Francesco Bei, la Repubblica 10/5/2015, 10 maggio 2015
“FINALMENTE BRUXELLES FA UN PASSO AVANTI MA LA LIBIA INSTABILE RESTA IL VERO PROBLEMA”
[Intervista ad Angelino Alfano] –
«La strada avviata dall’Europa è quella per la quale mi batto da anni.
Ma quanti morti ci sono voluti per aprire gli occhi e scuotere le coscienze!
C’è stato un momento in cui non solo l’Europa diceva all’Italia “fate voi”, ma poi aggiungevano: “chiudete Mare Nostrum, perché poi quelli che salvate arrivano da noi”. Ritenevano Mare Nostrum un “pull factor”, un fattore di attrazione».
Sta dicendo che avete chiuso Mare Nostrum su richiesta europea?
«No, l’abbiamo chiusa proprio perché era fin dall’inizio concepita come un’operazione d’emergenza e solo italiana. Abbiamo poi lanciato Triton e i fatti hanno dimostrato che gli sbarchi non solo non sono diminuiti, ma aumentati».
Allora alzate le mani? Come si può governare questa migrazione?
«Tutto questo accade perché la Libia è instabile e, se non si risolve il problema della guerra civile, è inutile immaginare qualunque altra soluzione sperando che sia risolutiva. La soluzione è un piano per la Libia, punto. Ci vogliono decisioni forti della comunità internazionale».
Nel frattempo cosa si può fare oltre a redistribuire i migranti in giro per l’Unione?
«Dar vita ad azioni mirate, in un quadro di legalità internazionale, che impediscano la partenza dei barconi e consentano di selezionare i migranti direttamente in Libia. Distinguendo tra coloro che hanno diritto alla protezione comunitaria da quelli che non ce l’hanno. I primi vanno distribuiti fra i 28 paesi Ue, gli altri non vanno fatti partire».
Martin Schulz, uno dei più grandi alleati dell’Italia in questa partita, ha detto che sono 20 anni che si parla di immigrazione e l’unica cosa a essere cambiata è la cifra degli immigrati — e quella dei morti — ma la politica è rimasta ferma. Siamo alla vigilia di una svolta?
«Il Parlamento europeo ha approvato una mozione in questo senso; Il Ppe, due settimane fa, ha approvato una risoluzione analoga. Credo che da parte socialista ci sia lo stesso intendimento. Ancora una volta dovremo batterci contro l’estrema destra europea, ma ci sono le condizioni per farcela».
L’Italia chiede all’Europa di farsi carico dei “suoi” immigrati, mentre in Italia molte regioni si ribellano all’”equa distribuzione” dei migranti. Non le sembra una contraddizione?
«Infatti sarebbe assurdo che proprio noi italiani, che ci battiamo in Europa per far passare il principio della ”equa distribuzione”, poi non lo applicassimo al nostro interno. Non è possibile che la Sicilia, che sopporta il 90% degli sbarchi, si debba far carico anche del 20% e oltre della quota di accoglienza. Ma il recente atteggiamento dei presidenti di Regione mi fa ben sperare».
Ma i governatori leghisti, Maroni e Zaia, sembrano tutt’altro che ben disposti. E la Lega ha organizzato proteste di fronte alle prefetture...
«La Lega Nord è pronta a far pagare in modo spietato un prezzo alto al Sud. Fortunatamente non tutto il Nord è con la Lega e posso dire, dopo gli incontri avuti con sindaci e governatori, che sono ottimista sul nostro piano. Oltretutto, ricordo che stiamo attuando i principi stabiliti dal ministro Maroni del 2011, che prevedeva appunto l’equa distribuzione dei profughi e dei clandestini sul territorio nazionale».
Giovedì la Gran Bretagna ha attribuito a Cameron la maggioranza dei seggi. La via inglese è percorribile dal centrodestra italiano?
«La prima lezione che viene da Londra è che gli estremismi, come quello dell’Ukip, alla fine perdono. Una lezione che coincide con quella francese, dove l’Ump ha prosciugato il Fronte nazionale. La seconda lezione è che gli inglesi hanno premiato un vero gentleman, un leader di provata competenza, con un programma chiaro. Nessuna grande democrazia può affidare il proprio futuro a ignoranti, incolti e incompetenti».
Ce l’ha con Salvini, a cui ha rinfacciato di non essersi laureato?
«Faccia lei...».
E la suggestione lanciata da Berlusconi con il partito repubblicano?
«Mi pare che il fuoricorso Salvini e la Meloni abbiano già detto no, anche con toni offensivi. Se si farà, quando si farà, ne parleremo. Intanto prendiamo atto che quanto dicemmo nel novembre 2013 — cioè che la riedizione di Forza Italia sarebbe stata una marcia indietro fallimentare rispetto al percorso unificante del Pdl — si è regolarmente verificato. E allora parlavamo di un Pdl al 29%, oggi Forza Italia vale meno della metà».
Francesco Bei, la Repubblica 10/5/2015