Fabio Tamburini, CorrierEconomia 11/5/2015, 11 maggio 2015
PETROLIO GLI INTRECCI RUSSI SULLA RAFFINERIA DEI MORATTI
Nel fine settimana in cui i vertici della Pirelli sono volati a Mosca per spiegare i termini dell’accordo raggiunto con i cinesi, soltanto pochi giorni prima dell’annuncio, la sorpresa di Igor Sechin, padre padrone del gruppo petrolifero Rosneft, è stata grande. E, in altri tempi, avrebbe determinato reazioni diverse dal via libera ottenuto da Marco Tronchetti Provera.
Nuove declinazioni
La crisi dell’economia russa seguita allo scontro sull’Ucraina e il crollo dei prezzi del petrolio hanno costretto Sechin a giocare in difesa. Tanto più che, in seguito alle sanzioni americane e dell’Unione europea, i rapporti tra Russia e Cina sono cambiati in profondità, aprendo scenari di collaborazione che sembravano impraticabili. Così Sechin ha semplicemente preso atto della svolta che diluisce la presenza di Rosneft nel capitale Pirelli ma, in contemporanea, hanno avuto una forte accelerata le riflessioni sull’altro fronte aperto in Italia: la presenza nella Saras dei Moratti, leader nella raffinazione.
Due acquisti, quelli delle quote in Saras e Pirelli, che finora hanno marciato di pari passo. Prima, nella primavera 2013, Rosneft è cresciuto in Saras arrivando a poco meno del 21 per cento, posseduto attraverso un fondo. Poi, un anno dopo, è arrivato l’accordo su Pirelli con Tronchetti Provera, amico da sempre dei Moratti, con cui condivide la fede interista. Ora, per i russi, è tempo di decidere il destino della partecipazione in Saras. La decisione finale non è scontata per almeno un paio di buone ragioni. Il settore è stato uno dei più colpiti dalla crisi e, ormai da diversi mesi, Sechin non fa mistero della necessità d’interventi ancora più incisivi di quelli messi in atto.
Nero su bianco
«C’è bisogno di aumentare l’efficienza - ha dichiarato nell’ottobre 2014, sottolineando che - l’impianto petrolchimico va sviluppato». Opinioni che, secondo fonti non confermate, Sechin ha messo per iscritto, con destinazione i Moratti. I quali, a loro volta, lasciano trapelare tranquillità assoluta. La scelta è di non entrare nel merito anche perché, dice chi li conosce bene, le alternative non mancano. Nonostante, si potrebbe aggiungere, l’andamento disastroso del settore, che soffre di sovra capacità produttiva e della mancanza di margini sufficienti.
Basta considerare che, negli ultimi anni, sono state chiuse in Europa 17 raffinerie tagliando circa 90 milioni di tonnellate. Una riorganizzazione che ha lasciato il segno anche in Italia. L’Eni, per esempio, ha riconvertito due impianti su sette. Inizialmente il piano, voluto dall’amministratore delegato Claudio Descalzi, prevedeva interventi drastici. Poi è stata scelta una linea più morbida, affidata a un manager esperto, Salvatore Sardo. La situazione, soprattutto sul mercato italiano, è stata aggravata dal crollo dei consumi, molto superiore alla media europea.
Soltanto nelle ultime settimane il rimbalzo dei prezzi del petrolio ha permesso di ricostituire dei margini di profitti scesi ai minimi storici, che non permettevano di ripagare i costi di produzione neppure alle raffinerie più efficienti come gli impianti Saras in Sardegna. Continuano a pesare come un macigno, tuttavia, gli investimenti fatti dai Paesi arabi in Medio Oriente e, in misura minore, nel Far East, che stanno entrando a regime con l’offerta di prodotti petroliferi in gran quantità.
Bilanci in bilico
Per questo un partner dalle spalle forti come Rosneft continua a fare molto comodo ai Moratti. Anche perché la Saras non sfugge alla tendenza generale e, ormai da anni, produce perdite elevate invece di utili. Più facili da sopportare per il colosso russo, meno per un gruppo familiare. La verità è che il futuro di Saras è tutto da scrivere, con possibilità di altre sorprese. I Moratti continuano a controllare poco più del 50 per cento ma, in coincidenza con l’arrivo dei russi, è stato rivisto l’assetto di controllo sciogliendo l’Angelo Moratti sapa, la cassaforte di famiglia, e creando due accomandite per azioni che si sono spartite in parti uguali il pacchetto di controllo.
Una fa capo al ramo familiare di Gian Marco Moratti, più legato alle attività tradizionali della famiglia in campo petrolifero, e l’altra al fratello Massimo, l’ex presidente dell’Inter. Li lega un patto triennale, con tacito rinnovo, sottoscritto nell’ottobre 2013. I punti chiave sono tre: scelta comune degli organi sociali, idem per quanto riguarda l’esercizio dei diritti di voto, non trasferibilità delle azioni. Ma i patti, si sa, possono essere sciolti.