Tino Oldani, ItaliaOggi 16/5/2015, 16 maggio 2015
LE RACCOMANDAZIONI UE (8 E NON 6) TRACCIANO UN VERO PROGRAMMA DI GOVERNO E IMPONGONO A RENZI DI AUMENTARE LE TASSE SULLA CASA
Pensate anche voi che le tasse sulla casa siano cresciute troppo? Che siano così elevate da scoraggiare l’investimento immobiliare per mettere al sicuro i risparmi, come hanno fatto per decenni milioni di famiglie? Avete ragione, ma preparatevi al peggio: le tasse sulla casa sono destinate ad aumentare ancora. Lo afferma una delle raccomandazioni che la Commissione Ue ha inviato pochi giorni fa al governo di Matteo Renzi, sollecitandolo a condurre in porto al più presto una serie di riforme, fisco in testa, ritenute indispensabili per mettere i conti pubblici sotto controllo. Come ha spiegato il direttore Pierluigi Magnaschi nel suo editoriale del giovedì su Radio classica, tali raccomandazioni sono in realtà dei veri e propri diktat, che il governo Renzi dovrà eseguire senza discussioni. Dunque, la prova più eloquente del fatto che l’Italia è ormai un Paese commissariato dagli euroburocrati di Bruxelles, che con le loro pagelle sembrano avere la mano più leggera della Troika (Ue-Bce-Fmi), anche se di poco.
Basta leggere il testo integrale delle raccomandazioni per rendersene conto. È un volume di 104 pagine che, nelle prime 84, fotografa senza pietà lo stato dell’arte in Italia, elencando, settore per settore, i ritardi e le lacune rispetto agli standard europei, a cui seguono, con una certa perentorietà, i suggerimenti al governo sui provvedimenti da prendere. Le raccomandazioni vere e proprie, che non sono sei (come anticipato dalla Repubblica), ma otto, vanno da pagina 85 a 90, seguite da altre due paginette impietose, in cui sono riassunti i ritardi accumulati dall’Italia rispetto agli obiettivi del Piano Europa 2020.
Senza esagerare, si può dire che la pagellona di Bruxelles, oltre alle critiche, contiene un vero e proprio programma di governo. Un programma molto dettagliato, di certo più documentato e incisivo rispetto alle slides che Palazzo Chigi ha postato sul sito passodopopasso.it come programma dei mille giorni. Sarà dunque in base a questo documento che, nei prossimi mesi, sarà valutata la capacità del governo Renzi di stare in Europa, rispettandone le raccomandazioni. Un esempio? La raccomandazione numero due, sul fisco, dice testuale: «Trasferire ulteriormente il carico fiscale dai fattori produttivi ai consumi, ai beni immobili e all’ambiente, nel rispetto degli obiettivi di bilancio». In pratica, un invito ad aumentare l’Iva sui consumi, le tasse sulla casa e le tasse di tipo ambientale, sopprimendo in quest’ultimo caso «le sovvenzioni dannose per l’ambiente». Più avanti, un altro ordine secco: «Attuare la legge delega di riforma fiscale, in particolare approvando i decreti che riformano il sistema catastale, onde garantire l’efficacia della tassazione sui beni immobili».
Oltre a spremere la casa come un limone, su ordine di Bruxelles il governo italiano dovrà «migliorare il recupero dei debiti fiscali, modernizzare l’amministrazione tributaria, perseverare nella lotta all’evasione, e adottare misure aggiuntive per contrastare l’economia sommersa e il lavoro irregolare». Il tutto a beneficio della riduzione del carico fiscale sul lavoro, strada su cui l’Ue incita Renzi a perseverare dopo l’introduzione del bonus da 80 euro per i redditi più bassi, l’esclusione della componente lavoro dal calcolo dell’Irap dal gennaio 2015 e l’esenzione dei contributi sociali per tre anni sui nuovi contratti di lavoro del settore privato (Jobs act). Tre interventi, questi ultimi, promossi da Bruxelles, anche se non a pieni voti, ma con una formula più riduttiva («qualche progresso»), vista la loro scarsa incidenza rispetto al Pil, mentre l’evasione fiscale avrebbe procurato nel 2014 una perdita di gettito pari a 91 miliardi.
Per giustificare il maggiore carico fiscale sulla casa e sui consumi, la Commissione Ue scrive: «L’onere fiscale sul lavoro e sul capitale in Italia è molto elevato rispetto agli altri Stati membri, e ostacola l’allocazione efficiente dei fattori di produzione. L’aliquota fiscale sul lavoro è stata del 42,8% nel 2012, il livello più elevato nella Ue e ben al di sopra della media europea del 36,1%. Il cuneo fiscale nel 2013 era fra i più elevati dell’Ue e prossimo al livello del 2012 (47,8% contro la media Ue del 43,6%). L’aliquota sul reddito delle società ammontava al 25,9%, la terza più elevata nella Ue, mentre l’aliquota sul capitale è salita dal 32% nel 2011 al 37% nel 2012. Per contro, l’aliquota sui consumi era pari al 17,7%, inferiore alla media Ue del 19,9%».
Il capitolo sul fisco è molto ampio, e ogni ritardo o anomalia sono accompagnati dal relativo costo per lo Stato. Le 282 agevolazioni fiscali «determinano una perdita di gettito di 161,15 miliardi nel 2015, circa il 10% del pil». L’adempimento degli obblighi tributari di tipo burocratico «comporta un notevole dispendio di tempo: 269 ore nel 2014 per una media impresa, contro la media Ue di 179 ore». Purtroppo, sottolinea il pagellone Ue, «l’attuazione della legge delega in materia tributaria procede a rilento». Segue un lungo elenco dettagliato delle misure da prendere. Con la chiosa finale: «La revisione della spesa fiscale e della tassazione ambientale potrebbe contribuire ad evitare che debba entrare in vigore l’incremento dell’aliquota Iva ordinaria, ed eventualmente finanziare un’ulteriore riduzione del cuneo fiscale sul lavoro». Peggio di così, per un governo, c’è solo la Troika.
Tino Oldani, ItaliaOggi 16/5/2015