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 2015  maggio 11 Lunedì calendario

IL CASO DELLA TASSISTA STUPRATA [2

aritcoli] –
ROMA Alla fine ha confessato. E’ stato l’ultimo di una serie di sospettati a finire in questura nelle ultime 48 ore. Ma quando gli uomini della squadra mobile guidati da Luigi Silipo hanno visto arrivare la dettagliata segnalazione di un altro tassista hanno impiegato poco a capire che la pista era quella. L’identikit e quegli occhi piccoli e scuri, che la vittima aveva descritto con tanta precisione, sono stati fondamentali. Perché poco più di una settimana fa Simone Borgese - questo il nome del trentenne reo confesso - aveva tentato di non pagare una corsa esattamente nella stessa strada, via Pescina Gagliarda. Lasciando però il numero di cellulare al conducente infuriato. A fugare ogni dubbio, alla fine, è stato il riconoscimento fotografico da parte della tassista derubata e violentata venerdì mattina. La donna non ha avuto dubbi: è lui.
Il provvedimento di fermo di polizia scatta dopo le 17. Alle 18 il pm Eugenio Albamonte arriva in questura per l’interrogatorio. Quattro ore di domande pressanti, fino all’esito sperato.
LE INDAGINI

Poco più di una settimana fa Borgese, sempre in zona Aurelia, prende un taxi per tornare a casa. Alla fine della corsa aveva detto di non avere i soldi. Ne nasce un violento diverbio col tassista, che costringe l’uomo a lasciargli il numero di cellulare per poi poterlo rintracciare e recuperare il dovuto. Di più: per avere la riprova che non gli stesse danno un numero fasullo, il tassista fa squillare il telefono di Borgese prima di lasciarlo andare via. Poi, qualche giorno dopo, la rapina e la violenza sulla donna. Immediata la caccia all’uomo. Il procuratore aggiunto Maria Monteleone e il pm Albamonte sembrano subito fiduciosi di raggiungere un risultato in tempi stretti. Prima della diffusione dell’identikit, vengono interessate tutte le compagnie telefoniche per stabilire l’utenza che abbia agganciato le celle che vanno dall’Aurelia a Ponte Galeria negli stessi minuti del cellulare della tassista. Sabato mattina la Scientifica esegue in tempi record i rilievi sull’auto: impronte digitali e tracce di Dna, che non si fa neppure in tempo ad esaminare. Intanto la polizia analizza tutti i fotogrammi delle telecamere presenti sul percorso. Ma la svolta arriva dal tassista che, visto l’identikit diffuso dalla polizia, riconosce Borgese e segnala agli investigatori quanto gli era capitato appena qualche giorno prima
LA RICOSTRUZIONE
Erano da poco trascorse le sette di venerdì mattina, quando, di ritorno da Fiumicino, la tassista del 3570, nel parcheggio taxi vicino all’hotel Ergife, fa salire quel cliente. Nota il forte accento romano, è uno come tanti. Circa trent’anni - racconterà poi agli inquirenti - alto meno di un metro e 70, magro, capelli scuri e ricci. La destinazione è lontana, fuori dal raccordo, zona Ponte Galeria, via Pescina Gagliarda, una stradina sterrata. La tassista spiega che fuori dal raccordo la tariffa è più cara. «Non importa», risponde l’uomo. E invece, in quella stradina comincia l’incubo. La donna si gira per prendere i soldi, il cliente le punta un coltello alla gola, reclina il sedile, la immobilizza. La colpisce con un pugno, la costringe a un rapporto orale. Porta via i 70 euro di incasso e scappa. La donna chiama il 3570, parte la denuncia al commissariato Aurelio e la caccia all’uomo. Per lei, invece, è il momento più difficile. Visite cliniche e una psicologa ad assisterla. Dal Grassi di Ostia al Sal Camillo.
LA SOLIDARIETA’
Dai social network ai nastri rosa sull’antenna delle auto. Così i tassisti romani hanno manifestato il proprio sostegno alla collega. Ma alcuni di loro sono andati oltre: con quell’identikit sul cruscotto hanno girato per la città, sperando di incontrare il balordo. Ieri, dopo il fermo, mentre era ancora interrogato sono state le tassiste ad arrivare in delegazione sotto la Questura: «Abbiamo paura. Non è la prima volta che accadono episodi di aggressioni e violenze alle tassiste. Certo, questo è particolarmente grave ed eclatante».

***

Ha tentato di negare soltanto all’inizio, quando gli agenti l’hanno fermato, ma che fosse molto scosso è stato subito chiaro. Poi ha capito di essere stato incastrato e allora Simone Borgese, l’uomo accusato di avere violentato venerdì una tassista, ha chiesto di poter parlare e spiegare tutto. Al pm Eugenio Albamonte l’ha detto subito: «E’ stato un raptus, non so cosa mi abbia preso». E non si è più fermato, per circa quattro ore ha raccontato cosa fosse accaduto in quella stradina di periferia. Mentre il magistrato continuava a chiedergli altri dettagli, gli agenti della squadra mobile avevano già mostrato le foto segnaletiche del ”sospetto” alla vittima dell’abuso.
LA CONFESSIONE
La tassista non ha avuto dubbi: «E’ lui». Simone Borgese ha confessato subito, quasi in lacrime: «Pensi che volevo prendere l’autobus». L’uomo, 30 anni, ha precedenti per furto di carburante, dice anche di avere una denuncia per maltrattamenti in famiglia da parte dell’ex moglie, ma dall’archivio del Viminale non risulta. Una bambina di 7 anni e un lavoro da cameriere ”a chiamata” nei ristoranti. Adesso è accusato di violenza sessuale, rapina e lesioni.
«Stavo aspettando l’autobus che non arrivava. Era un pezzo che stavo lì. Ho visto quel taxi e l’ho fermato. Volevo tornare a casa. Quando siamo arrivati, ho fatto un balzo in avanti con la scusa di controllare il tassametro. Non so cosa mi sia preso. E’ stato un raptus. Non riesco a spiegarmi quello che ho fatto. Non avevo minimamente immaginato che potesse finire così. Quando siamo quasi arrivati a casa mia - continua Borgese nella sua confessione fiume - ho detto alla donna di girare per un’altra strada, sapevo che lì c’era un viottolo sterrato. Con la scusa di guardare il tassametro, mi sono sporto in avanti, l’ho colpita, ho scavalcato il sedile e l’ho costretta a un rapporto orale. Poi ho preso i soldi e sono scappato». Borgese è scosso e l’inchiesta conclusa.
L’INCHIESTA
Coincide tutto. Non c’è neppure un dettaglio che contraddica la denuncia della vittima. Un’ombra su quest’indagine che sembra già chiusa in poco più di 48 ore. Il pm Albamonte ha già firmato la richiesta di convalida e di misura cautelare in carcere. Il giudice deciderà nei prossimi giorni. Non è escluso che l’avvocato del tassista, Vincenzo Daniele Mistretta, possa chiedere un patteggiamento o comunque il ricorso a un rito alternativo.
I RACCONTI
Intanto mentre Borgese viene trasferito in carcere sono le altre tassiste a raccontare le loro storie. «Proprio una settimana prima mi è capitato di far salire in macchina un cittadino straniero, probabilmente del Bangladesh, si è fatto accompagnare a Santa Maria del Soccorso - ricorda la donna - durante il tragitto ha fatto diverse telefonate e io già temevo che mi potesse accadere qualcosa. All’arrivo ho visto che c’erano tre uomini ad aspettarmi, uno di questi, approfittando del finestrino abbassato, mi ha messo la mano sulla maglietta. Io prontamente ho inserito la prima e sono andata via di corsa». Accanto a lei una collega che da vent’anni guida taxi nella Capitale. La donna dice di aver subito più volte palpeggiamenti da parte di clienti: «Mi è capitato con le persone più insospettabili - dice - una volta con un sessantacinquenne che avevo preso all’aeroporto e l’ultimo pochi giorni fa da un uomo che aveva proprio un aspetto perbene».
Val.Err.