Paolo Siepi, ItaliaOggi 12/5/2015, 12 maggio 2015
PERISCOPIO
Expo 2015, apre il padiglione dell’Ue. Ma chi ha troppi debiti non potrà visitarlo. Gianni Macheda.
(mfimage) Il professor Urbani, l’«ingegnere» che nel ’93 progettò Forza Italia, dice: «La spiegazione del crollo del Cav è semplice, quasi puerile. A sinistra, Berlusconi non fa più paura; nel suo campo invece viene considerato, né più né meno, che un’anticaglia, un reperto, un ostacolo da eliminare». Ugo Magri. La Stampa.
In questo quadro sconfortante per chi sogna un paese non dominato da Mr Leopolda (e in cui Berlusconi, se davvero cominciasse a fare il regista, se davvero cominciasse a pescare in giro per l’Italia nuovi e credibili talenti da lanciare, avrebbe un mare aperto di fronte a sé) sarebbe un errore pensare che l’assenza di un’opposizione vera, credibile, forzuta, sia un bene per Renzi. Un politico che vive senza opposizione è un politico che vive con un occhio bendato. Claudio Cerasa. Il Foglio.
Renzi ha comunque rassicurato tutti: «Questo Def», ha detto, «è una manovra che non toglie i soldi dalle tasche degli italiani». Si faranno consegnare direttamente le braghe. Dario Vergassola, comico. ilvenerdì.
Non so se abbia ragione l’ingegnere Rino Formica quando, tenero e pensoso, dice che Renzi è «il motorino d’avviamento di una centrale atomica che lo brucerà a breve», con «uomini di chiesa» e «borghesia impoverita» ad alimentare il rogo. So che i suoi nemici non hanno più nemmeno una brioche da sventolare in faccia al popolo eccitabile, soltanto grilli o quagliarielli. Alessandro Giuli. Il Foglio.
Renzi non è assolutamente di sinistra. Nonostante questo, Renzi e il suo gruppo dirigente sono stati legittimamente eletti nel Pd e nessuno ha il diritto di scalzarli senza ragioni che non siano quelle del puro pretesto. Renzi lo conosco da tempo, abbiamo un rapporto molto sincero, rispettoso e aperto, che non prevede il parlarsi male alle spalle come regola. Ma non c’è solo Renzi nel Pd. È un grande partito che parla a un vasto popolo già disorientato per i tanti recenti cambiamenti. Non lo si può distruggere urlando al fascismo o evocando lo spettro di Berlusconi come fa Bersani. Se proprio avverte un pericolo, scenda in piazza. Vediamo quanta gente lo segue. Sergio Staino, disegnatore satirico, inventore di Bobo, l’operaio Pci (Malcolm Pagani). Il Fatto.
Da molti segnali si capisce che le istanze di cambiamento sono state recepite in alto, e che si prepara qualcosa di inaspettato, o di troppo aspettato. Perché è vero che la domenica si riposò, ma oggi è il lunedì successivo. Massimo Bucchi, scrittore satirico. ilvenerdì.
Se per Renzi il partito è solo un comitato elettorale, è un’opinione rispettabile ma va espressa con chiarezza. Il partito serviva ad allargare la partecipazione, a una migliore distribuzione delle decisioni. Non mi sembra l’idea del segretario del Pd. Michele Serra (Silvia Truzzi). Il Fatto.
Nei reality l’avventura diventa più vera, estrema e pericolosa. E alla fine arriva la tragedia autentica. Filmata su YouTube, dove tutti possono vederla. Fra 15 secondi. Dopo la pubblicità del sapone alla papaya. Curzio Maltese. il venerdì.
Pier Ferdinando Casini è il mio migliore amico, lo stimo molto. Se fosse stato meno bello, avrebbe fatto più carriera. Gli italiani hanno un’altra immagine del politico: più macerato, meno alla mano. Gianfranco Fini, anche se è bolognese come Casini e come me, è tutta un’altra questione. Casini, più lo conosci e più lo apprezzi. Per l’ex numero uno di An, Fini, è esattamente il contrario. E non lo dico ora, ma lo misi nero su bianco a suo tempo. Il nostro rapporto è sempre stato burrascoso. Quando decisi di ricandidarmi a sindaco di Bologna, Fini, allora presidente della Camera dei deputati, dichiarò che aveva stima per me anche perché avevo governato bene, ma per la candidatura bisognava valutare. A quel punto, feci diffondere dalle agenzie un giudizio tranchant: «Fini dice di avere la massima stima per me, ma io non ne ho nessuna per lui». Giorgio Guazzaloca, ex sindaco di Bologna (Angelo Allegri). Il Giornale.
Il romanzo Ferito a morte di Raffaele La Capria vinse il Premio Strega per un solo voto. E tutti strillavano: «Quel voto è mio, mio!». Alberto Arbasino, Ritratti italiani. Adelphi.
La colonna sonora, in un film, è la vera voce del regista. Non sempre le parole dei personaggi esprimono il mio punto di vista, le note sì. Per 35 anni ho lavorato con Riz Ortolani: un mago dei suoni, ci si intendeva, sapevo cosa chiedergli. Mi fai un passaggio alla Bartok? E lui inventava una melodia magiara. Poi c’è stato Lucio Dalla: prima di morire mi ha regalato le note per Gli amici del bar Margherita e Il cuore grande delle ragazze. Pupi Avanti, regista (Enrico Parola). Corsera.
La gente per strada a Milano è diversa, certo a causa dell’Expo, una Babele di cinese e di arabo e di russo. Non è nostalgia la mia: è sentirsi come se la città in cui sei nata ti avesse superato, e ora corresse avanti, più veloce, lasciandoti indietro. È come se, a questa città, tu non fossi più adeguata; e altri, di paesi stranieri e lontani, e giovani, fossero convocati ad abitarla. E ora capisco lo sguardo che vedevo, da bambina, nei vecchi milanesi, sui primi treni del metrò. Si ricordavano, loro, della Milano di fine secolo, con i Navigli aperti, e i carretti a cavalli. Sembravano straniti sui treni che correvano nel buio, sotto la città. Marina Corradi. Tempi.
A volte si fermava a conversare con zingari soltanto perché venivano dalla penisola balcanica, e nel loro linguaggio ogni tanto luccicava qualche parola slava, come frammento di vetro nella ghiaia. Carlo Sgorlon, Il regno dell’uomo. Mondadori, 1994.
Un giorno di aprile la portai a pranzo davanti al mare del Circeo. Il profumo del pitosforo inondava la tavola e il vino le dava un’allegria briosa. «Parlami», mi diceva, «quale libro stai leggendo?». Valerio Neri, Anna e il meccanico. Marsilio, 2005.
Succede sempre più spesso che non mi ricordi un verso su due: cerco il libro, trovo il passo e mi deprimo: lo sapevo un minuto prima, la memoria è una città antica dove i muri crollano d’improvviso? Non sono i muri, sono i ponti, si chiamano sinapsi. Le sinapsi sono miliardi di miliardi, 10 alla quattordicesima o quindicesima potenza, ne crollano miliardi ogni giorno. Ferdinando Camon, La mia stirpe. Garzanti, 2011.
Gli uomini hanno una marcia in più delle donne, soprattutto a letto: quella indietro. Roberto Gervaso. Il Messaggero.t
Paolo Siepi, ItaliaOggi 12/5/2015