Fosca Bincher, Libero 16/5/2015, 16 maggio 2015
UN TESORETTO DA 2 MILIARDI BRUCIATO DAI REGALI AGLI EX ONOREVOLI
Miracoli della matematica e della propaganda. Nel 2012 Camera e Senato hanno abolito ufficialmente i vitalizi, sostituendoli- dicono i loro presidenti- con un sistema pensionistico “contributivo pro rata”, che dovrebbe essere simile a quello di tutti gli altri italiani. Il problema deve essere nella rata- una ratona. Perchè secondo i bilanci dei due rami del Parlamento alla Camera si spendeva per la previdenza degli ex 135,8 milioni di euro quell’anno dopo. Nel 2015, in soli tre anni, la cifra invece di diminuire è salita a 140 milioni di euro. Stessa cosa al Senato: nel 2012 si spendevano 77,2 milioni di euro, poi hanno abolito i vitalizi e oggi si spendono 81,8 milioni di euro. In tre anni spesa lievitata nei due rami del Parlamento di circa 9 milioni di euro. Altro che tagli e spending review: i vitalizi continuano a correre più di prima e ad ingrassare senza alcuna reale giustificazione economica o politica i portafogli degli ex. Quest’anno si spendono in tutto quasi 220 milioni di euro solo per chi è andato via dal Parlamento. Dieci anni fa si spendevano poco meno di 200 milioni di euro. E la somma lievita sempre, aiutata dalle ratone con cui i vertici delle Camere hanno bellamente preso in giro tutti i cittadini italiani. Ogni volta che si accenna all’argomento, a parte "diritti acquisiti" intoccabili, "problemi di costituzionalità" evidenti, vecchi e nuovi parlamentari continuano a ripetere che "non è con quegli importi che risani la finanza pubblica". Certo, i conti dello Stato sono messi talmente male che anche centinaia di milioni di euro diventano una goccia nel mare. Però non si tratta proprio di spiccioli. Dal 2006 ad oggi per i vitalizi di ex parlamentari che hanno già riavuto con interessi multipli quello che avevano versato per la loro pensione, i due rami del Parlamento hanno speso 2 miliardi e 159 milioni di euro. Il grosso è venuto dalla Camera (un miliardo e 365 milioni), ma anche il Senato non ha avuto il braccino corto: 794 milioni di euro. Considerato che sono centinaia gli ex parlamentari che hanno già ricevuto il doppio, il triplo o il quadruplo di quanto dovuto, non sembra impossibile limare decisamente quegli importi applicando davvero a quegli assegni un minimo di principio del sistema contributivo. Oltretutto i vitalizi parlamentari si cumulano con altri tipi di pensione e con una serie infinita di altri redditi. Ma si cumulano perfino con i vitalizi che vengono da altri rami della vita politica, come quelli erogati dalle varie Regioni italiane. Non esiste continuità contributiva, né un calcolo comune della carriera elettiva ovunque questa si sia svolta (parlamento nazionale, parlamento europeo e regioni italiane). Certo esiste anche lì un’uscita certa dai conti dello Stato, e quindi dalle tasche degli italiani: 180 milioni di euro l’anno. Insieme ai due rami del Parlamento fanno 400 milioni di euro. Se si limassero quegli importi complessivamente del 25%, si ricaverebbero 100 milioni di euro l’anno: un vero tesoretto, subito spendibile. Potrebbe raddoppiare ad esempio i fondi attualmente messi da Matteo Renzi sulla contestatissima riforma della scuola. Potrebbero servire per mettere in sicurezza quegli istituti. O per pagare una quota della indicizzazione delle pensioni sopra i 1500 euro, visto che il governo vuole escluderle dall’applicazione della recente sentenza della Consulta. Le possibilità di spenderli sono infiniti. Quella di ricavare almeno quei 100 milioni una sola: il Pd di Renzi ha in mano gli uffici di presidenza delle Camere e della maggiore parte delle Regioni. Basta un minuto, una votazione per alzata di mano, e il taglio è fatto.