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 2015  maggio 11 Lunedì calendario

DRAGASAKIS, L’ANTI-DIVO NIENTE MOTO E GIUBBOTTI MA LA CALMA DEL PADRINO PER CONVINCERE L’EUROPA

Atene
Il politico contro l’accademico. Il pragmatico contro il sognatore. Il vecchio (e saggio) quadro di partito contro il professore che ha girato il mondo e che un pezzo di Syriza – quello che si suiciderebbe piuttosto che finire sulla copertina di Paris Match – fatica a digerire. La Grecia ha cambiato cavallo in corsa. Yanis Varoufakis ha fatto il suo tempo. Formalmente, ricorda lui a tutti, è ancora ministro delle Finanze. Alexis Tsipras però ha affidato la regia economica del governo in queste ore decisive per Atene alle mani più prevedibili – ma forse proprio per questo più salde – dell’altro Yannis, quello che non si è tolto per vezzo una “enne” dal nome: Yannis Dragasakis, il 65enne vice-premier che da un paio di settimane ha affiancato – qualcuno dice commissariato – il vulcanico titolare di dicastero, sostituendolo tout court la scorsa settimana in un incontro di vitale importanza con Mario Draghi in cui era in gioco la liquidità per le banche elleniche. L’Europa ha iniziato subito a conoscere il suo stile. «Pugno di ferro in guanto di velluto», riassumono tutti al quartiere generale del partito. «Varoufakis ha fatto un lavoro straordinario, sparigliando le carte sul tavolo. La sua opposizione vocale alla Troika è stata la chiave per ridare dignità al nostro paese dopo cinque anni di colonizzazione delle istituzioni – racconta in camera caritatis un membro del Comitato centrale del partito –. La politica del muro contro muro però non funziona più. E Dragasakis è più adatto a trovare la sintesi necessaria per trovare un accordo di cui non possiamo fare a meno». E soprattutto, sussurrano in molti, è l’unico in grado di far digerire all’ala più radicale del partito ogni eventuale compromesso. Perché non è difficile da capire. Varoufakis è politicamente nato nelle fila dei movimenti giovanili del Pasok, ha studiato in Gran Bretagna, ha vissuto buona parte dei suoi primi anni accademici tra Australia e Regno Unito. E nel Dna ha una sana dose di narcisismo che esercita con gran profitto tenendo lecture in giro per il mondo, affabulando le platee con la sua rigida logica e la sua ricca retorica e – se serve – mostrando il dito medio alla Germania. Un profilo non proprio organico a quello del militante tipo di Syriza. Il cursus honorum di Dragasakis è invece una sorta di incarnazione della storia di Syriza. Dragasakis, nato a Creta, ha studiato scienze politiche ed economiche ad Atene, ha combattuto contro la dittatura, è salito alla ribalta della politica nazionale – come il 90% dei suoi compagni di fede – tra le fila del Kke, il partito comunista greco di cui fino agli anni ’90 è stato uno dei massimi dirigenti. Nel ’91 è stato uno dei fondatori di Synapsismos, una delle mille costole della sinistra da cui è nata la formazione di Tsipras. «È cresciuto con noi. Era al nostro fianco quando protestavamo in piazza contro i Colonnelli, sul palco quando è stata decisa la scissione dal Kke», raccontano i “vecchi” nella sede di Komoundourou. Ed è l’unico di tutto il partito ad aver avuto un’esperienza precedente di Governo quando nel ’90 è stato vice ministro dell’Economia in un esecutivo di unità nazionale. La sua forza – riconosce anche chi ha avuto già occasione di trattare con lui – è la sua calma. Niente a che vedere con la vis polemica del negoziatore medio di Syriza, forgiata in decenni vissuti all’opposizione. Niente accuse sprezzanti alle controparti, nessun insulto ai tedeschi. Doti, importantissime in un momento cruciale come questo e di cui gli dà atto anche chi non è per forza d’accordo con lui. «Buona parte dei suoi compagni di partito si esprime come le teste calde del Clan Corleone – ha scritto Klaus Kastner, ex banchiere austriaco che ha a lungo dialogato anche accademicamente con Varoufakis – Dragasakis invece parla come se fosse il Padrino in persona». Poco, ma al momento giusto. E ottenendo rispetto. È accaduto anche durante gli ultimi mesi di crisi. «Tutto quello che chiediamo all’Europa è di darci una possibilità», ha scritto nella sua unica “pesantissima” uscita pubblica ospitata non a caso come autorevole editoriale sulle pagine salmonate del “Financial Times”. Le sue tesi, in fondo, non sono poi troppo lontane da quelle del ministro delle finanze. I due programmi imposto dalla Troika sono sbagliati «perché hanno spinto la Grecia in una crisi molto peggiore di quella dei paesi in crisi negli anni ’30 e perché la contrazione economica è stata molto più grave di quanto previsto». Il risultato è che Atene «è nella posizione di Sisifo, condannata a portare il masso fino in cima alla collina con gran fatica solo per vederlo poi rotolare dall’altra parte del crinale». La richiesta: un aiuto da Bruxelles per «uscire da questa trappola». Senza il corollario di accuse ai partner, venature di revanchismo anti-tedesco e le gaffe («L’Italia? È in bacarotta ma non può dirlo») che hanno contraddistinto la gestione Varoufakis. Nessuno a Bruxelles si illude più di tanto. Il cambiamento di toni non muta la sostanza. Dragasakis sa che Syriza deve limitare al massimo le concessioni ai creditori. Le “linee rosse” invalicabili del programma di partito esistono anche per lui. I suoi primi passi hanno confermato le previsioni sul suo pragmatismo. La scorsa settimana l’incontro con Draghi a Berlino ha regalato ad Atene una settimana di liquidità in più sui mercati. «Abbiamo sempre saputo che il nostro cammino non sarebbe stato facile - ha ammesso in un’intervista a “The Guardian” –. Siamo i primi a cercare di cambiare da dentro la politica dell’Europa. La Troika non è un’istituzione ma un sistema di potere». Ora però non è il momento dei massimi sistemi: «Abbiamo bisogno di un accordo che ci faccia uscire dalla spirale dell’austerità – ha aggiunto –. C’è la volonta di tutti e dobbiamo farlo presto perché abbiamo problemi di liquidità di cui si devono far carico tutti i protagonisti dei negoziati». Messaggi soft ma chiari, nello stile della casa. «L’Europa imparerà a non sottovalutarlo – dice il suo vecchio compagno di partito –. Il suo vero valore aggiunto però lo si scoprirà ai tempi supplementari. Quando una volta raggiunto un compromesso sarà necessario venderlo ai quadri del partito e al paese». Lui ed Euclid Tsakalotos, nuovo leader del team dei negoziatori, conoscono benissimo la bassa cucina della politica. Sanno come si costruisce il consenso in un partito dalle mille anime come Syriza. A chi rivolgersi e quali tasti toccare per indorare la pillola di un’intesa che – temono tutti – sarà piuttosto distante dai programmi elettorali che hanno portato Alexis Tsipras al trionfo elettorale del 25 gennaio. In ballo c’è il futuro della Grecia nell’euro e forse anche quello della moneta unica. E il premier - in un sussulto di realismo diventato anche un nessaggio a Bce e creditori – ha preferito togliere il pallino della partita all’estroso (ma imprevedibile) bomber Varoufakis per affidare la fascia di capitano a chi – come Dragasakis – è in grado di tenere corta e unita la squadra.
Ettore Livini, Affari&Finanza – la Repubblica 11/5/2015