Tino Oldani, ItaliaOggi 13/5/2015, 13 maggio 2015
PIACCIA O NO, LE SEI RACCOMANDAZIONI FATTE DALLA UE DIMOSTRANO CHE L’ITALIA È GIÀ STATA COMMISSARIATA
Piaccia o meno al premier Matteo Renzi, l’Italia è, di fatto, un Paese commissariato dall’Unione europea. A volte è un bene, come nel caso della bocciatura delle concessioni eterne alle società autostradali. Altrettanto si può dire per la questione dei migranti. Ieri, su ItaliaOggi, Domenico Cacopardo, forte della sua esperienza di consigliere di Stato, ha spiegato da par suo come l’Europa si sia stancata dei metodi lassisti e tartufeschi con cui il nostro ministero dell’Interno affronta la questione degli sbarchi dal Nord Africa, e per questo abbia deciso di commissariarci, affiancando i funzionari europei a quelli di Angelino Alfano per schedare e rispedire a casa in pochi giorni ( e non mesi, come è avvenuto finora) gli immigrati che non siano perseguitati politici. Una decisione che, finalmente, potrebbe porre fine al business peloso e finto-caritatevole sui migranti messo in piedi dalle organizzazioni religiose e dalle cooperative, a spese dei contribuenti.
Assai meno entusiasmante è invece la lettera che l’Unione europea ha inviato all’Italia sui conti pubblici, con ben sei raccomandazioni che elencano gli interventi e le riforme da fare, e fare in fretta. Lasciamo pure, sullo sfondo, le prime raccomandazioni, che riguardano l’obbligo di fare sui conti pubblici 2015 degli aggiustamenti strutturali dello zero virgola qualcosa: sappiamo già che, tra sei mesi, a fronte di un cambio repentino della congiuntura, del prezzo del petrolio o di un’altra sentenza bomba della Corte costituzionale come quella sulle pensioni, tali raccomandazioni potrebbero cambiare in meglio o in peggio. Funziona così da anni, le previsioni economiche sono quasi sempre sbagliate, e l’opinione pubblica, che non è stupida, se ne frega altamente.
Un governo degno di questo nome dovrebbe invece respingere al mittente, senza la minima esitazione, la raccomandazione numero tre, con la quale – sottolinea la Repubblica, che ha rivelato in anteprima i contenuti della lettera – «Bruxelles ci impone di portare rapidamente a termine la riforma costituzionale (che prevede la fine del bicameralismo) e di accelerare la modernizzazione della pubblica amministrazione». Nulla da dire sulla pubblica amministrazione da ammodernare. Ma quale trattato ha mai autorizzato gli euroburocrati a imporre a un Paese sovrano come l’Italia un riforma costituzionale che ne modifica l’impianto democratico? Non è forse la conferma più eloquente del commissariamento dell’Italia da parte dell’Europa? Vi è forse una cessione di sovranità più profonda e incisiva di questa? In fondo, quasi tutti gli altri Paesi europei, quali Germania, Francia, Spagna e Gran Bretagna, hanno una Camera e un Senato, oppure un Parlamento con due Camere, una alta e una bassa. Ma a nessuno di essi l’Ue ha mai ordinato di cancellarne una. Non è un primato umiliante?
Bontà sua, la Repubblica sostiene che «le raccomandazioni che arrivano da Bruxelles mirano solo ad accelerare il processo delle riforme annunciate dal governo. Una forma di ’vincolo esterno’ che potrebbe risultare utile all’esecutivo per superare le numerose resistenze, fuori e dentro la maggioranza». C’è del vero in questo: il premier Renzi ha fatto, del superamento del bicameralismo paritario, il primo punto del suo programma, mediante l’abolizione del Senato elettivo. Ma questa riforma, pensata per rendere più rapido il processo decisionale del governo, rischia ora di trovare ostacoli imprevisti al Senato, dove, in teoria, non sono più disponibili i voti di Forza Italia e quelli della minoranza dem. Ecco allora che il «vincolo esterno», costituito dalla raccomandazione Ue, potrebbe sì aiutare Renzi a superare l’ostacolo, ma fa nascere anche l’ipotesi che questa forma di commissariamento europeo sia stata suggerita da Roma, per una propria debolezza politica. Auto-commissariamento? Se così fosse, sarebbe un pessimo precedente.
In fondo, basta scorrere le altre raccomandazioni, per constatare che l’Unione europea ci ha talmente in pugno e talmente commissariati, da impartire al governo Renzi degli ordini tassativi, con tanto di data di scadenza. Giustizia: revisione delle prescrizioni entro luglio. Legge delega sul fisco, catasto incluso: entro settembre. Riforma del sistema bancario: entro l’anno. Privatizzazioni: attuarle rapidamente. Idem per la riforma della scuola, le misure sulla competitività e la semplificazione. Dulcis in fundo: entro il 2015 vanno rivisti tutti i contratti d’appalto degli enti locali e dei servizi pubblici che non rispettano le norme Ue, cioè quasi tutti. Quanto alle pensioni da restituire per effetto della sentenza della Consulta, Bruxelles aspetta di conoscere le decisioni del governo italiano, prima di valutarne l’effetto sui conti pubblici.
Solo a queste condizioni, veri e propri diktat che fanno del governo Renzi un mero esecutore di ordini, Bruxelles darà disco verde ai conti pubblici 2015 dell’Italia. Con tanti saluti alle favolette sulla «flessibilità» conquistata con il semestre europeo.
Tino Oldani, ItaliaOggi 13/5/2015