VARIE 13/5/2015, 13 maggio 2015
APPUNTI PER GAZZETTA - USCITI DALLA RECESSIONE?
MILANO - L’Istat conferma il ritorno dell’Italia alla crescita, con un ritmo che - pur non essendo certo mozzafiato - supera le attese. Nel primo trimestre del 2015 il Pil, secondo la stima preliminare, è aumentato dello 0,3% rispetto al trimestre precedente ed è risultato invariato rispetto al primo trimestre del 2014 (era -0,1%). L’Italia abbandona il segno meno, su base tendenziale e cioè nel raffronto annuo, dopo 13 trimestri negativi. Su base congiunturale (cioè rispetto al trimestre precedente), per trovare una crescita superiore allo 0,3% bisogna invece risalire indietro di quattro anni.
"Il dato sul Pil è superiore alle nostre aspettative", è il commento del ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan. "E’ presto per cantare vittoria, ma questo dato è il segnale della svolta impressa all’economia dalle politiche del governo". Secondo il Tesoro, a questo punto è "a portata di mano" il raggiungimento del +0,7% per l’intero 2015.
Gli analisti di Intesa Sanpaolo si aspettavano una crescita di almeno lo 0,1% trimestrale e una variazione annua negativa dello 0,2%, comunque in recupero dal -0,5% della fine del 2014. Le loro attese sono state dunque superate e per Paolo Mameli, economista della Ca’ de Sass, il "dato certifica il tanto atteso ritorno alla crescita per l’economia italiana, su ritmi che non si vedevano da quattro anni". Restano da evitare "facili trionfalismi, visto che il livello del Pil resta del 9,3% inferiore ai picchi pre-crisi". Per vedere una vera e propria ripresa "occorre un miglioramento tangibile del mercato del lavoro", che generalmente si vede solo dopo un po’ di tempo. In ogni caso, "il dato non ci appare come sporadico ma segna l’inizio di un trend. In effetti, sulla base degli indici anticipatori, è possibile una accelerazione della crescita già dal trimestre in corso. Ciò apre la strada a un processo di ulteriore revisione al rialzo delle stime sul Pil italiano nel 2015".
L’Italia torna a crescere: +0,3% il Pil del primo trimestre
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Il dato mette dunque il Belpaese in carreggiata sul sentiero della crescita. E’ infatti dal quarto trimestre del 2011 che il Pil italiano registra variazioni annue negative. Anche se si guarda a quelle congiunturali (cioè sul trimestre precedente), l’Italia viene da quattro anni di recessione o stagnazione. Nel quarto periodo dell’anno scorso hanno arrestato (con una variazione nulla) un’emorragia e che durava - salvo una timida risalita di fine 2012 - dalla fine del 2010. Ora il segno positivo, che se confermato anche nel secondo trimestre dell’anno rappresenterà una ufficiale uscita dalla recessione.
L’Italia torna a crescere: +0,3% il Pil del primo trimestre
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"La crescita congiunturale", dice ancora l’Istat, "è la sintesi di un aumento del valore aggiunto nei comparti dell’agricoltura e dell’industria e di una sostanziale stazionarietà nei servizi. Dal lato della domanda, vi è un contributo positivo della componente nazionale (al lordo delle scorte) maggiore dell’apporto negativo della domanda estera netta". Solo pochi giorni fa, d’altra parte, lo stesso Istituto aveva allineato le proprie stime per il 2015 con le previsioni del governo, contenute nel Def: quest’anno l’Istat "prevede un aumento del prodotto interno lordo (Pil) italiano pari allo 0,7% in termini reali, cui seguirà una crescita dell’1,2% nel 2016 e dell’1,3% nel 2017", hanno scritto gli statistici, con un contributo crescente da parte della domanda interna.
Eurozona e principali economie. Eurostat conferma le attese mostrando un Pil in crescita dello 0,4% nel primo trimestre 2015 nell’Eurozona, in accelerazione dopo +0,3% del quarto trimestre 2014, +0,2% del terzo e +0,1% del secondo. Intesa ricorda che "la crescita dovrebbe beneficiare di condizioni finanziarie e monetarie progressivamente più espansive" e "dalla primavera dovrebbe essere più visibile l’impatto del cambio", con il deprezzamento dell’euro a trainare l’export. Intanto, però, sono arrivati segnali contrastanti dalle due principali potenze economiche.
La Germania ha mostrato nel primo trimestre una crescita in rallentamento sul trimestre precedente (+0,7%), frenata dal minor contributo dell’export. Alcune previsioni indicavano una crescita dello 0,5% su mese dell’1,2% su anno, altre dello 0,6% e dell’1,4%. I dati della Destatis, mostrano che a far da traino dell’economia tedesca è la domanda interna, sia come spesa delle famiglie sia come spesa pubblica e investimenti privati. L’import è cresciuto più dell’export Berlino stima una crescita dell’1,8% quest’anno e dell’1,6% nel 2014. La Francia ha invece battuto le attese: il Pil è cresciuto dello 0,6%, contro le previsioni per una crescita dello 0,4%. Un "risultato incoraggiante", ha affermato il ministro delle Finanze francese, Michel Sapin. La Spagna sale dello 0,9%, mentre la Grecia registra il secondo trimestre consecutivo in calo (-0,2% dopo il -0,4% dell’ultimo quarto del 2014).
Delude, invece, la produzione industriale che a marzo cala dello 0,3% rispetto al mese precedente che aveva fatto registrare una crescita record su base mensile(+1%). Rispetto a marzo 2014 Eurostat registra una crescita di produzione di +1,8%, dovuta all’aumento del +5,7% dei beni di consumo, del +3,8% dell’energia e del +0,3% dei beni di investimento accompagnato dal calo di -1,7% dei beni durevoli. Nella Ue a 28 la produzione su base mensile è rimasta invariata, su base mensile la crescita è stata di +2,0%.
I DATI
MILANO - Dopo l’Inps, anche il ministero del Lavoro traccia una crescita del numero di contratti per il mese di marzo, il primo con in vigore il Jobs Act ma soprattutto il terzo dell’anno che ha dato via alla decontribuzione per gli assunti a tempo indeterminato. E proprio questo aspetto, hanno detto i dati dell’Inps, ha giocato favorevolmente per le imprese. Secondo i dati pubblicati oggi, a marzo ci sono state 833.574 attivazioni di contratti (incluso il settore agricolo e i dipendenti pubblici, che l’Inps esclude, oltre al lavoro domestio) a fronte di 743.206 cessazioni: un saldo positivo di 90.368 unità.
L’effetto della decontribuzione - ma è bene ricordare che i dati saranno soggetti a revisione - si vede dall’aumento di quelli a tempo indeterminato: ci sono state quasi 191mila assunzioni, con un’incidenza al 22,9% sul totale dei nuovi contratti: una crescita sensibile rispetto al 17% del marzo 2014. Se si considera che nel marzo 2015 le cessazioni di tempi indeterminati sono state circa 162mila, si ha un saldo di circa 29mila contratti ’stabili’ (o a tutele crescenti) in più.
Bisogna sempre ricordare che si tratta di attivazione di contratti che non possono essere definiti automaticamente un aumento dell’occupazione. Anzi, è già stata l’Istat (che calcola diversamente il dato sugli occupati, in base a una indagine ’a sondaggio’) a gelare gli entusiasmi in proposito: a marzo ha tracciato un aumento del tasso di senza lavoro di 0,2 punti al 13%, segnalando per di più una discesa del tasso di occupazione.
"I dati che pubblichiamo oggi completano quelli forniti il 23 aprile, dove non erano comprese le attivazioni e cessazioni di rapporti di lavoro nei settori del lavoro domestico e della Pubblica Amministrazione", ha spiegato in una nota il ministro Giuliano Poletti. Proprio in riferimento alle discrepanze con i dati Istat, il ministro ha ricordato che "è opportuno, con l’occasione, ribadire che si tratta di dati relativi ad un flusso e che non fanno riferimento alle persone, bensì ai contratti di lavoro attivati o cessati. È improprio, quindi, trarre da questi dati indicazioni sull’andamento del tasso di occupazione del Paese".
Visto il proliferare statistico di dati sul lavoro, e l’attenzione che suscitano in un periodo di cambiamenti storici per il Paese che trovano una forte opposizione in una parte consistente dello stesso, Poletti promette una unificazione delle comunicazioni, per una maggiore comprensibilità: "Per evitare possibili fraintendimenti e fornire all’opinione pubblica un quadro di conoscenza completo ed organico sull’andamento del mercato del lavoro e dell’occupazione, è necessario procedere, come ha peraltro suggerito pochi giorni fa il Presidente dell’Istat, ad una condivisione e ad un’integrazione delle fonti informative oggi a disposizione di soggetti
diversi: Istat, Ministero del Lavoro, Inps e Inail. Cogliendo l’opportunità di questa sollecitazione, il 26 maggio è stato fissato, con i Presidenti di
Istat, Inps e Inail, il primo incontro per avviare un progetto che risponda a questo obiettivo", chiosa nella nota.
GRILLO
ROMA -"Segnale di svolta", afferma sicuro Pier Carlo Padoan. "Ma quale ripresa? È l’ennesima balla del governo", ribatte Beppe Grillo. I primi commenti a caldo dei dati sul Pil, tornato a crescere dopo tredici trimestri negativi, oscillano tra l’entusiasmo e lo scetticismo. Più tardi le parole del premier Matteo Renzi arrivano via Twitter, sono ispirate a un cauto ottimismo e sono inquadrate in una cornice più generale, che comprende anche le raccomandazioni sul Def della Commissione Ue e il piano europeo sui migranti:
"Il dato sul Pil diffuso oggi dall’Istat è superiore alle nostre aspettative - dice il ministro dell’Economia - È presto per cantare vittoria, ma questo dato è il segnale della svolta impressa all’economia dalle politiche del governo".
"Con il mix di riduzione delle tasse, sostegno ai consumi, stimolo agli investimenti e riforme strutturali - prosegue Padoan in una nota - abbiamo creato le condizioni per cogliere la finestra di opportunità determinata dal Qe e dal calo del prezzo del petrolio. Non dimentichiamo che le decisioni della Bce e quelle sulla flessibilità della Commissione europea sono state rese possibili dall’atteggiamento responsabile dei singoli stati nella gestione dei bilanci e in una programmazione finanziaria in equilibrio tra risanamento e sostegno a crescita e occupazione".
Nella nota si segnala che l’aumento dello 0,3% congiunturale nel primo trimestre è "in linea con le previsioni del governo che l’economia italiana è entrata nuovamente in una fase ciclica espansiva dopo una lunga recessione. Il segnale - si legge - è particolarmente favorevole, migliore delle stime interne elaborate dagli uffici tecnici del ministero e sopravanza, in misura ancora maggiore, le previsioni dei maggiori organismi internazionali".
Il risultato positivo, secondo il Mef, va affiancato ad altri indicatori significativi dello stato di salute dell’economia: l’aumento dei contatti di lavoro a tempo indeterminato certificato da ministero del Lavoro e Inps, la stima di Confindustria sulla produzione industriale di aprile, prevista in ulteriore aumento in aprile rispetto a marzo.
Di tutt’altra opinione, come visto, è invece il leader del M5s: "Parlare di recessione, non recessione, dati Istat, è tutta gente che non ne ha azzeccata una dal 2008 a oggi. Siamo in una psicosi di ripresa per il calo del petrolio, perchè la banca centrale ha immesso della nuova moneta, degli euro in circolo, il petrolio è basso, hanno svalutato l’euro del 20%". E poi, rivolto ai giornalisti, Grillo aggiunge: "Siete voi che tenete in piedi le balle di questo governo. Sono solo titoli. Ma quale ripresa? Non c’è crescita, non c’è ripresa di posti di lavoro".
Pil, Grillo: "Ma quale crescita, solo balle e slogan del governo"
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Sintesi all’insegna dell’ottimismo, invece, per Debora Serracchiani: "I dati odierni rafforzano l’ottimismo nei confronti di una ripresa che finalmente comincia a concretizzarsi", dice il vicesegretario Pd. "L’incremento rispetto all’ultimo trimestre 2014 e il dato tendenziale -aggiunge - sono i migliori dal 2011 e testimoniano che lo sforzo riformista e l’impulso impresso dal governo all’economia iniziano a dare frutti visibili. Di fronte a una economia che si rialza, sentiamo ancora più forte il dovere di portare a compimento le riforme impostate dal governo in questi mesi. Stabilizzare la crescita e rivitalizzare il mercato del lavoro sono obiettivi - conclude - alla nostra portata".
CLERICETTI SU REP.IT
Il +0,3% del Pil nel primo trimestre ha un nome proprio: si chiama Melfi, la cittadina lucana dove ha ricominciato a produrre lo stabilimento Fiat. "Non ricordo un altro dato trimestrale così caratterizzato", dice Fedele De Novellis di Ref Ricerche. "L’aumento è quasi interamente dovuto al boom dell’auto, i servizi sono fermi e l’agricoltura quasi. Il buon risultato dell’industria è appunto dovuto interamente all’auto e al suo indotto".
In effetti c’era da aspettarselo, visti i dati degli ultimi mesi sulle nuove immatricolazioni. Gli ultimi resi noti, quelli di aprile, registravano un +24,16% (undicesimo mese consecutivo col segno più) e un +16,2 dei primi quattro mesi rispetto allo stesso periodo del 2014, con la quota di mercato Fiat (in Italia) costantemente in salita da inizio anno.
E’ una buona notizia? Per la Fiat sicuramente, per la ripresa è troppo presto per brindare. Il boom del mercato dell’auto è arrivato dopo il periodo più nero, per il settore, che fosse dato ricordare. Con la crisi chi voleva cambiare l’auto si è fermato, rinviando il più possibile un acquisto che per la maggior parte delle famiglie è sicuramente impegnativo. Poi, però, a un certo punto le automobili non ce le fanno più, e arriva il momento in cui l’acquisto non è più rinviabile. L’impennata delle vendite è quindi una conseguenza della stasi precedente. Desta però qualche preoccupazione il fatto che tutto il resto, anche nell’industria, non abbia dato segni di risveglio. Se non accadrà, anche se il boom dell’auto dovesse continuare - sul che non si può giurare - quel solo comparto non sarebbe sufficiente a trainare la crescita del Pil. Per di più, nota De Novellis, storicamente le vendite di auto non fanno bene al resto dei consumi: ci sono le rate da pagare o comunque il conto in banca assottigliato.
Per il momento, comunque, il governo può gioire del fatto che il dato del primo trimestre offre molte più rassicurazioni per il raggiungimento dell’obiettivo di crescita - lo 0,7% - previsto per quest’anno. Per il resto bisognerà vedere come evolveranno due variabili, una importante e una fondamentale. Quella importante è l’Expo, che, secondo De Novellis, potrebbe valere uno 0,1-0,2% aggiuntivo: "Dipenderà dall’afflusso, soprattutto di visitatori dall’estero". Quella fondamentale riguarda i saldi di finanza pubblica, tuttora incerti per le partite non ancora definite (la vicenda pensioni, la spending review, la clausola di salvaguardia con l’aumento dell’Iva). Se alla fine il risultato sarà anche quest’anno restrittivo, quello 0,7 sarà già grasso che cola. Altrimenti l’ottimismo che era stato espresso dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan avrebbe più probabilità di avere una conferma dai fatti.
Le vendite gennaio-aprile in Italia dei marchi Fca sono state di 155.556 auto.
FRANCESCO MANACORDA
È davvero finito il lungo inverno dell’economia italiana? Il dato dell’Istat che certifica il ritorno a un Pil positivo dopo ben tredici trimestri in calo o piatti ci dice di sì. Altri elementi, a partire da una disoccupazione giovanile che ha pochi uguali in Europa, ci avvertono invece che non è il caso di essere troppo ottimisti. Il problema è che la ripresa italiana è una ripresa troppo fragile. Lo stesso Istat prevede che nell’intero anno il Pil possa salire solo dello 0,7%. Un dato che non basta per parlare di vera crescita dell’economia e che anzi getta qualche ombra sulle capacità di recupero del nostro sistema eco, che dopo anni di crisi dovrebbe adesso rimbalzare verso l’alto con più forza.
Da cosa dipende questa ripresa debole e senza lavoro, allora? I motivi di fondo li conosciamo: scarsa competitività dell’industria italiana, un gap di produttività rispetto ai maggiori concorrenti internazionali che si è ampliato nell’ultimo decennio, un «ambiente» poco favorevole all’impresa. Sono fattori che spetta in parte al legislatore eliminare, ma che chiamano anche in causa la responsabilità delle imprese e degli investimenti da fare.
Per spingere la ripresa serve insomma uno sforzo comune, approfittando anche di una serie di circostanze favorevoli anche queste note - il livello dell’euro che favorisce l’export, i tassi bassi, il petrolio a buon prezzo - che non saranno lá per sempre.
LASTAMPA.IT
Sei raccomandazioni, e uno sconto sul deficit. L’Italia, come anticipato da La Stampa, incassa la flessibilità richiesta grazie a «un Def abbastanza ambizioso», ma l’Europa chiede «l’intensa» agenda di riforme venga portata a termine.
In particolare, il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis parla di «misure importanti», ma non nasconde «le debolezze ancora da affrontare». Quali sono i nodi da sciogliere? Tra i capitoli che il governo Renzi dovrà affrontare ci sono i decreti attuativi sul fisco, misure per rafforzare le banche entro la fine del 2015, riforme istituzionali, della Pubblica Amministrazione. Bruxelles chiede anche interventi per ridurre la lunghezza dei processi civili, un piano per i porti e la logistica e misure per il lavoro.
Resta, ovvio, il nodo pensioni. «Non abbiamo cambiato idea dal 25 febbraio, confermiamo la decisione presa allora di non aprire una procedura» per debito eccessivo aggiunge il commissario Ue agli affari economici Pierre Moscovici.