Tino Oldani, ItaliaOggi 20/5/2015, 20 maggio 2015
ANCHE LA COMMISSIONE UE BOCCIA LA MINISTRA MADIA: UNA VERA RIFORMA DELLA BUROCRAZIA ANCORA NON SI VEDE
La pubblica amministrazione continua ad essere una pesante palla al piede per l’Italia. Un macigno che ostacola la produttività del sistema economico, con procedure estenuanti per le imprese, una giustizia civile dai tempi biblici, una corruzione record, e riforme più declamate che realizzate. Una bocciatura durissima, messa nero su bianco dalla Commissione Ue nel recente rapporto sui conti pubblici 2015. Poche pagine (da 55 a 60), che - pur senza mai citarla – confermano un dato purtroppo noto in Italia, ovvero la totale insufficienza dell’operato di Marianna Madia, ministro della Funzione pubblica. Un esempio? «L’ampio programma di riforme strutturali conteneva misure che sono state parzialmente attuate, se non addirittura abbandonate, il che ha impedito all’economia di beneficiarne appieno. A metà febbraio 2015 dovevano ancora essere emanate 348 misure di attuazione (32,3%) della legislazione adottata dai governi Monti e Letta, oltre alle 410 misure di attuazione della legislazione adottata sotto il governo Renzi».
Ancora: «Le carenze della pubblica amministrazione incidono negativamente sul contesto operativo delle imprese, sulla capacità di riforma del Paese, in definitiva sulla produttività dell’Italia». Citando uno studio di Doing Business, il Rapporto Ue sostiene che «gli eccessivi oneri regolatori sono una delle principali cause di svantaggio competitivo per l’Italia; avviare un’impresa continua ad essere molto costoso, anche l’adempimento degli obblighi tributari e l’esecuzione dei contratti sono gravosi. In Italia occorrono più di mille giorni per fare applicare un contratto, oltre il doppio della media Ocse, e la permanenza di un arretrato consistente (5,2 milioni) di cause civili evidenzia difficoltà nello smaltire le cause pendenti e nel fare fronte alle nuove».
Quanto ai servizi pubblici on line, trovano piena conferma le critiche sollevate da ItaliaOggi nei confronti dell’Agenzia digitale (Agid), gestita (si fa per dire) fino a un mese fa da Alessandra Poggiani, una cara amica della Madia, rivelatasi fallimentare oltre ogni previsione. Tanto che il Rapporto Ue afferma: «L’Italia è al terz’ultimo posto tra i Paesi Ocse nell’uso di internet per trattare con le amministrazioni pubbliche. Una carenza che, sommata alle altre, frena gli investimenti esteri e la crescita delle imprese».
Pur riconoscendo al ministro Madia il tentativo di avviare una riforma della pubblica amministrazione, il Rapporto Ue precisa che «una riforma complessiva non è stata ancora adottata». E quel poco che è stato fatto (contenimento delle retribuzioni dei dirigenti e dei magistrati, misure per facilitare il turn over e ridurre l’età media del personale, razionalizzazione degli enti e degli appalti pubblici), potrà dare gli effetti sperati soltanto quando «la riforma complessiva», approvata di recente dal Senato sotto forma di legge delega, sarà realmente attuata. Un modo garbato per dire che non è proprio il caso di aggiungere altre misure di attuazione incompiute alle 410 già accumulate dal governo attuale.
Il Rapporto Ue dà atto al governo Renzi di avere emanato «alcune riforme rilevanti per migliorare il sistema della giustizia». Tra queste, la riduzione del 50% dei tribunali civili di primo grado, la creazione di tribunali specializzati per le imprese, la mediazione obbligatoria in alcune materie civili e commerciali, oltre all’introduzione di misure volte a digitalizzare i processi civili, amministrativi e fiscali, sia pure in via sperimentale. Il che ha consentito, in cinque circoscrizioni, di ridurre i tempi (tra il 19 e il 60%) dei processi civili di primo grado. Tuttavia, osserva il Rapporto, «nonostante qualche miglioramento nell’efficienza del sistema giudiziario, la lunghezza dei processi resta una delle cause principali del contesto sfavorevole per le imprese».
Pollice verso anche nel capitolo dedicato alla corruzione, che «rimane un grave problema in Italia». Anche se Renzi si è affidato al magistrato Raffaele Cantone per la guida dell’Autorità anticorruzione, a Bruxelles – pur elogiando l’attivismo di Cantone - non ne vedono ancora i risultati. E scrivono che, proprio a causa dell’elevata corruzione e dei suoi legami con la criminalità, in base agli indicatori etici del Forum economico mondiale, l’Italia si colloca al 102.mo posto su 144 Paesi nella graduatoria mondiale della competitività.
Tra le misure più urgenti, l’Ue sollecita una revisione delle norme in materia di prescrizione giudiziaria, indicate come «la principale carenza del sistema italiano di prevenzione contro la criminalità». Infatti, nota il Rapporto, «una condanna in primo grado non impedisce che il reato cada in prescrizione prima della sentenza di appello». Il che è avviene abbastanza di frequente, visto che le prescrizioni nei tribunali d’appello sono salite dal 15 al 22% tra il 2005 e il 2013. Anche per questo Governo e Parlamento hanno deciso di accelerare i tempi per la riforma della prescrizione. In fondo, l’ennesima conferma che anche in materia di giustizia il vero programma di governo, ormai, viene scritto a Bruxelles, e poi imposto come si usa fare con un Paese commissariato.
Tino Oldani, ItaliaOggi 20/5/2015