era arrivato in settembre a Karlsbad. La cittadina era deserta come un teatro dopo lo spettacolo. La stazione termale, meditò amaramente, «è il consueto appuntamento dei sovrani. Lì dovrebbero proprio guarire della corona, per loro e per noi».
Ma l’unico a pensare di rinunciare a una corona, la cattedra universitaria, fu Nietzsche a Bad Ragaz. Dopo diciassette immersioni nelle acque termali, i medici avevano dovuto ammettere l’inefficacia della cura. Tormentato dall’insonnia e da violenti dolori agli occhi, il pensatore cercava di dimenticare facendo lunghe passeggiate. In quel tempio della socialità che sono le terme, il filosofo si protegge da ogni contatto. «Grande è la mia solitudine, le prospettive molto fosche, il presente odioso».
«Tutto solo questa volta. Ci sono i fantasmi della società e quelli della solitudine, adesso tocca a questi ultimi, soprattutto quando piove», constata Kafka a Marienbad. Ma la situazione invece di migliorare peggiora quando Felice lo raggiunge. Tra le due camere comunicanti dell’albergo si consuma un fallimento. «Notte di disperazione. Impossibilità di vivere con F.». Quando lei parte, lui eredita la sua stanza, ma il sollievo è momentaneo. Ci sono troppi rumori. Poi gradatamente l’acqua termale allevia le sue pene, attenua l’insonnia e scaccia il mal di testa. E il sollievo non è solo momentaneo. Quattro giorni dopo il ritorno a casa sente ancora «l’effetto della pace interiore ed esteriore goduta a Marienbad». Sei anni dopo, nel 1922, si sta logorando il rapporto con la nuova fidanzata, Milena, mentre la città termale continua a prodigargli la sua insondabile tranquillità. «Mi resta ancora un enigma da risolvere per sapere perché sono riuscito ad essere felice a Marienbad». Eppure Alma Malher incontrò Walter Gropius, con cui avrebbe tradito il marito, proprio nella stazione termale di Tobelbad in Tirolo, dove, su suggerimento dei medici, ballava ogni sera. Per non parlare di Svevo che aveva incontrato alle terme di Bad Ischl, il suo futuro psicanalista, con cui aveva rapidamente legato.
Tra noia e distrazione. Freud, che spesso trovava noiose le terme, per una volta, nel 1919, si era davvero divertito. Mentre la moglie si curava in sanatorio, aveva trascorso un mese a Bad Gastein insieme alla cognata Minna. Certo era una soluzione un po’ costosa, ma in complesso la più adatta per prepararsi ad affrontare i rigori invernali. Senza troppi riguardi per la consorte, Freud le dettagliava tutti i piaceri di quel soggiorno, dalle passeggiate ai concerti. «Abbiamo entrambi un ottimo aspetto, peccato che tu non lo possa vedere». E Minna di rincalzo puntualizzava: «Quindi siamo entusiasti al punto da cambiare letto ogni notte, il che è l’ideale di Sigi (diminutivo di Sigmund, ndr). Ha un’aria insolitamente splendida ed è allegro come un fringuello».
Arriva l’annuncio della guerra. Non sempre le terme restituivano l’ispirazione. Gogol, racconta Nabokov, passava da una stazione termale tedesca all’altra nella vana speranza di ritrovarla. Ford Maddox Ford, divenuto incapace di scrivere, aveva passato due anni a bagnarsi nelle terme della Germania. Talvolta la storia si insinua nel tiepido limbo delle terme. Il 29 giugno 1914 Zweig stava passeggiando tra la folla spensierata vestita di chiaro di Baden Baden, quando la musica si interruppe di colpo, mentre davanti al palco dell’orchestra si formavano capannelli agitati. Era arrivata la notizia dell’assassinio dell’erede al trono austriaco, che avrebbe scatenato la Prima guerra mondiale.
Per Wilde le terme furono un’effimera oasi di virtù. «Oscar, scherzava la moglie, è a Bad Homburg e segue una dieta rigorosa, si alza alle 7.30, si corica alle 22.30, fuma pochissime sigarette, si fa massaggiare e naturalmente beve acqua. Vorrei poterci essere anch’io per vederlo». Le terme di Baile Herculane, dette le Terme di Ercole, racconta Leigh Fermor, presentavano architetture eclettiche in un proluvio di stucchi in un indefinibile stile neobizantino rumeno. Il suono della banda accompagnava il lento scorrere della gente. Una sensazione simile a quella registrata da Sebald a Scheveningen, in Olanda. «La facciata dello stabilimento termale si ergeva davanti a me come un grande caravanserraglio», un’impressione corroborata dagli svolazzi fin-de-siècle dell’albergo. A Badenweiler, nella Foresta Nera, Cechov e la moglie abitavano in una camera ammobiliata di un villino isolato tra giardini rigogliosi e montagne boscose. C’era molta luce e «cosa importante, un’acqua meravigliosa che sembra acqua di seltz». Tutto era splendido però lo scrittore si chiedeva se avrebbe resistito ancora per tre giorni. Stava a lungo al sole, sulla sdraio. «Sapessi che sole c’è qui! non brucia, accarezza», ma la febbre e le crisi di soffocamento continuavano a perseguitarlo.
L’ultimo champagne. Poi era venuta un’afa ancora più feroce per il malato che aveva con sé solo abiti invernali. La gente lo disgustava. «Qui non c’è un brandello di talento o di buon gusto». Ma resisteva inventando storielle comiche come quella di «una città termale molto elegante, con molti grossi bagnanti sazi, in buona salute, amanti della buona tavola, inglesi e americani con le guance rosse ed ecco che tutti rientrano sognando una bella cena, ma il cuoco se n’è andato».
Una notte lui, che detestava i medici, aveva insistito per farne venire uno. Intanto la moglie gli aveva messo sul petto del ghiaccio e lui aveva sorriso: «Non mettere del ghiaccio su un cuore vuoto». Quando il dottore era arrivato, gli aveva detto, in tedesco — per riguardo alla sua nazionalità —, che stava morendo. Si era quindi gentilmente opposto a ulteriori tentativi di curarlo con l’ossigeno. «Adesso tutto è inutile. Prima che arrivi sarò un cadavere». Poi aveva detto alla moglie: «È molto tempo che non bevo champagne» e, dopo averne assaporato lentamente un calice, si congedò dalla vita.