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 2015  maggio 16 Sabato calendario

«I PRIVILEGI? NON ME NE FREGA UN C...»

Quando risponde al telefono, Massimo Cacciari ha il tono infastidito di chi si vede costretto ad allontanare una mosca ostinata in una giornata estiva. Taglia corto, ostenta disinteresse. Dopo tutto, lui è uno stimato filosofo, ha questioni aeree di cui occuparsi, mica può interessarsi di faccende puzzolenti come il denaro che la collettività gentilmente gli elargisce ogni mese. Il fatto è che Cacciari, oltre ad aver prodotto libri di un certo peso e aver macinato pensiero, è stato anche un politico. E che politico. Il suo cursus honorum inizia, manco a dirlo, in Potere Operaio. Poi è arrivata la militanza nel Partito comunista italiano. Quindi la svolta moderata con il centrosinistra. Nel frattempo, gli incarichi si susseguivano: parlamentare, sindaco di Venezia, europarlamentare, consigliere regionale del Veneto, ancora Sindaco di Venezia. Onorificenze che, per stare nell’ambito del concreto, si traducono in stipendi e prebende assortite. Per essere stato eletto alla Camera dei deputati e aver attraversato due legislature tra il 1976 e il 1983 - ere geologiche fa, col metro attuale della turbopolitica - Cacciari percepisce un vitalizio mensile di 2884 euro. Un lauto stipendio, decisamente superiore a quello di molti italiani, che gli viene recapitato sul conto corrente in virtù del servizio svolto (in teoria) a beneficio della collettività fino a poco meno di trentacinque anni fa. Meglio che vincere alla lotteria. Secondo i calcoli svolti da Franco Bechis, Cacciari ha versato contributi per 120.805 euro. Ma nel frattempo ha incassato 553.797 euro. Mica male. La sproporzione micidiale è di 432.992 euro, che gli italiani gli hanno donato così, per gentilezza. Non è il solo, certo, a godere del trattamento privilegiato. Ma da uomo di profonda cultura e di provata fede democratica qual è Cacciari ci si potrebbe aspettare una certa consapevolezza della situazione, specie nel momento in cui un governo di centrosinistra rifiuta di risarcire il dovuto ai pensionati. Eppure l’ex sindaco, ex onorevole, ex europarlamentare eccetera Cacciari sembra non curarsi molto di ciò che viene spedito nelle sue tasche. Al telefono, appunto, appare piuttosto scocciato, come se lo disturbassimo per una faccenda che non lo riguarda. «Ho i vitalizi che prendono tutti quelli che hanno fatto i parlamentari come me», spiega. E la parola vitalizi usata al plurale non è un caso, visto che le cariche che ha ricoperto in passato sono numerose. «Non so altro», aggiunge il filosofo. Certo, capiamo bene che non si sia preoccupato di calcolare la sproporzione fra quanto ha versato di contributi e quanto ha incamerato finora sotto forma di vitalizio. Per questo Libero ha deciso di rendergli un ulteriore servizio facendo due conti per lui e informandolo. Quando gli ripetiamo che ci sono oltre 432 mila euro di differenza fra dato e avuto, il fastidio di Cacciari aumenta. «Non ne ho la più pallida idea», sbuffa. «Non ho mai fatto i conti. So che prendo i vitalizi come qualunque altro parlamentare». E fin qui, come biasimarlo. Ma non sembra un po’ ingiusto, al democratico Cacciari, che la collettività gli fornisca 2800 euro al mese, visto che evidentemente non ne ha bisogno poiché gode di altre fonti di reddito, tanto da potersi permettere di non farsi i conti in tasca? Insomma, non sembra il caso all’ex onorevole filosofo di spendere qualche parola sulla disparità di trattamento esistente fra gli ex politici privilegiati e, per esempio, i pensionati che non si vedono restituire i soldi levati da Monti e dalla Fornero per via di una decisione giudicata illegittima dalla Consulta? A quanto pare no. «E allora che li tolgano, i vitalizi», sbotta Cacciari come se non fosse affar suo. «Magari non soltanto a me». Certo, mal comune, mezzo gaudio. «Tra l’altro non so perché chiamate me, mi sfugge completamente», dice. Dobbiamo ripetere? Chiamiamo lui perché la differenza tra quanto ha versato e quanto ha percepito finora è piuttosto elevata. E comunque non è l’unico che abbiamo chiamato. Motivo per cui gli chiediamo nuovamente se sarebbe favorevole all’eliminazione dei vitalizi. Ed ecco la risposta definitiva: «Non me ne frega un cazzo». L’onestà di Cacciari è sicuramente più che apprezzabile. Ci permettiamo un solo, minuscolo, appunto. A lui magari del vitalizio non frega un cazzo, visto che ha altre entrate. Forse però agli italiani interessa sapere che hanno dato una barca di soldi a un signore che non solo non ne aveva bisogno, ma si infastidisce pure se glielo ricordano.