Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  maggio 12 Martedì calendario

L’OPEC TEME CHE IL PETROLIO NON TORNERÀ A 100 DOLLARI

Nei prossimi dieci anni il petrolio non riuscirà a tornare in modo stabile sopra 100 dollari al barile e nella migliore delle ipotesi il suo valore nel 2025 sarà di 76 $. La previsione è contenuta in un documento interno dell’Opec, realizzato come base di discussione per il prossimo vertice , in programma il 5 giugno a Vienna. Secondo le indiscrezioni, pubblicate dal Wall Street Journal, tra gli scenari contemplati nell’analisi ce n’è anche uno che vede il barile a 40 dollari: un livello di prezzo che riuscirebbe a mettere in crisi persino l’Arabia Saudita. A meno di profonde riforme della spesa pubblica, anche 76 $ non basterebbero comunque a garantire la salute economica dei Paesi Opec: oggi come oggi solo Kuwait e Qatar, secondo il Fondo monetario internazionale, riuscirebbero a raggiungere il pareggio di bilancio.
Il documento – presentato la settimana scorsa in una riunione interna al segretariato Opec – torna su un tema che già preoccupa da anni l’Organizzazione. ossia le politiche contro il climate change, che rischiano di ridurre l’impiego di petrolio, e raccomanda di «partecipare aggressivamente» ai colloqui in seno alle Nazioni Unite. A ottobre 2010 il Sole 24 Ore aveva rivelato il contenuto di un altro rapporto riservato, in cui si stimava che risparmio energetico e contenimento dei gas serra rischiavano di costare ai Paesi del Cartello tra il 27 e il 44% del Pil entro il 2050.
Il documento oggi in discussione all’Opec si concentra anche sulle strategie immediate da adottare sul mercato e sembra valutare la possibilità di un taglio di produzione: vi si raccomanda infatti il ripristino di quote produttive individuali, che erano state abbandonate nel 2011 a favore di un tetto ufficiale collettivo. La redistribuzione delle quote, si afferma, dovrebbe favorire i Paesi economicamente più deboli, ai quali bisognerebbe consentire di estrarre di più: una novità che fa sospettare che il documento sia frutto degli intensi colloqui organizzati nei mesi scorsi dal Venezuela con altri membri dell’Opec e che rende se possibile ancora più improbabile l’effettivo ritorno delle quote individuali.
L’argomento è tra i più spinosi all’interno del Cartello: da tempo l’Iraq insiste perché sia lasciato più spazio alla rinascita della sua industria petrolifera, dopo anni di guerre e sanzioni, e in vista della fine dell’embargo occidentale ora è tornato alla carica anche l’Iran. Fumo negli occhi per l’Arabia Saudita, che non apprezza il riavvicinamento degli Usa a Teheran, al punto che il re Salman – è notizia di ieri – diserterà il vertice con i Paesi del Golfo Persico che Barack Obama ha organizzato per la settimana prossima a Camp David.
.@SissiBellomo
Sissi Bellomo, Il Sole 24 Ore 12/5/2015