Marco Iaria, La Gazzetta dello Sport 19/5/2015, 19 maggio 2015
JUVE, FATTURATO BOOM. DAI 154 MILIONI DEL 2010 AI 320 DI OGGI
La Juventus è diventata la più europea tra le società italiane. No, non c’entra la finale di Champions. C’entrano, piuttosto, la mentalità che è stata inculcata nell’«azienda», la pianificazione degli obiettivi, la ricerca delle professionalità giuste, lo sforzo di diversificare le fonti di entrata. I cinque anni di Andrea Agnelli dietro la scrivania più importante di Corso Galileo Ferraris hanno proiettato i bianconeri in un’altra dimensione. Conquistato il primato in Italia, la Signora ha progressivamente orientato lo sguardo verso le big europee. La competizione internazionale è la chiave di tutto nell’era del villaggio globale, Agnelli lo sa e sa anche quanto sia difficile da colmare il gap, ma passi in avanti ne sono stati fatti. Quando si insediò alla presidenza, l’erede della Famiglia prese per mano un club fuori dalla Champions e con un fatturato crollato nel 2010-11 a 154 milioni di ricavi, non solo distante anni luce da Real e compagnia ma dietro pure a Milan (235) e Inter (222). Da quel momento è iniziata la scalata.
L’aumento di capitale da 120 milioni ha consentito di ripatrimonializzare il club e di programmare una serie di investimenti sul mercato che hanno elevato il livello dell’organico: 205 milioni spesi per trasferimenti, al netto delle cessioni, nell’ultimo quinquennio. Nel frattempo, nel settembre 2011, è stato inaugurato lo Juventus Stadium, l’antesignano tra gli impianti di proprietà in Italia, figlio legittimo - va detto - pure di chi c’era prima, Giraudo in primis. Gli introiti da stadio sono schizzati: dagli 11 milioni dell’ultima stagione «in affitto» ai 49 dell’anno passato, includendo non solo il botteghino, ma anche il museo, il tour, le attività no match day. Allo Stadium la partita è costruita come un vero e proprio «entertainment event», c’è un direttore dello stadio che coordina le diverse aree, è stato pure internalizzato il servizio di steward. Piccoli grandi segnali della crescita societaria. Come quello, coraggioso e inedito, di gestire in proprio il licensing e il merchandising, a partire dal primo luglio quando entrerà in vigore il nuovo contratto di sponsorizzazione con Adidas, che assicurerà 23 milioni annui contro i 13 di Nike. La Juve ha rinunciato ai 6 milioni di minimo garantito che la casa tedesca aveva offerto per smerciare il materiale ufficiale: lo farà direttamente, implementando un nuovo sistema informativo e puntando a fare ancora meglio in termini di fatturato e redditività.
Fatto sta che dai 154 milioni di partenza, il giro d’affari è cresciuto ininterrottamente: 195 nel 2011-12, 272 nel 2012-13, 280 nel 2013-14. Se il divario con il Barcellona era inizialmente di 297 milioni, l’anno scorso è sceso a 205. In questa stagione, con la finale di Berlino, i bianconeri possono già contare su ricavi stimati per 315-320 milioni. E a partire dal 2015-16, con l’incremento delle entrate tv e commerciali, si punta ad abbattere il tetto di 350 milioni. Parallelamente il management è riuscito a riequilibrare la gestione passando dalla perdita-record di 95,4 milioni del 2010-11 al -6,7 del 2013-14, pur nel bel mezzo di una fase espansiva, con gli stipendi saliti del 31% nello stesso periodo, a 184 milioni.
Agnelli ha fatto benissimo i compiti a casa ma non è riuscito a imporre la sua leadership sul movimento. Più volte ha lanciato appelli riformatori caduti nel vuoto, più volte ha tentato di contrastare lo strapotere politico della coppia Galliani-Lotito subendo le sconfitte elettorali in Lega e Figc. Pare quasi che lo ascoltino maggiormente all’estero, come quando frequenta il board dell’Eca. In casa rimane aperta la ferita di Calciopoli. In questi anni l’intento revisionistico è stato agitato spesso dal presidente, anche per solleticare la pancia del tifo. Ma prima o poi i conti con il passato bisogna chiuderli. Né tantomeno si può stare in eterno all’opposizione. D’altronde, AA è un giovanotto, con i suoi 39 anni, rispetto ai plenipotenziari del calcio italiano.