Carlo Bertini, La Stampa 18/5/2015, 18 maggio 2015
PORTABORSE - I
collaboratori parlamentari degli onorevoli, i cosiddetti portaborse, centinaia di precari dotati di competenze e titoli, battono un colpo: chiedono di essere messi in regola - anche se «a tempo» - tutti allo stesso modo. Si sono organizzati in un’Associazione, un centinaio hanno aderito e la prossima settimana terranno la prima conferenza stampa. Le presidenze di Camera e Senato lavorano ad un contratto unico dei livelli amministrativi e ora Grasso e Boldrini spingono per regolarizzare allo stesso modo i collaboratori che lavorano nei Palazzi. Certo, rispetto alla giungla di qualche anno fa qualcosa è cambiato. Da questa legislatura per avere diritto al pass di accesso bisogna depositare un contratto di lavoro agli uffici di sicurezza altrimenti non si entra nei Palazzi. E ancora: da quando Camera e Senato hanno obbligato tutti i parlamentari a mettere sotto contratto i loro collaboratori, le cose sono cambiate. Infatti i 3800 euro alla Camera e 4300 euro al Senato che ogni mese gli onorevoli ricevono come rimborso spese per la metà vanno giustificati con rendiconti, quindi i contratti ai portaborse si sono moltiplicati. Ma sono vari e diversi l’uno dall’altro. E cosa chiedono allora i collaboratori dei parlamentari? Una disciplina organica. «Ci devono essere paletti fermi», dice Francesca Petrini del direttivo dell’associazione. Ovvero un contratto unico, con maternità, ferie, contributi previdenziali pagati. Sulla falsariga di quelli già adottati dai parlamentari dei 5Stelle e non solo. Un modello magari copiato dai paesi europei, come Francia o Germania o Parlamento europeo, dove sono le amministrazioni a pagare i collaboratori. «Tutto fuorché il modello attuale, dove ognuno si regola come gli pare».