Luca Mastrantonio, Corriere della Sera 17/5/2015, 17 maggio 2015
L’ITALIA DEI RAGAZZI «SPASSIONATI» MANCANZA DI FIDUCIA (O DI PARTIGIANERIA?)
La serie di aggettivi che i giovani italiani di oggi si sono visti assegnare è una galleria degli orrori. Sono stati chiamati bamboccioni perché restano troppo a casa; choosy, cioè schizzinosi, perché rifiuterebbero lavori umili; sfigati, anche, perché si laureano tardi; sdraiati, perché inchiodati sul divano. Ora, finalmente, c ’è un’etichetta che non giudica, ma descrive, con una flessibilità semantica che permette una maggiore autodeterminazione.
«Spassionati» è l’efficace aggettivo con cui Gianna Fregonara ha titolato un volume di interviste ad alcuni politici italiani, imprenditori e studiosi protagonisti del tempo che stiamo vivendo, per parlare dei Nuovi cittadini della democrazia che verrà (pubblicato da University Press Italiane, pagine 128, euro 10). «Spassionato» da un lato suggerisce scarsa passione e poca fiducia verso istituzioni e politica; dall’altro mette in evidenza una potenziale virtù, dei millennials: «S-passionati vuol dire disinteressati — scrive Gianna Fregonara nell’introduzione — ma può significare anche non faziosi» perché «non partigiani». Riuscire a mantenere una distanza potrebbe rivelarsi una caratteristica positiva. «Spassionati» può alludere persino a «un atteggiamento di giustizia ed equità».
Giuliano Amato, che apre la serie di interviste, sottolinea come i giovani siano più euro- pei delle istituzioni; boccia il lavoro di Garanzia Giovani, che avrebbe dovuto creare nuove opportunità occupazionali, «ma non ha funzionato». Serve, conclude, più «coraggio». Il modello resta l’America. Le parole su cui puntano Vittorino Andreoli e Laura Boldrini, invece, sono «fragilità» e «solidarietà». Se la seconda è una grande palestra di partecipazione, la prima non indica un difetto, sostiene Andreoli, ma una risorsa: non è una debolezza, bensì la capacità di percepire la propria presenza nel mondo e riconoscere il pro- prio bisogno degli altri. Per Paola Severino il problema è la furbizia, da contrastare già negli anni dell’asilo; se Oscar Farinetti è pessimista («la maionese è impazzita»), Nadia Urbinati invita a non fidarsi delle scorciatoie (Internet).
Luciano Violante fa una lezione sul rapporto tra diritti e doveri. Miope è una politica incapace di guardare oltre i nostri confini, ricorda Emma Bonino parlando del Mediterraneo. La centralità della tecnologia è ben rappresentata dalla riflessione di Domenico De Masi, convinto che il futuro dei giovani dipenda più dalle stampanti in 3D che non dal Jobs Act. Beppe Severgnini è convinto che i giovani di oggi e quelli che hanno vissuto la caduta del Muro di Berlino «si somiglino, anche se non lo sanno».