Guglielmo Longhi, La Gazzetta dello Sport 21/5/2015, 21 maggio 2015
REJA: «UN’ATALANTA SENZA STRESS È IL REGALO PER I 70 ANNI»
Conquistata la salvezza e lanciato un gigantesco fiuuu (copyright Allegri), la domanda che tutti si fanno dalle parti di Bergamo è questa: Edy Reja farà il pellegrinaggio a piedi o in bici?
Allora?
«Pedalerò da Lucinico fino al sacrario di Castel Monte, sopra Cividale. Sono una ventina di chilometri, buona parte in salita».
Se bisogna soffrire, meglio farlo vicino a casa.
«Torno sempre alle origini, non come certi friulani che mollano tutto e se ne vanno. Mi farò accompagnare da un paio di amici, non si mai»
Già, l’età…
«Ricordo che dopo la salvezza del Cosenza ho fatto di corsa fino al santuario di San Francesco di Paola. Una fatica bestiale, ma ero giovane».
Niente Sacro Monte? I bergamaschi si offenderanno e poi Giovanni XXIII era un grande tifoso dell’Atalanta…
«Ma no, ci andrò finito il campionato».
Come Colantuono un anno fa.
«Un motivo in più per farlo».
Quindi resta?
«Certo, la conferma è automatica in caso di salvezza».
Ha esultato dopo aver perso 4-1 in casa col Genoa: non è frustrante?
«Abbastanza, in tanti anni di carriera non mi ricordo una cosa del genere. Ma il sistema nervoso era logorato e dopo aver visto che il Cagliari perdeva, abbiamo mollato. Mi spiace per i tifosi, vedremo di chiudere alla grande contro il Milan».
Pensava fosse più facile raddrizzare la squadra?
«Sapevo che sarebbe stato complicato, ho trovato un gruppo impaurito che non aveva più punti di riferimento ma che sì è messo subito a disposizione. Sono state difficili le prime due settimane, poi la situazione è migliorata».
E’ successo un po’ di tutto in questi due mesi e mezzo: per cominciare la squadra processata dai tifosi allo stadio.
«Non conoscevo la situazione di Bergamo, sono rimasto coinvolto mio malgrado nel casino. E ho detto cose che sono state equivocate».
Il pugno di Denis a Tonelli.
«La squadra non era abituata a certe tensioni, anche perché all’inizio c’erano grandi aspettative, si parlava anche di Europa. Denis ne ha sofferto più degli altri, ha avuto un anno travagliato, a un certo punto è scoppiato. Ma resta un valore aggiunto».
Per chiudere: Reja che sfiora la rissa con Bianchi a Cesena.
«Ero teso anch’io, non volevo macchiare l’ultima parte di una lunga carriera con una retrocessione. A 20 secondi dalla fine vedo che Bianchi sciupa il pallone che può darci la salvezza in anticipo... Non dovevo avere quella reazione, ho sbagliato e chiesto scusa».
Essere l’allenatore più vecchio del campionato l’ha favorita?
«L’esperienza non la compri in farmacia, ho visto situazioni di tutti i tipi e negli ultimi dieci anni ho sempre centrato l’obiettivo che mi ero dato con la società. Non sono l’ultimo arrivato. I ragazzi se ne sono accorti e mi hanno seguito: abbiamo fatto 13 punti in 11 partite, è bastato».
L’altra volta che è subentrato in Serie A per salvare una squadra andò male: Vicenza 1999.
«Ecco perché quello che abbiamo fatto con l’Atalanta diventa ancora più importante, Se arrivi a campionato iniziato devi entrare subito in sintonia con la squadra, non hai tempo da perdere, i rischi aumentano».
Ha cambiato modulo più volte, poi ha capito cosa funzionava.
«L’inizio è stato complicato: tre pareggi di fila e qualità di gioco abbastanza scadente. Avevo scelto il 3-5-2 perché l’Atalanta subiva troppi gol. E’ un modulo che conosco bene, l’usavo a Napoli in B e qualcuno diceva che era roba vecchia. Poi sono arrivati Conte e Montella e di colpo il 3-5-2 è diventato rivoluzionario... Col Sassuolo siamo passati al 4-2-3-1, abbiamo trovato risultati importanti pareggiando a Roma, Napoli e in casa con la Lazio. L’evoluzione si è completata col 4-3-3».
Insomma, come gioca l’Atalanta adesso?
«Come faceva la mia Lazio: due centrocampisti che accompagnano l’azione, un centravanti e due ali».
Com’è andata con Percassi?
«Bene, ho imparato a conoscerlo, mi sembra una persona a posto».
E i presidenti che sopportava a fatica?
«Corioni e Cellino: ho portato in A Brescia e Cagliari e poi me ne sono andato»
Propositi per la prossima stagione?
«Un’Atalanta senza stress come regalo per i miei 70 anni (li compie il 10 ottobre, nd r)».
Cosa servirà per soffrire di meno?
«Qualche rinforzo mirato, ma il gruppo è competitivo. C’è qualche giovane da lanciare, come Rossetti, un attaccante classe ’94, che potrebbe trovare spazio con la squalifica di Pinilla».
Cigarini o Baselli?
«Non sono in concorrenza: il primo è un regista, il secondo una mezz’ala».
Ha ancora voglia di lottare?
«Come no, mi sento un ragazzino, sono carico come una molla. E ci sono squadre che anche adesso continuano a cercarmi. Niente da fare, io resto all’Atalanta».