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 2015  maggio 12 Martedì calendario

L’EUROPA NELLA «BOLLA» DELLE REGOLE

Vegas come Schäuble? Il paragone è forse eccessivo, ma sta di fatto che tra il presidente della Consob e il ministro delle Finanze tedesco sono emerse ieri suggestive convergenze di vedute. Non tanto sui rischi della crisi greca, la cui deriva finanziaria e politica sembra spaventare più noi dei tedeschi, ma su un terreno più vasto, politicamente delicato e finanziariamente insidioso per l’Europa: l’efficacia e i rischi della manovra Bce sulla liquidità, l’incidenza reale delle tre nuove authority europee (Eba, Esma ed Eiopa) nella regolazione di banche, mercati finanziari e assicurazioni, i rischi di paralisi del sistema bancario non solo per l’eccesso di regole che ingessano il credito, ma anche per i palesi squilibri nei diversi poteri di vigilanza e regolazione assegnati alle nuove istituzioni europee dopo la grande crisi del 2008. Più dei tradizionali dati sulle nuove quotazioni, delle considerazioni sulla tutela del risparmio, sulle innovazioni di governance del mercato, sulle riforme della vigilanza o sulle carenze strutturali che ancora marginalizzano il mercato italiano dei capitali, ciò che ha colpito di più della relazione annuale di Giuseppe Vegas al mercato finanziario è stata l’analisi – a volte esplicita a volte meno – sulle contraddizioni e i limiti del quadro normativo europeo post-crisi, a cui si aggiungono come corollario non secondario le incognite crescenti sui rischi sistemici generati dall’eccesso di liquidità generato dal Quantitative easing della Bce. Il monito sui rischi di esplosione di pericolose bolle finanziarie per l’uso speculativo che il mercato sta facendo del denaro facile della Bce, non è in questo senso un passaggio retorico o di circostanza da parte di Vegas, ma un vero allarme sull’assenza di strumenti e organi di vigilanza capaci di prevenire o intervenire sugli eccessi e le distorsioni del mercato europeo dei capitali.
In altre parole, se da un lato l’eccesso di regole rischia di paralizzare l’attività creditizia delle banche – e soprattutto di quelle italiane – ostacolando di fatto la ripresa economica, dall’altro lato la distribuzione dei poteri regolatori tra le nuove authority europee ha mancato di fatto l’obiettivo che si proponeva: maggiore trasparenza sull’attività di emittenti e intermediari, potere d’intervento sull’attività dei grandi operatori finanziari. In altre parole, la tutela del mercato e dei risparmiatori a cui si puntava con la creazione dell’Esma – l’authority dei mercati finanziari – e soprattutto dell’Eba (vigilanza e regolazione delle banche) è stata di fatto dimezzata o quanto meno indebolità dal ben più vasto raggio d’azione attribuito, per esempio, al Financial Stability board: nella relazione di Vegas non è scritto a chiare lettere, ma il giudizio sui risultati ottenuti dall’Esma è profondamente negativo per tutti i regulator europei. Tra i margini operativi del Financial Stability Board e del suo presidente, e quelli a disposizione dell’Esma e delle altre due authority europee, c’è un abisso di poteri che le rende di fatto inutili e superflue, o comunque “subalterne” a quella del sistema-Bce. La soluzione del problema, su cui l’intera architettura normativa europea post-crisi rischia di cadere, è per Vegas una e una soltanto: l’unione europea del mercato dei capitali. Così come la nascita dell’Unione bancaria è stata un passo-chiave per il sistema creditizio europeo, solo la creazione di un mercato unico dei capitali può garantire una maggiore tutela del risparmio e degli investimenti, e soprattutto l’avvio di una necessaria armonizzazione delle diverse regole nazionali che premiano oggi alcuni paesi e ne penalizzano altri. Vegas non è di certo Schäuble, ma i dubbi sulla governance e sul funzionamento delle authority e delle istituzioni finanziarie europee cominciano ad essere ampiamente condivisi.
Più che sul numero delle Ipo o sulla fine dei patti di sindacato, la relazione annuale di Vegas stimola insomma una riflessione profonda sulla coerenza del quadro normativo europeo, dalla distribuzione dei prodotti complessi, al market abuse, dai diversi regimi sanzionatori alla direttiva sui requisiti patrimoniali delle banche, dalla direttiva transparency alla proposta di regolamenti sulla separazione tra banca commerciale e banca d’investimento. Se si pensa che all’interno di questo quadro si gioca non solo il futuro d’Europa, ma soprattutto il futuro delle nostre banche delle nostre imprese, la vera sfida per l’Italia è una sola: riformarsi per crescere, cambiare per farsi acoltare.
Alessandro Plateroti, Il Sole 24 Ore 12/5/2015