Fabrizio Forquet e Marco Mobili, Il Sole 24 Ore 10/5/2015, 10 maggio 2015
«DIALOGO CON LE IMPRESE: CONTROLLI FISCALI PIÙ MIRATI»
[Intervista a Saverio Capolupo] –
Uno strumento in più per contrastare la corruzione. Dal 1° giugno entrerà in azione il Nucleo Speciale Anticorruzione che, inserito nei Reparti Speciali della Guardia di Finanza, avrà il compito di condurre analisi di rischio mirate sugli appalti pubblici. Una struttura dedicata che opererà in piena sinergia con il commissario anticorruzione Raffaele Cantone. Ad annunciarlo è il comandante generale delle Fiamme Gialle, Saverio Capolupo, da circa tre anni alla guida del Corpo.
Ha visto passare 3 governi e 4 ministri dell’Economia e delle Finanze. Durante la sua lunga carriera ha attraversato “con serenità” diverse epoche, ne ha sentite tante sulla lotta all’evasione. Lui è andato avanti per la sua strada, quella delle indagini qualitative e di un dialogo costante con i contribuenti. Perciò anche oggi ci tiene a ribadire che laddove avremo elementi da approfondire o meritevoli di essere analizzati, anche sotto il profilo penale, questi certamente saranno portati all’attenzione dell’autorità giudiziaria». Occorre ricordare, però, aggiunge Capolupo, che «l’imprenditoria è la ricchezza di un Paese. Più imprenditori corretti abbiamo, più aumenta l’occupazione».
C’è allora spazio per un maggior dialogo con il mondo produttivo?
Noi vogliamo tutelare il sistema economico perché soltanto attraverso tale azione possiamo dare il nostro contributo alla ripresa del Paese. Siamo a disposizione degli imprenditori onesti, non in modo formale, ma sostanziale. La Guardia di Finanza è al servizio degli operatori e dei cittadini onesti. Anche sul rating di legalità voluto da Confindustria siamo disponibili a fornire la nostra collaborazione, ove richiesta dalle autorità competenti, per incentivare comportamenti virtuosi.
L’imprenditore deve essere sicuro che, se rispettoso delle norme, sarà tutelato.
Questo obiettivo è molto importante per avvicinare il più possibile l’imprenditore e il cittadino alla pubblica amministrazione e, in senso inverso, lo Stato al cittadino. È l’obiettivo che dobbiamo realizzare a breve: una maggiore fiducia reciproca o, se volessimo usare uno slogan, passare da una posizione di presunta contrapposizione a una di vera condivisione.
A dieci giorni dal taglio del nastro dell’Expo di Milano occorre comunque ricordare che siete dovuti intervenire pesantemente e sono emersi fenomeni corruttivi di legalità. Qual è il bilancio che se ne può trarre?
I risultati su Expo sono molto positivi perché grazie alla struttura messa a disposizione del Prefetto di Milano e alla collaborazione con gli altri attori istituzionali - mi riferisco in particolare ai magistrati, all’Anac, alla Dia, alla Polizia, ai Carabinieri - abbiamo svolto un lavoro molto positivo, anche prevenendo alcune infiltrazioni criminali. L’elevato numero di interdittive emesse dalla Prefettura di Milano ne è la riprova. Ovviamente non possiamo escludere che in futuro possano emergere ulteriori situazioni di illegalità. Ma, lavorando tutti insieme, come Paese, con l’Expo abbiamo dato una bella dimostrazione di compattezza, di unitarietà e anche di trasparenza. È chiaro che poi l’atto singolo fa parte della patologia e la patologia non è sempre prevedibile.
Dai vostri dati annuali emerge che un appalto su tre è irregolare. Ma davvero siamo un Paese di corruttori?
Il nostro dato è corretto ma attenzione: si tratta di un appalto irregolare su tre rispetto alle gare sottoposte a controllo che, a loro volta, sono state selezionate in base alle nostre analisi di rischio. Bisogna stare attenti a non criminalizzare tutto il sistema economico.
E la stima in 60 miliardi di euro della corruzione la ritiene attendibile?
Che in questo Paese, come ho già avuto modo di dire, esista la corruzione è un dato oggettivo. Ma sulla quantificazione del fenomeno non mi sentirei né di confermare quel famigerato dato di 60 miliardi, né di dire che nella pubblica amministrazione ci sia un tasso di corruzione elevato. Certo, spesso emergono doppi lavori, o addirittura dipendenti pubblici titolari di partita Iva e che fanno la doppia professione.
C’è un problema nella pubblica amministrazione?
Io come dipendente pubblico le dico che non accetto generalizzazioni. La corruzione esiste quale fenomeno patologico. Fa notizia solo il corrotto, come dimostra l’operazione in Sardegna, a Oristano, di qualche settimana fa. Ma quanti sugli 8mila comuni italiani sono in regola? Quanti amministratori pubblici sono persone per bene? Le dico che sono tanti. Non si può mettere tutto nello stesso calderone, non è corretto. Quando si afferma che nella pubblica amministrazione ci sono episodi di corruzione si dice una grande verità. Ma dire che c’è corruzione non significa voler affermare che il 20, il 30 o il 40 per cento sia corrotto. Significa che ci sono alcuni fenomeni che vanno repressi, con fermezza, senza sconti, ma anche, ripeto, senza generalizzazioni.
L’altra grande piaga tutta italiana è l’evasione fiscale.
Che siamo un Paese dove l’evasione è alta purtroppo non lo dico io, lo dicono i dati statistici. Ma l’attività di contrasto fa continui progressi.
In Italia c’è un paradosso: controlli asfissianti su alcuni e grandi evasori che troppo spesso la fanno franca. Vincono sempre i furbi?
No. L’approccio dell’amministrazione finanziaria nei confronti dei cittadini è cambiato. E quando parlo di amministrazione finanziaria mi riferisco non solo alla Guardia di Finanza, ma anche alle Agenzie fiscali e al ministero dell’Economia e delle Finanze nel suo complesso. Sono cambiate le strategie, è mutato il modo di controllare i contribuenti e soprattutto c’è un loro maggiore coinvolgimento nella gestione dell’obbligazione tributaria anche attraverso un continuo e costruttivo contraddittorio.
Anche il quadro normativo sta andando in questa direzione, basta guardare la delega fiscale.
È proprio così. C’è ad esempio da non sottovalutare il profilo relativo alla cooperative compliance con le grandi aziende: attraverso lo scambio continuo di dati ed informazioni tra fisco e contribuenti, le grandi imprese ed i grandi investitori internazionali potranno concordare il trattamento fiscale, non certo economico, di alcune operazioni. L’imprenditore non avrà sorprese e sarà certo che non gli potrà accadere nulla. Sono tutti passaggi che puntano ad un maggiore coinvolgimento del cittadino e a una crescita della cultura e dell’etica fiscale.
Ma basterà soltanto “cambiare verso” agli accertamenti?
Certamente no. A tutto questo andrà aggiunta l’attività di prevenzione. La qualità dei controlli e l’accurata selezione a monte sono gli strumenti che utilizziamo per limitare l’impatto ispettivo e migliorare al contempo l’efficacia. La Guardia di Finanza coniuga tre poteri: quello di polizia tributaria, valutaria e giudiziaria che messi insieme rendono la nostra azione ancora più incisiva.
Si punta tutto allora sulla deterrenza?
Se il controllo è incisivo e qualitativamente valido, è chiaro che si ottiene un effetto di persuasione e deterrenza. È cambiato anche il nostro approccio, una volta era un po’ più rigido, oggi invece è un approccio molto più umano, dialogante, perché sono cambiate le culture. In sostanza l’impresa e la professione devono essere viste come entità indispensabili per la crescita del Paese, che devono contribuire con una parte del loro reddito, analogamente ai dipendenti privati o pubblici, al sostenimento delle spese collettive.
I veri evasori, però, chi commette frodi, va duramente contrastato, nell’interesse proprio delle aziende e del mercato.
Siamo inflessibili in presenza di frodi fiscali. Non è un caso se dal 2009 al 2014 siamo passati da un incasso della lotta all’evasione indicato in 9 miliardi agli oltre 14 incassati lo scorso anno. E di questi 14 miliardi recuperati una buona parte deriva dall’azione della Guardia di Finanza. Comunque il tasso di umanità nell’attività di controllo non deve mai venire meno perché dall’altra parte ci sono uomini, famiglie e lavoratori. Su questo punto insisto, la lotta della Guardia di Finanza all’evasione non deve essere vista in contrapposizione all’imprenditore. Per noi l’imprenditore è una risorsa, una ricchezza che, come tutti, deve seguire e rispettare le regole.
Sulla certezza delle regole il Governo ha scoperto finalmente le sue carte con i decreti attuativi della delega fiscale. Che giudizio ne dà?
Sull’abuso del diritto c’è stata un’amplificazione eccessiva. Noi lo scorso anno ci siamo occupati di abuso del diritto nella misura dello 0,5% dei nostri controlli, ma è una norma che abbiamo voluto ed invocato a gran voce per primi, perché indispensabile. E quando è stato chiesto il nostro contributo in sede di predisposizione del provvedimento attuativo non abbiamo avuto nessuna difficoltà a convenire sull’opportunità che l’abuso del diritto non abbia rilevanza penale. La certezza del diritto è un’esigenza che invoca per prima la stessa Guardia di Finanza. Al nostro personale, che è chiamato ad applicare la norma, bisogna indicare i paletti entro cui muoversi. Non cerchiamo contestazioni a tutti i costi. Siamo i primi a non voler impiegare tempo inutilmente e passare come nemici del sistema economico. Ma perché dovremmo contestare a un imprenditore violazioni sapendo che poi finiscono in un nulla?
Però si è fatto.
Qualora sia stato fatto, è stato fatto sicuramente in buona fede. Potrei fare tanti esempi, sia di contestazioni che, alla luce delle successive decisioni della giurisprudenza, forse si potevano evitare, sia di contestazioni giuste che però non sono state ritenute sanzionabili per mancanza dello strumento giuridico. Come al solito la verità sta nel mezzo. E poiché non è nostro compito fare i giudici, occorre una norma chiara che dica cosa dobbiamo fare e cosa non dobbiamo fare. Quindi ben venga la norma sull’abuso del diritto perché sicuramente ci mette nelle condizioni di avere un approccio con l’imprenditore più scientifico e certamente aderente al dato normativo.
E sulle sanzioni sia amministrative che penali?
L’abuso del diritto, ad esempio, con la previsione della sola sanzione amministrativa e non più penale è perfettamente in linea con un orientamento consolidato di una parte della giurisprudenza e della dottrina, anche di altri Paesi. Dobbiamo anche tenere conto delle sentenze della Corte dei diritti dell’uomo e della Corte di giustizia europea e del principio di proporzionalità, in modo da evitare le doppie sanzioni. Ma come detto dobbiamo anche essere consapevoli che nei casi più gravi le sanzioni devono essere più severe, come, ad esempio, in presenza di fatture false.
Sulla soglia di non punibilità del 3% come se ne uscirà?
Vedremo come si andrà a definire la formulazione delle sanzioni amministrative e penali nei tempi dalla politica (metà giugno, ndr). Il lavoro fatto va nella direzione di garantire certezze per tutti, proporzionalità ed adeguatezza delle sanzioni. Sono principi cardine di un sistema democratico. Chi sbaglia paga, ma deve pagare in funzione di quello che ha fatto. D’altra parte il legislatore ha preso atto che in alcuni casi le sanzioni sono eccessive, ma in altri casi sono piuttosto irrisorie.
Per chiudere il cerchio è arrivata anche la norma sul raddoppio dei termini dell’accertamento.
Per quella che è l’ipotesi presentata dal Governo il problema sembra risolto: il raddoppio dei termini c’è soltanto se nei termini di decadenza il Fisco informa il magistrato. Anche questo mi sembra un criterio oggettivo, un criterio condivisibile e giusto, che dà certezza all’intero sistema.
Con queste misure si sblocca anche il rientro dei capitali. Rispetterà le attese?
A oggi non abbiamo dati. Il provvedimento potrebbe produrre risultati molto positivi, sia in termini di gettito, sia in termini di rientro effettivo di capitali. È un’occasione veramente unica, soprattutto per coloro che hanno costituito disponibilità all’estero in tempi più remoti. Il costo del rientro è veramente incentivante, quindi, chi ha disponibilità all’estero e non approfitta di questa occasione mette a rischio il proprio futuro, esponendosi a conseguenze ben più gravi. Sui flussi di capitali all’estero stiamo da tempo ponendo particolare attenzione e devo dire che i risultati ci sono. C’è ancora qualcuno che in modo improvvido tenta di trasferire capitali all’estero portandoli al seguito: noi contrastiamo il fenomeno con diversi strumenti, compresi i cash dog, cani addestrati per fiutare banconote.
Un grosso aiuto alla disclosure arriva anche dall’ordinanza della Corte di Cassazione sull’utilizzo della lista Falciani.
Su quell’aspetto eravamo e siamo molto sereni, perché abbiamo acquisito la lista Falciani secondo le regole della mutua assistenza amministrativa. E per questo una buona parte dei contribuenti coinvolti ha aderito alle nostre constatazioni.
Ma a questo punto anche la delazione avrà lo stesso risvolto di una lista recuperata in maniera furtiva?
La delazione nel nostro lavoro quotidiano non esiste. Chiunque chiami il nostro numero di pubblica utilità 117, deve fornire i propri dati e riferimento telefonico. Secondo le nostre procedure noi richiamiamo il soggetto e ne verifichiamo l’effettiva esistenza. Assicuro che non c’è un caso in cui la delazione sia stata da noi considerata operativamente rilevante, è una questione di principio. Sull’input di una telefonata anonima non avviamo riscontri operativi.
Dall’evasione all’immigrazione: come Guardia di Finanza siete anche impegnati sul fronte sbarchi.
Sul mare lavoriamo in sinergia con gli altri attori istituzionali e sul punto abbiamo due motivi di orgoglio. Il primo è che sul mare ci stiamo da 200 anni e quindi abbiamo un’esperienza operativa caratterizzata da altissima professionalità che gli altri ci invidiano, ed è un’esperienza ovviamente di polizia. Abbiamo un comparto aeronavale molto efficiente e spesso vengono da altri Paesi per vedere la nostra organizzazione e le procedure operative. I dati lo dimostrano: lo scorso anno abbiamo sequestrato circa 140 tonnellate di droga con operazioni condotte a mare, anche a non voler citare la repressione del contrabbando di sigarette.
E l’altro fattore di successo a mare?
Abbiamo l’orgoglio di coordinare l’operazione Triton presso la sala operativa del nostro Comando operativo aeronavale di Pratica di Mare. Lavoriamo in piena sintonia con 21 Ufficiali di collegamento di singoli stati dell’Ue. Lavoriamo anche a fianco della Marina militare e della Capitaneria di Porto per salvare vite umane. Il salvataggio di una vita umana è una priorità assoluta. Ma, detto questo, è evidente che il fenomeno dell’immigrazione origina una pluralità di altri problemi, anche di criminalità organizzata, nazionale ed internazionale, per la cui repressione noi interveniamo quale corpo di polizia. Si tratta di attività tipiche di polizia, necessarie per contrastare i reati connessi e smantellare le organizzazioni criminali che gestiscono i traffici illeciti. Profilo umanitario e repressione sono ambiti da tenere ben distinti.
Fabrizio Forquet e Marco Mobili, Il Sole 24 Ore 10/5/2015