Marco Demarco, Corriere della Sera 17/5/2015, 17 maggio 2015
MA DIRE STRAGE NAPOLETANA NON SIA UNO SCUDO MENTALE
I l Kalashnikov trovato sotto il letto conferma il tratto «americano» della strage di Napoli. Americano: cioè violentemente barocco, compulsivamente moderno. Però, un attimo: come non valutare la variante «napoletana» del fatto? Napoletana: cioè camorristica. È a pochi passi da qui che hanno ripreso a girare le nuove puntate di Gomorra la Serie. E nelle tapparelle di casa dello stragista hanno trovato fori di proiettili in entrata, provenienti da armi non delle forze dell’ordine. Vuol dire che anche i boss gli hanno sparato contro. Come è probabile che lui abbia risposto al fuoco alternando la follia dell’istinto distruttivo alla sensatezza della «legittima» difesa. Ma tutto questo dice anche più della pura apparenza, perché aggettivando e localizzando quello che è accaduto a Napoli lo si vuole in qualche modo allontanare dalla propria «normalità». Diciamo «americano», ma Anders Breivik, l’uomo che nel 2011 uccise 77 persone vestito e armato da Rambo, era un norvegese. E non solo nei territori di camorra, la cronaca insegna, se c’è uno che spara all’impazzata può esserci un altro che prova a fermarlo. Americano, napoletano: più che aggettivi diventano allora scudi mentali, corazze protettive per tenere il mostro fuori dalla porta. La realtà è però meno rassicurante. Mauro Maldinato è uno psichiatra napoletano che ha appena scritto un libro su questi argomenti: «Quando decidiamo siamo attori consapevoli o macchine biologiche?». La tesi è che la nostra coscienza «regna ma non governa». Che non tutti i nostri comportamenti sono razionalmente spiegabili. Che a nostra vita è un continuo combattere con veti e divieti interni che ci aiutano a tenere a bada la violenza che è in noi. Che c’è una psicopatologia della normalità tutta ancora da indagare e studiare. In sostanza, l’uomo non è affatto quello che crediamo che sia. Pur di non farcene una ragione cerchiamo sempre i nessi tra le cause e gli effetti delle nostre azioni. E quando non li troviamo, ci perdiamo.