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 2015  maggio 17 Domenica calendario

«TROVERANNO UNA SCUSA E NON LO GIUSTIZIERANNO SI SALVERÀ COME MUBARAK»

«La condanna a morte di Morsi è l’ennesima bizzarra sentenza di un tribunale egiziano che condanna tutti i prigionieri politici alla pena capitale o all’ergastolo, anche in assenza di ragioni per giustificarlo: ne abbiamo viste tante negli ultimi due anni. Comunque, nessuno la prende davvero sul serio. Non credo che verranno giustiziati. Se guardi quello che scrivono i giovani sui social media, per lo più pensano che la Fratellanza Musulmana e il regime militare alla fine si metteranno d’accordo e tutti i condannati verranno liberati in un paio d’anni. Come Mubarak: all’inizio era stato condannato all’ergastolo, ma ormai è chiaro che lo lasceranno libero. Anche per Morsi troveranno un motivo medico. Non giustizieranno un presidente: la comunità internazionale non starebbe a guardare in silenzio e poi segnerebbe un precedente che non conviene a nessun raìs».
Ghada Abdel Aal, 36 anni, è nota per il bestseller del 2008 «Che il velo sia da sposa», ma il suo ultimo lavoro è una serie tv satirica andata in onda lo scorso Ramadan che racconta l’Egitto post-rivoluzionario. Il titolo: «Embratoreyet Meen?» (L’impero di chi?). Un’egittologa inglese-egiziana torna nel «nuovo Egitto» con la famiglia, ma incappa in crimini, molestie, xenofobia, inefficienze, opportunismo, mentre i media trasmettono solo falsità. Alla fine la stessa protagonista è accusata di spionaggio.
La serie tv finisce il 30 giugno 2013, quando gli egiziani sono scesi in piazza contro Morsi; non si dice cosa accade dopo. Perché?
«In realtà avevo scritto una scena finale in cui la famiglia torna a casa piena di speranza per il futuro, chiude la porta e l’intero palazzo esplode. Ma l’hanno tagliata».
C’è molta attenzione sui social alla condanna di Morsi?
«Forse i media occidentali sono più interessati: a noi non importa così tanto, non è più la nostra battaglia. Guardiamo alla notizia con una certa distanza, pensiamo che alla fine il regime e la Fratellanza torneranno amici e noi continueremo a soffrire. Ma anche se a molti non dispiace particolarmente per i Fratelli Musulmani, sappiamo che questa non è giustizia. Non crediamo che ci sia una giustificazione per condannare Morsi a morte. Quell’accusa di spionaggio poi... ma se davvero spiava, che facevano nel frattempo l’intelligence e l’esercito?»
Hai mai votato per Morsi?
«Nelle presidenziali del 2012 non ho votato affatto. Tra Morsi e Shafik (ex premier di Mubarak ndr), entrambi mi sembravano pessimi, per niente all’altezza. C’era chi diceva che bisognava dare una possibilità ai Fratelli Musulmani, perché dopo la caduta di Mubarak erano l’unico partito organizzato. Perciò li ho votati alle elezioni parlamentari: ma hanno fatto un lavoro terribile. Le sedute parlamentari erano in diretta tv e tutti — non solo io — potevano vedere che non capivano niente di politica, erano dei pagliacci. Io non penso che siano estremisti come i qaedisti ma che siano inefficienti. Non so se rimuoverli dal potere dopo un anno sia stata la decisione giusta. L’altra opzione, quella attuale, non è molto migliore. Avrei sperato che ci fosse una via democratica che non implicasse l’intervento dell’esercito, ma c’erano milioni di persone in piazza, e non so quale poteva essere l’alternativa».
Perché dici che il regime attuale non è migliore?
«Con Sisi c’è la stessa mancanza di un piano e di una visione per l’Egitto. Ci sono un sacco di persone inefficienti in posizioni di potere. I prezzi aumentano, la sicurezza è scarsa, e non vediamo nessun miglioramento rispetto ai tempi di Morsi».
Hai ricevuto critiche per la tua serie tv?
«Sì, una vera e propria campagna dei sostenitori del regime che ci accusavano di dare un’immagine negativa del Paese, di essere al soldo del Qatar. Ma abbiamo mostrato le frustrazioni degli egiziani nei tre periodi: dopo Mubarak, durante il Consiglio Militare e poi sotto Morsi. In quest’ultima parte ci hanno lasciati in pace».