Riccardo Ruggeri, ItaliaOggi 13/5/2015, 13 maggio 2015
Sono passate due settimane dall’inaugurazione dell’Expo, e ora se ne può parlare con serenità
Sono passate due settimane dall’inaugurazione dell’Expo, e ora se ne può parlare con serenità. Le paventate cinque giornate di Milano sono iniziate nel ridicolo (hanno cambiato un verso dell’Inno nazionale, nessuno però che si sia assunta la responsabilità di questa fesseria), nel ridicolo si sono chiuse (il lamento del CEO di Rolex). Nel mezzo è successo di tutto. Gli antagonisti cattivi, in divisa paramilitare, si sono infilati nel corteo No Expo degli antagonisti buoni, hanno distrutto negozi, banche, assicurazioni. Il giorno dopo, con alla testa un improbabile avvocato radical chic, con megafono incorporato, genitori e amici degli antagonisti buoni sono andati a pulire i muri imbrattati dai loro colleghi cattivi. Giornali e TV li hanno esaltati. Renzi, Alfano, Panza si sono autoincensati per aver ordinato di non mantenere l’ordine pubblico (mi pareva fosse un diritto di noi cittadini), vantandosi di averlo fatto nell’interesse dell’Expo (?). Il poliziotto che ha rischiato la vita ha avuto una medaglia. Mancava la ciliegina finale, la gaffe del supermanager di Rolex Italia. Costui è l’unico non informato che il nostro Premier governa diffondendo a raffica tweet elementari ad alto impatto emozionale. Rolex ha 5 caratteri, Vacheron Costantin 17, che doveva fare Renzi, se non scegliere Rolex? Dopo quel momento difficile, l’Expo ha assunto la sua dimensione corretta di grande, elegante Fiera, e non c’è dubbio che si concluderà inanellando via via successi. La parte più interessante dell’Expo (dibattito colto fra colti) riguarderà i perché profondi della nostra vita su questa terra, cercando di sciogliere dilemmi cosmici. “Terra Madre” o “Terra Puttana”?, “Nutrire” o “Alimentare”?, fino a quello più popolare che viene invece ben declinato in fiera: “burro e acciughe” oppure “tofu ai ferri”, oppure entrambi, uno come antipasto, l’altro come secondo? Su questo ci torneremo, quando il dibattito colto si farà più vivace. L’Expo è un contenitore concepito come una Fiera, dove direbbero i colti i clusters la fanno da padroni. Come italiani il nostro obiettivo è però serissimo, e a questo tutti dobbiamo collaborare: ricuperare i 2,5 miliardi spesi per l’investimento, raccattare un po’ di PIL aggiuntivo, senza fare troppi danni all’immagine del Paese. Questo è l’Expo, il resto ridicole vanterie. Poi cosa fare di questo ambaradan quando l’Expo chiuderà? Un Expo, così come un grande evento mondiale tipo Olimpiade, può essere un successo che cambia per sempre una città (Barcellona) o la distrugge (Atene), spesso né l’uno, né l’altro, come Torino, che ha ricuperato un’area museale di grande valore, in cambio delle oscenità perenni del (ex) Villaggio Olimpico, covo di immigrazione illegale e criminale. E’ quindi sul “dopo” che si decide la partita. Mi fermo qua, prima che mi diano del gufo, lo confesso per me un’offesa inaccettabile. Sono “civetta”, per noi Àpoti, si accompagna sia ai miti dell’antica Grecia sia, come Minerva, a quelli di Roma antica: è il simbolo della filosofia e della saggezza, infatti ama vivere negli interstizi, nell’ombra. editore@grantorinolibri.it @editoreruggeri