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 2015  maggio 18 Lunedì calendario

AGNELLI, FERRERO, LAVAZZA: CHI SONO I SUPER-LIQUIDI

La prima mossa l’ha fatta Exor che ha rilanciato con un’offerta salita a 6,8 miliardi di dollari per conquistare il business delle riassicurazioni dell’americana PartnerRe. E siglare l’operazione che cambierà il volto della holding presieduta da John Elkann. La seconda è attesa da Edizione della famiglia Benetton che si appresta a incassare 1,3 miliardi dalla vendita di World Duty Free. E che dovrà trovare un nuovo fronte per investire i suoi 1,5 miliardi di liquidità netta. Gli occhi sono puntati anche sulla Luxottica di Leonardo del Vecchio che negli anni in cui più forte ha morso la crisi dei consumi sui mercati internazionali ha rallentato gli investimenti in acquisizioni importanti che erano stati la cifra dell’era del ceo Andrea Guerra. Ma adesso la multinazionale degli occhiali, forte di circa un miliardo di liquidità (dopo il pagamento questa settimana di circa 700 milioni di dividendi), è pronta a ripartire.
Le holding
La svolta l’hanno impressa le holding dei grandi gruppi industriali, tornati negli ultimi mesi a muovere il mercato. Sono liquide perché hanno iniziato a far ruotare gli asset in portafoglio. Non appena hanno iniziato a soffiare i primi segnali di ripresa dell’interesse, soprattutto da parte degli investitori stranieri, hanno afferrato le opportunità. E adesso hanno le munizioni per ripartire. La più veloce, Exor che già nel 2013 ha incassato 2 miliardi vendendo il gruppo di certificazioni Sgs, con una plusvalenza a livello consolidato di 1,5 miliardi. Un buon punto di partenza. Cui si è aggiunta la cessione di Cushman & Wakefield a Dtz per un incasso di 1,28 miliardi dollari. Ora la società è pronta per allestire un takeover da 6,8 miliardi di dollari e riequilibrare il portafoglio, ormai molto sbilanciato sull’ automotive . Un altro pianeta. Quello dove si muovono i grandi gruppi che hanno fatto dei mercati globali l’orizzonte di riferimento.
Lo stesso su cui cominciano a muoversi i Benetton, ora alla ricerca di una nuova attività su cui investire. Basta infrastrutture, concessioni e attività regolate, un mestiere affidato ad Atlantia. Bensì business a forte valenza internazionale o aziende che accettano grandi sfide, disponibili a operazioni straordinarie e con un management di standing elevato. Con in più l’interesse dichiarato a prendere parte al risiko delle Banche Popolari. Prima però il gruppo presieduto da Gilberto Benetton dovrà chiudere la cessione, ormai imminente, del 30% di Adr a fondi esteri e aprire quella sulla valorizzazione di Autogrill: con il probabile spin off delle attività estere e l’aggregazione a realtà più grandi.
Diversa la storia della Fininvest presieduta da Marina Berlusconi che a inizio anno ha incassato 377 milioni cedendo in un collocamento lampo il 7,8% di Mediaset. Adesso ha liquidità per circa 550 milioni. Ma se i programmi saranno mantenuti, la vendita di una quota del Milan e a termine la probabile cessione del 20% di Mediolanum, che in Borsa capitalizza 5,9 miliardi, porterà altro fieno in cascina che servirà anche a sostenere Mediaset. Ma è possibile che in Fininvest, in una prospettiva futura, anche di successione, la dinastia del Biscione potrebbe preferire una holding con una più alta componente liquida e un impegno più leggero in partecipazioni. Favorito quest’ultimo da eventuali aggregazioni.
Nell’ultimo triennio, quello in cui la crisi ha morso più forte, molte aziende sono state ferme. Non hanno fatto acquisizioni e hanno frenato gli investimenti. Chi ha potuto, accumulando liquidità. Fieno in cascina che adesso i gruppi provano a mettere in gioco scommettendo sui venti di ripresa.
Aziende
È il caso di Luxottica, tornata a parlare di acquisizioni e di investimenti nei negozi. Promettendo di puntare un miliardo nello sviluppo delle sue reti, catene come LensCrafters e Sunglass. Poche sono le aziende che in questo triennio hanno puntato cip per crescere. Salvo alcuni casi virtuosi come Interpump, la società di pompe idrauliche che comprerà la brasiliana Osper, una delle maggiori società del Paese nella produzione prese di forza e cilindri oleodinamici.
Per crescere, in buona sostanza, c’è voluto coraggio nella stagione della crisi. Ma da inizio anno le aziende hanno ricominciato a costruire business plan il cui cardine è l’ m&a . È il caso del gruppo del packaging Coesia che fa capo all’imprenditrice Isabella Seragnoli. Con ricavi di 1,37 miliardi, è accreditato di una liquidità attorno a un miliardo. Che ora intende utilizzare per comprare altre aziende del settore e predisporre poi le basi di un approdo a Piazza Affari.
La multinazionale del cioccolato Ferrero, fin qui più abituata a crescere per linee interne, sotto la guida del ceo Giovanni Ferrero ha parlato di acquisizioni. Forte di una cassa alimentata nel solo 2014 da 907 milioni di utile pre-tasse. Poi c’è Lavazza che ha sfoderato ambizioni e programmato un processo di crescita internazionale. Ha fatto cassa per 620 milioni limando la quota nella Keurig e ora punta sul brand francese Carte Noire.
Tra i più attivi, la Parmalat che a fine 2014 aveva una cassa netta di un miliardo, quanto restava del «tesoretto» di 1,4 miliardi raccolto dall’allora commissario Enrico Bondi. Sotto le insegne della Lactalis, il gruppo di Parma si è mosso con largo anticipo e lo shopping ha già impegnato 840 milioni. Tanto che il ceo Yvon Guérin, ad aprile, è già tornato a finanziarsi per 500 milioni con le banche. Attese mosse anche da gruppi come Ferragamo con 132 milioni di cassa ed Esselunga (circa 200).