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 2015  maggio 11 Lunedì calendario

FIFA, IL CALCIO NON PROFIT DI BLATTER VALE 6 MILIARDI

L’impero più grande del mondo si appresta a rieleggere il suo dittatore per ammantare la leadership d’una patina democratica. Sepp Blatter, 79 anni, ex colonnello dell’esercito svizzero, presidente Fifa dal ’98, corre per il quinto mandato: il Congresso voterà il 28 e 29 maggio a Zurigo. Nel 2001 giurò: «È l’ultima volta». Il suo regno ha 209 paesi, è più grande del pianeta reale. L’Onu ne ha 193 e nel 2012 ha riconosciuto come osservatore la Palestina, la cui nazionale, affiliata alla Fifa dal ’98, gioca le qualificazioni mondiali e potrebbe legittimamente alzare la coppa, se solo avesse piedi migliori. È qui, nella capacità di acquistare consenso nelle province remote dell’impero, che il colonnello ha radicato il suo potere sterminato. Neppure Barack Obama può vietare al portiere la presa con le mani o introdurre la tecnologia sulla linea di porta. Blatter sì. E lo ha già fatto. Quanto ai suoi guadagni, mistero assoluto, ma si vocifera di cifre imbarazzanti. La Fifa è un’associazione non profit, ma come svela una recente inchiesta di Businessweek nel solo ultimo quadriennio ha incassato 5,72 miliardi di dollari fra diritti televisivi e sponsor. Sul fatturato, le tv incidono per il 43%, gli sponsor per il 29. La Fifa ha riserve da 1,52 miliardi di dollari e ha distribuito premi alle nazionali per 358 milioni. Negli stadi del Mondiale era impossibile bere bollicine che non fossero Coca-Cola (bandita pure l’acqua gassata) o pagare con una carta diversa dalla Visa. Anche la Fifa ha il suo palazzo di vetro, la sede di Zurigo, in un’area di oltre 4 ettari in cima alla collina. Ogni gradino all’ingresso reca inciso il nome di un paese membro. Una metafora, forse: per arrivare lassù, bisogna mettere piede nei luoghi giusti. Blatter lo sa, i suoi viaggi in campagna elettorale sembrano visite papali: a marzo, i delegati sudamericani sono andati a omaggiarlo in una suite da 2700 dollari ad Asunción. In Africa, gode di devozione perpetua per aver portato la coppa nel 2010. In Oceania ha foraggiato la crescita calcistica delle Isole Cook. E alle Cayman sono arrivati due milioni di dollari per il primo centro federale. Al Congresso, il peso dei grandi Paesi è identico a quello di chi non ha neppure l’indipendenza politica. E i delegati puntano a un posto nell’esecutivo: 25 membri, stipendio da 300 mila dollari, una diaria da 500 e privilegi degni di una casta. È un metodo che Blatter ha appreso dal suo mentore João Havelange, eletto nel ’74 grazie ai voti dell’Africa. Sepp approdò in Fifa nel ’75, responsabile dello sviluppo per questi paesi. Figlio di un dipendente dell’industria chimica, una laurea in Business administration and economics a Losanna, aveva cominciato da giornalista sportivo e, passando per la federazione hockey su ghiaccio, era approdato alla Longines, curando i Giochi invernali del ’72 e del ’76. Nell’81, era segretario generale della Fifa, ruolo già ricoperto dal suocero. L’ascesa era partita dal paesino di Visp, 7mila abitanti. Qui ha sede la Sepp Blatter Foundation, patrimonio di 1,1 milioni di franchi svizzeri. La squadretta locale, per il centenario, l’anno scorso ha giocato contro una rappresentativa di grandi stelle e ha visto Ronaldo, l’originale, arrivare in elicottero. L’altro Ronaldo, Cristiano, difficilmente farà questo favore al colonnello, che pubblicamente dichiarò di preferirgli Messi e prese a fare l’imitazione del portoghese. Nel suo regno non sono mancati sospetti, accuse, inchieste. A partire dalla denuncia del suo sfidante nel ’98, lo svedese Lennart Johansson: migliaia di mazzette ai delegati africani prima del voto, ma nessuno ha chiarito chi le abbia pagate e per cosa. Nel 2002, quando l’Africa stava per votare contro Blatter, fu l’intervento di Al-Saadi Gheddafi a evitare il ribaltone. E quattro anni fa, il suo unico avversario, Mohamed bin Hammam, si ritirò a poche ore dal voto: aveva sostenuto Blatter, finanziariamente e logisticamente, nell’ascesa, ma poi aveva incautamente deciso di sfidarlo. Fu coinvolto in un caso di corruzione e squalificato a vita, mentre molti delegati colti con le mani nella marmellata sono poi rientrati nei ranghi Fifa dalla porta di servizio. Stavolta lo sfidano in tre: l’ex calciatore Luis Figo, l’olandese Michael Van Praag, il principe Ali Bin Al-Hussein, fratello del re di Giordania. Tutti hanno fatto una promessa: aumentare, raddoppiare, perfino quadruplicare i contributi alle federazioni. Battere Sepp a questo gioco, però, è impossibile. L’ha inventato lui.
Francesco Saverio Intorcia, Affari&Finanza – la Repubblica 11/5/2015