Claudio Plazzotta, ItaliaOggi 19/5/2015, 19 maggio 2015
LA CASA EDITRICE ISBN IN DEFAULT
La casa editrice Isbn di Massimo Coppola è in sostanziale default: non pubblica più libri dall’ottobre del 2014, non investe in nuove opere dalla primavera del 2014, ha praticamente licenziato tutti i dipendenti, deve dei soldi a una quarantina di persone tra autori, traduttori, fornitori ecc., ha lasciato da sette mesi la storica sede di via Conca del Naviglio 10 a Milano e ora quel che resta di Isbn è ospitato su una scrivania nei locali della redazione di Rivista studio.
Nata nel 2004 su iniziativa di Coppola, ex vj di Mtv, filosofo, regista e autore per cinema e tv, e di Luca Formenton (figlio di Cristina Mondadori e Mario Formenton), presidente della casa editrice Il Saggiatore, la Isbn edizioni ha vissuto sotto le ali protettrici del Saggiatore fino al 2009.
E fin lì le cose sono andate piuttosto bene. Poi la responsabilità è passata tutta a Coppola, con la parola magica: indipendenti. Lo stesso Coppola racconta a Rivista Studio che «per me a un certo punto è diventata un’esigenza. Il Saggiatore non aveva le dimensioni necessarie per farci crescere. Se il tuo progetto di produzione è totalmente libero e creativo credo che tu debba avere in mano tutte le fila della gestione, senza alcuna rete protettiva. Nel bene, perché finché eravamo sotto l’ala del Saggiatore io non dovevo occuparmi di numeri, non avevo nessuna pressione sulle vendite e questo rendeva la mia una poltrona fantastica dal punto di vista creativo; dall’altra parte non potevi mai sapere se le idee applicate ai contenuti della casa editrice sarebbero state altrettanto rivoluzionarie se applicate a una modalità di produzione e di gestione complessiva. Luca accolse questa mia richiesta e, attraverso un processo conclusosi a fine 2011 con il suo abbandono della carica di presidente, siamo diventati indipendenti». Ovviamente, questo è stato l’inizio della fine. Coppola, bravo filosofo e buon autore televisivo (Brand New e Avere 20 anni, andati in onda su Mtv, erano ottimi programmi), di imprenditoria e soldi mastica molto poco. Lo si comprende fin da queste dichiarazioni del 2009: «Non accetto la scelta di tanti autori che dopo il primo libro di un certo successo con un editore di nicchia, poi passano a Einaudi, e cito non certo a caso la casa di Torino capace in passato di cose straordinarie. Non mi sta bene, insomma, che uno scrittore impegnato o presunto tale passi come se nulla fosse a una realtà legata al gruppo di proprietà dell’attuale presidente del consiglio. Potrei capirlo se Berlusconi fosse solo un imprenditore...». Verrebbe da chiedersi, però, se sia meglio restare in una piccola casa editrice indipendente dove tutti sono liberi e simpatici, piuttosto che affidarsi, per esempio, a Einaudi dove invece la prima cosa che viene sollecitata a un autore è l’Iban sul quale accreditare i bonifici per pagare il lavoro.
Negli anni successivi la crisi, i lettori che non capiscono, le librerie che chiudono, le invasioni delle cavallette, e, insomma, i 3 milioni di euro di fatturato Isbn del 2011 diventano sempre meno. Allora i simboli del capitalismo brutto, sporco e cattivo tornano improvvisamente utili, e pure sul concetto di indipendenza, davanti a un assegno, ci si può mettere d’accordo: «Siamo andati dalle banche, potete immaginare con quali risultati. Siamo andati da editori stimati più grandi di noi», dice Coppola in un post sui social, «a capire se c’era la possibilità di un sostegno da parte loro o di una acquisizione. Abbiamo provato senza successo a rivolgerci a privati che avevano le possibilità economiche di dare un sollievo finanziario alla società e permetterle di rimodularsi sui cambiamenti del mercato. Ogni libreria che chiudeva, diventava una perdita; ogni libreria in difficoltà idem. La chiusura della Fnac di Milano, che ci portava da sola il 2-3% del fatturato, è solo un semplice esempio delle ripercussioni che una crisi generalizzata e di mercato può avere su una società come la nostra».
In pratica, la storia di Isbn si chiude con 300 libri pubblicati, almeno 1.500 persone che hanno ricevuto pagamenti «regolari fino al 2013. Ora c’è un 5% che merita le scuse che più volte gli sono state rivolte via e-mail o altro genere di comunicazione. Ma non è mai abbastanza quando non si viene pagati, e dunque: scusateci ancora una volta», continua Coppola, «e se a qualcuno non abbiamo date risposte comprensibili o chiare, ci scusiamo due volte. Ora l’ufficio di Isbn edizioni sono io, è questo computer dal quale sto scrivendo. E mi occupo esclusivamente di gestire i creditori, parlare con i loro legali e continuare a cercare una soluzione finanziaria». Il tutto facendo però il direttore del mensile Rolling Stone, immaginiamo con quale spirito.
«Isbn Edizioni non ha mai avuto vita facile dal punto di vista economico», conclude Coppola, «e io e il mio socio Luca Formenton abbiamo investito risorse economiche e lavoro - en passant: avrò preso lo stipendio un terzo delle volte; nel 2013, il mio stipendio, 2.800 euro lordi, mi è stato corrisposto 3 volte su 12, per mia libera scelta. Nel 2014 e 2015, ovviamente e com’era doveroso fare, nemmeno un euro è entrato nelle mie tasche da Isbn, al contrario, attraverso le mie altre attività ho versato somme ingenti (quando mi sono state pagate - non siete gli unici ad aspettare dei pagamenti!) oltre a quelle davvero considerevoli immesse da Luca Formenton nell’arco dei dieci anni di vita dell’attività - socio e fondatore, che non smetterò mai di ringraziare».
Fare impresa è difficile. Farlo nel mondo culturale, dove i confini tra gratificazione dell’ego e gratificazione del conto in banca sono spesso labili, ancora di più. E in qualche modo il tutto è ben descritto da uno scambio epistolare tra Coppola e la giornalista e scrittrice Guia Soncini, reso pubblico da quest’ultima nei giorni scorsi. Siamo nel febbraio 2013, Coppola ha ancora molto entusiasmo, e chiede alla Soncini di aiutarlo nella realizzazione di un librone su «Le balle che raccontano le canzonette». Scrive Coppola: «Si contattano gli autori di ogni tipo e provenienza geografica, gli si chiede di scegliere una canzone e scriverne partendo dalla prospettiva di cui sopra. Vorrei che, oltre che scrivere della tua canzone, tu ti occupassi della scelta dei contributors e dell’editing. Che te ne pare?». La Socini, caustica: «Quel che mi pare di tutte le proposte di lavoro che non parlano di soldi».
Claudio Plazzotta, ItaliaOggi 19/5/2015