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 2015  maggio 11 Lunedì calendario

Notizie tratte da: Eamonn Butler, La ricchezza delle nazioni in pillole. Con un distillato della Teoria dei sentimenti morali, IBL 2015, e-book, pp

Notizie tratte da: Eamonn Butler, La ricchezza delle nazioni in pillole. Con un distillato della Teoria dei sentimenti morali, IBL 2015, e-book, pp. 120, 2,99 euro.

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• Pubblicata per la prima volta nel 1776, «La ricchezza delle nazioni, il pionieristico libro di economia scritto da Adam Smith, (…) è uno dei libri più importanti al mondo. Sta all’economia come Newton sta alla fisica e Darwin alla biologia. Ha preso la saggezza tradizionale e ormai datata a proposito degli scambi, del commercio e delle politiche pubbliche e l’ha riscritta, basandola su princìpi completamente nuovi, che usiamo con successo ancor oggi. Smith delineò il concetto di Prodotto interno lordo (Pil) come misura della ricchezza nazionale; ha individuato i grandi vantaggi per la produttività resi possibili dalla specializzazione; ha riconosciuto che dal commercio traggono beneficio tutt’e due le parti in gioco, non solo il venditore; ha realizzato che il mercato è un meccanismo automatico che alloca risorse con grande efficienza; ha compreso la vasta e feconda collaborazione che questo meccanismo rende possibile. Tutte queste idee restano parte integrante del tessuto della teoria economica, dopo più di due secoli».

• Tuttora interessante è pure la Teoria dei sentimenti morali (1759), «l’altro grande libro di Smith, quello che l’ha reso famoso. È il risultato del corso di filosofia che Smith teneva presso l’Università di Glasgow: spiegava la moralità mediante la nostra natura di creature sociali. Fece una tale impressione sul patrigno del giovane duca di Buccleuch che egli prontamente ingaggiò Smith (con un allettante salario a vita) per fare da precettore al ragazzo e per accompagnarlo in un viaggio istruttivo per l’Europa».

• «Smith era rivoluzionario. Aggrediva direttamente l’idea, prevalente all’epoca, che le nazioni dovessero proteggere il loro commercio dagli altri Stati. Dimostrò che il libero scambio tra le nazioni, e anche tra le persone nel proprio Paese, lascia ambedue le parti, venditore e compratore, in una posizione migliore. Dimostrò che quando i governi interferiscono tramite controlli, dazi o tasse, rendono la popolazione più povera, e non più ricca. Le idee di Smith influenzarono i politici e cambiarono il corso degli eventi. Portarono ad accordi sul commercio, a riforme fiscali e a un allentamento nell’applicazione di dazi doganali e di sussidi; a loro volta, questi mutamenti sprigionarono il diciannovesimo secolo, la grande era del libero commercio e della crescente prosperità globale».

- La ricchezza delle nazioni in pillole

• Ai tempi di Adam Smith (1723-1790), la convinzione prevalente era che la ricchezza di una nazione «consistesse nella valuta, ossia in metalli preziosi come oro e argento. Smith sostiene che la vera ricchezza è in effetti in quello che il denaro può comprare: in poche parole, “il prodotto annuale della terra e del lavoro della società”. È quello che oggi conosciamo come prodotto nazionale lordo o Pnl, che viene usato come misura della prosperità di differenti Paesi».

• «La chiave dell’efficienza economica è la specializzazione, ossia la divisione del lavoro. Prendete ad esempio la semplicissima manifattura degli spilli. Molti tra noi sarebbero in difficoltà a produrre perfino uno spillo al giorno, anche se il metallo fosse già stato estratto e fuso per noi. Certamente non potremmo farne venti. Eppure dieci persone in una fabbrica di spilli riescono a produrne 48.000 al giorno. Questo accade perché ognuno di loro si specializza in diverse parti dell’intera produzione. Uno tira il filo, un altro lo raddrizza, un terzo lo taglia, un quarto gli fa la punta, un quinto ne lavora un’estremità per fare la capocchia. Fare e rifinire la capocchia richiede ulteriori operazioni specializzate; sbiancare gli spilli e confezionarli ne richiede altre ancora. La specializzazione ha reso il processo migliaia di volte più produttivo».

• «La divisione del lavoro chiaramente richiede un avanzato grado di cooperazione tra tutti coloro che sono coinvolti nelle manifatture interessate. A ben vedere, anche la produzione del più semplice oggetto presuppone la cooperazione di molte migliaia di persone. (…) “L’abito di lana, che veste il lavorante a giornata, per quanto grossolano e ruvido possa apparire, è ad es. il prodotto del lavoro congiunto di una grande moltitudine di operai. Il pastore, il selezionatore di lana, il pettinatore o cardatore, il tintore, il cardatore di grosso, il filatore, il tessitore, il follatore, l’apprettatore e molti altri devono mettere insieme le loro differenti arti al fine di portare a termine anche solo questa produzione casalinga”».

• «La collaborazione di migliaia di specialisti molto efficienti è ciò che definisce un sistema economico molto avanzato: ed è, in effetti, la fonte della grande ricchezza dei Paesi sviluppati. Vuol dire che le cose sono prodotte in maniera molto più efficiente e quindi meno costosa. Anche i membri più poveri della società hanno così accesso a un’ampia varietà di beni e servizi che, in assenza di specializzazione, non si sarebbero proprio potuti permettere».

• «La specializzazione si è evoluta dalla naturale tendenza umana a barattare e scambiare. Quando vediamo persone che possiedono cose che noi vogliamo, sappiamo che è improbabile che ce le possano dare per pura bontà d’animo. Potremmo, però, avere qualcosa che essi vogliono e che saremmo pronti a dare in cambio. “Non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che ci aspettiamo il nostro desinare, ma dalla considerazione del proprio interesse personale. Non ci rivolgiamo alla loro umanità ma al loro egoismo, e parliamo dei loro vantaggi e mai delle nostre necessità”».

• «Questi vantaggi dello scambio, e la nostra naturale inclinazione a esso, stimolano la divisione del lavoro. Vale la pena, per noi, costruirci un surplus di ciò che personalmente siamo in grado di fare meglio, in modo da avere qualcosa da scambiare con altre persone. Per prendere questo fenomeno nella sua versione più semplice, immaginiamo una società primitiva dove, a causa di particolari talenti fisici o mentali, un individuo riesca meglio di altri a creare frecce, a costruire case, a preparare le pelli o a lavorare i metalli. Se, attraverso quell’abilità specializzata, costui costruisce più cose di quanto abbia bisogno, avrà più oggetti da scambiare con gli altri. Quindi ciascuno si può concentrare sulla sua produzione specializzata più efficiente e ottenere il resto delle cose necessarie dagli altri produttori. Il fabbro commercia i suoi coltelli in eccesso con le frecce in eccesso dell’arciere, il conciatore scambia vestiti con il riparo fatto dal costruttore. Ciascuno riceve l’insieme di cose a lui necessarie, ognuna di essa prodotta in maniera efficiente ed esperta».

• «In una società commerciale, dove la specializzazione è massiccia, sono pochi i bisogni che riusciamo a soddisfare da soli: contiamo quindi sui nostri scambi con gli altri per risolvere le nostre necessità. Ma gli scambi sarebbero difficili se, ad esempio, un birraio fosse costretto, ogni volta che ha fame, ad andare in cerca di un panettiere assetato. Piuttosto che fidarsi del fatto che ognuno trovi la persona con delle necessità esattamente speculari alle proprie, le antiche società umane cercarono di trovare qualche mezzo di scambio, un qualche bene terzo che si potesse scambiare con il proprio prodotto e che si potesse poi dare in cambio di altro. Ai tempi di Omero era il bestiame; in Abissinia è il sale; le conchiglie assolvono questa funzione in India, il merluzzo secco a Terranova, il tabacco in Virginia, lo zucchero nelle Indie Occidentali. Ma, nel corso dei secoli, il metallo divenne la valuta standard. È durevole, e (a differenza del bestiame) può essere diviso in piccole quantità senza alcuna perdita, per essere poi riunito in quantità più grandi, a seconda del bisogno. In origine, semplici barre di rame servivano come denaro nell’antica Roma; ma non essendo tutte uguali, andavano pesate ogni volta che le si voleva utilizzare. Dunque, alla fine vennero escogitati dei timbri che mostravano gli standard di peso e di qualità del metallo: le prime monete».

• «Che lo scambio sia mediato dal denaro o no, cos’è che determina il tasso al quale diversi prodotti vengono scambiati? La parola “valore” ha due significati: si può trattare del valore nell’uso, ma anche del valore nello scambio. L’acqua è estremamente utile, ma ha un valore di scambio praticamente nullo, mentre un diamante è perlopiù inutile, però ha un enorme valore di scambio. (…) La vera misura del valore di scambio di tutte le merci è il lavoro impiegato nella produzione. La ragione per la quale ci sforziamo di creare il prodotto che vendiamo è proprio l’evitare di creare da noi tutte le cose che compriamo. Quando commerciamo, stiamo comprando il lavoro di altre persone. Alla fine, la ricchezza vera e propria non consiste nel denaro, ma nella quantità di lavoro altrui che comandiamo o che acquistiamo».

• «In una società primitiva di cacciatori dove non c’è bestiame e la terra è libera, il lavoro è l’unico fattore di produzione. Poiché non ha senso che qualcuno compri qualcosa che può farsi da solo con meno sforzi, i prezzi riflettono sempre il lavoro impiegato. (…) La situazione cambia, invece, quando le persone accumulano capitale e impiegano altri per lavorare. In quel caso, il prodotto va condiviso tra loro, ripartendosi tra i salari dei lavoratori e il profitto del datore di lavoro. I profitti, però, sono diversi dai salari: non riflettono il lavoro dell’imprenditore, ma il valore del capitale che è impiegato nella produzione. (…) Quando la terra diventa proprietà privata, un terzo gruppo comincia a partecipare al prodotto nazionale, ossia i proprietari terrieri. Cibo, carburante e minerali non sono più semplicemente disponibili al prezzo del lavoro impiegato a raccoglierli. I proprietari terrieri chiedono che parte di quel prodotto sia destinato a loro sotto forma di rendita. Ci sono dunque tre fattori di produzione, remunerati da tre differenti princìpi. Il prezzo del grano comprende in parte la rendita del proprietario terriero, in parte i salari dei braccianti, in parte il profitto del contadino che provvede ai soldi e agli strumenti per far funzionare l’azienda. Nel prezzo della farina, vanno aggiunti i profitti del mugnaio e i salari dei lavoratori del mulino; in maniera simile, nel prezzo del pane vanno aggiunti i profitti del panettiere e i salari dei lavoratori del forno. Per quante persone possano essere coinvolte in un processo di produzione, i costi si risolvono sempre in uno o l’altro di questi tre elementi».

• «I salari e i profitti in un qualsiasi processo di produzione tendono a un livello medio che dipende dal mercato. Il prezzo di un bene, quando coincide con il costo di produrre e di immettere quel bene sul mercato (nelle sue componenti: rendita, profitto, salari), si può chiamare prezzo naturale. Se il bene è venduto a un prezzo maggiore, il venditore ottiene un profitto; se è venduto, invece, a meno, il venditore subisce una perdita».

• «Se in un mercato c’è sovrapproduzione e i prezzi sono inferiori ai costi di produzione, i proprietari terrieri dismetteranno la loro terra, gli imprenditori il loro capitale e i lavoratori il loro lavoro, piuttosto che soffrire perdite continue nel processo di produzione. Dunque la quantità offerta diminuirà e il mercato spingerà i prezzi in alto, verso il prezzo naturale, finché non si raggiungerà l’equilibrio. Se, invece, un mercato non ha abbastanza offerta e i prezzi sono alti, i produttori dedicheranno più risorse a questo processo di produzione, dal quale possono trarre
guadagni. Quindi la quantità offerta aumenterà e i prezzi di mercato verranno spinti verso il basso, di nuovo verso il prezzo naturale. Il mercato, perciò, si regola da solo. I prezzi gravitano sempre attorno al costo di produzione in
un ambiente concorrenziale e i produttori mirano sempre a fornire esattamente la quantità di prodotto richiesta dai consumatori».

• «Nei suoi scritti, Smith mostra una forte empatia per le classi lavoratrici della sua epoca; molto meno, invece, per commercianti e datori di lavoro, che, secondo lui, cercano di manipolare i mercati a proprio favore. Queste simpatie e antipatie sono spesso uno shock per chi dà per scontato che un fervido sostenitore del mercato e del libero commercio come Smith stia dalla parte dei padroni. Smith crede che mercati liberi e concorrenziali siano lo strumento migliore per distribuire la ricchezza e, in particolare, per diffonderla tra i poveri, e che gli sforzi dei politici e degli uomini d’affari per diminuire la competizione e la libertà vadano dunque contrastati».

• «“Nessuna società può essere fiorente e felice se la maggior parte dei suoi membri è povera e miserabile”. Dei salari decenti sono essenziali per il benessere dei lavoratori e delle loro famiglie. Ma pagare salari decenti è anche nell’interesse dei datori di lavoro. Quando i salari sono alti, i lavoratori sono ben nutriti e forti. Hanno anche, di fronte a sé, la prospettiva di riuscire a risparmiare e a migliorare la loro condizione, il che li rende meglio disposti a lavorare diligentemente. E quando i lavoratori si riposano a sufficienza, probabilmente saranno più in salute e più produttivi».

• «È perfettamente naturale che le corporazioni cerchino di espandere il loro mercato e di limitare la competizione e quindi di promuovere il loro interesse a spese dell’interesse generale. Sfortunatamente, sono state aiutate in questo dalla legge, che conferisce loro privilegi speciali. L’istituzione di un registro pubblico dei membri della categoria, ad esempio, rende facile per loro riunirsi (e, ovviamente, discutere di come alzare i prezzi o restringere ancor di più il mercato). Leggi che permettono alle categorie professionali di prelevare quote obbligatorie, con la scusa di salvaguardare il benessere dei propri membri, renderanno inevitabile che essi si riuniscano. E permettere che le corporazioni decidano sulle politiche commerciali con un voto di maggioranza limiterà la concorrenza in maniera più efficace e durevole di qualsiasi collusione volontaria. “La gente dello stesso mestiere raramente si incontra, anche solo per divertimento e diporto, senza che la conversazione finisca in una cospirazione contro il pubblico o in qualche escogitazione per aumentare i prezzi”».

• «L’unica disciplina efficace che valga sulle imprese è la paura di perdere clienti. Un mercato concorrenziale nel quale i consumatori siano sovrani è il modo più sicuro per regolare il comportamento delle aziende, più di qualsiasi numero di regole ufficiali, le quali, così spesso, producono l’opposto di quello che intendevano».

• «Una famiglia ricca non consuma più cibo di una famiglia povera, anche se il cibo mangiato dalla famiglia ricca sarà di migliore qualità. Ma i proprietari terrieri, che hanno potere su più cibo di quanto riescano a mangiare, o coltivandolo essi stessi o sotto forma di rendita pagata dai mezzadri, nonostante ciò sembrano avere un appetito insaziabile per i vestiti, le case e gli indumenti appariscenti. Mettete a confronto i vasti palazzi e gli ampi guardaroba dei ricchi con le stamberghe e i pochi stracci dei poveri. I ricchi vogliono sempre scambiare il loro surplus con lussi del genere e i poveri sono sempre disposti a soddisfare questa domanda per ottenere in cambio le cose fondamentali di cui hanno bisogno. I poveri competono e si specializzano per rifornire i ricchi, il che aumenta l’efficienza della produzione, aumenta il reddito e dà luogo a una domanda crescente per abitazioni, vestiti, mobili, carburante, minerali, pietre preziose: ogni fonte di benessere che la terra produce. Eppure, in ogni caso i proprietari terrieri si prendono la loro parte, ovviamente, perché tutte quelle fattorie, foreste e miniere producono per loro una rendita».

• «Anche se comunemente esprimiamo il reddito di un individuo in termini di denaro, ossia come una particolare quantità di pezzi di oro e argento, il denaro di per se stesso non ha alcun valore intrinseco. Il denaro è solo un mezzo di scambio, una strada che aiuta a portare il prodotto di una nazione sul mercato, ma che non produce nulla di per sé. La vera ricchezza sta in ciò che il denaro può comprare, non nelle monete».

• «Il fatto che la ricchezza e il denaro non siano la stessa cosa può essere dimostrato facilmente. Dopo tutto, una persona che riceve una ghinea di reddito oggi può spendere la medesima ghinea domani, dunque procurando il reddito di una seconda persona; e quella persona può spendere la stessa ghinea il giorno dopo, procurando il reddito di un terzo individuo. Dunque la quantità di moneta in circolazione è chiaramente minore della ricchezza totale della nazione. Il reddito nazionale è costituito dalla quantità di beni comprati e venduti, non dai pezzi di metallo che possono venire usati per facilitare lo scambio dei prodotti».

• «Eppure il denaro ha alcuni effetti importanti. Rende il capitale attivo e produttivo. Il contante che i commercianti sono costretti a tenere da parte per necessità occasionali è capitale morto, inutile e non produce alcunché. Ma un efficiente sistema bancario lo può trasferire più facilmente e sfruttare meglio. Quando le banche sostituiscono oro e argento con banconote di carta, permettono a questo capitale inutile di essere riportato in vita e utilizzato più facilmente di prima, velocizzando così le strade del commercio e accrescendo la produttività dell’industria di un Paese».

• «Le nazioni non vanno mai in bancarotta per colpa della prodigalità o degli investimenti dissennati dei privati: solo per quelli delle pubbliche istituzioni. I comuni cittadini sono coscienti di dover risparmiare e investire se vogliono migliorare la propria condizione e aumentare il proprio salario futuro. Ma la maggior parte delle finanze di un governo è usata per compiti improduttivi – una corte regale vasta e prestigiosa, una gerarchia religiosa, grandi flotte ed eserciti – tutti i quali sono sostentati dal lavoro dei contribuenti. I governi hanno pochi motivi per risparmiare e investire per se stessi. Sfortunatamente, quando questo genere di spese è così ingente che i contribuenti devono consumare il proprio capitale per pagarlo, i redditi futuri saranno giocoforza minori».

• «L’economia libera è incredibilmente resistente. Lo sforzo costante, da parte degli individui, di migliorare le proprie condizioni, è il motore del progresso e spesso è sufficiente a far sì che l’economia cresca, a dispetto delle stravaganze e degli errori del governo. “È quindi una enorme impertinenza e presunzione da parte dei re e dei ministri pretendere di tutelare l’economia dei privati. […] Essi sono sempre e senza eccezione i più grandi scialatori della società. […] Se la loro dissipatezza non rovina lo Stato, tanto meno potrà farlo quella dei loro sudditi”».

• «Il prodotto nazionale totale può crescere solamente mediante la crescita nel numero dei lavoratori produttivi oppure mediante l’aumento della loro produttività. (…) Se vediamo che le terre di una nazione vengono coltivate meglio, che le sue industrie sono più numerose o che il suo commercio raggiunge più territori, possiamo essere sicuri che il suo capitale è aumentato. E quella maggiore accumulazione di capitale è dovuta al risparmio privato e all’investimento da parte degli individui, assieme alla sicurezza giuridica che permette loro di accumulare capitale senza paura che esso venga derubato e alla libertà che li incoraggia a risparmiare, investire e migliorare la propria condizione».

• «Il pregiudizio politico corrente verso i commercianti è sbagliato. Essi aggiungono valore e servono il pubblico. La competizione tra loro può costringere alcuni a chiudere bottega, ma non potrà mai danneggiare il consumatore. La competizione li spinge a mantenere bassi i prezzi, un impulso che i monopolisti non avvertono. L’idea che, senza regolamentazione, alcuni venditori al dettaglio potrebbero ingannare i consumatori e far loro comprare cose di cui non hanno bisogno costituisce un’argomentazione pretestuosa. Ad esempio, non è certo la grande diffusione di birrerie a far sì che le persone bevano troppo. Piuttosto, è la propensione a bere a fornire lavoro alle birrerie. Il commercio al dettaglio, come gli altri commerci, segue la domanda».

• «È sbagliato pensare che la ricchezza risieda nella moneta. Il denaro è solo un mezzo di scambio. È utile, perché tutti lo accettano come tale. Ma quello che le persone desiderano quando ricevono del denaro non è il denaro in sé, ma quello che il denaro può comprare. Di sicuro, l’oro e l’argento hanno il merito di essere più resistenti rispetto ad altri beni, il che migliora la loro utilità come deposito di valore. Ma la durevolezza non è tutto: siamo perfettamente soddisfatti di comprare vino dalla Francia, scambiandolo con prodotti lavorati. Eppure, i francesi non sono così stupidi da accumulare più pentole e bacinelle di quante ne abbiano bisogno per cucinare, solo perché non sono deperibili. Sarebbe un totale spreco di risorse. Allo stesso modo, nessuno, né noi né alcuna altra nazione, dovrebbe cercare di accumulare più oro e argento della quantità necessaria ad aiutare il commercio. Anche questo sarebbe uno spreco: si accumulerebbe capitale inutile che non servirebbe più a nutrire, vestire, sostenere e impiegare le persone. Il denaro è solo uno strumento, proprio come le pentole e le bacinelle».

• «In assenza di limiti al commercio o di trattati preferenziali, le persone sono lasciate libere di perseguire i propri interessi e di mettere in competizione con gli altri il proprio lavoro e il proprio capitale, che saranno soggetti solamente alle regole della giustizia. Il capitale e il lavoro si dirigono verso gli impieghi più profittevoli, e lo Stato si risparmia lo sforzo di osservare e dirigere la vita economica nazionale. In effetti, il sistema della libertà assoluta lascia allo Stato solo tre compiti: la difesa, la giustizia e alcune opere pubbliche».

• «L’avidità e l’ambizione dei ricchi, o il desiderio di comodità e godimenti dei poveri, possono portare all’aggressione della proprietà privata. L’acquisizione legittima, tramite il lavoro, di un certo patrimonio è un’operazione che può durare anche anni e richiede necessariamente l’instaurazione di un governo civile e di una magistratura che preservi l’ordine e la giustizia. “L’abbondanza del ricco suscita l’indignazione dei poveri, che sono spesso spinti dal bisogno e sollecitati dall’invidia a invadere la sua proprietà. È soltanto con la protezione del magistrato civile che colui che possiede un’ingente proprietà, acquisita col lavoro di molti anni o forse di molte successive generazioni, può dormire tranquillo la notte”».

• «Il governo civile, in quanto istituito per la salvaguardia della proprietà, è in realtà istituito per la difesa dei ricchi contro i poveri o di coloro che hanno un poco di proprietà contro coloro che non ne hanno affatto» (Adam Smith).

• «Nonostante i chiari effetti benefici, in termini di efficienza economica, che ha sulla società, la specializzazione può avere ripercussioni negative sull’individuo. Chi passa anni a svolgere la stessa semplice operazione non ha alcuna opportunità di pensare in modo innovativo. A meno che il governo non prenda misure per evitarlo, i lavoratori più poveri cadranno in un torpore mentale, assumendo vedute sempre più ristrette e intimorendosi di fronte ai cambiamenti e all’ignoto».

• «I sistemi morali possono essere o di stampo austero o di tipo liberale. Le persone alla moda tendono ad adottare la morale liberale e indulgono nel lusso, nel divertimento disordinato e, nei limiti della ragionevolezza, nella sregolatezza. Si possono però permettere questa rilassatezza. I più saggi tra i popolani, al contrario, rifuggono questi eccessi, che sanno essere potenzialmente rovinosi. Il problema etico è particolarmente forte nelle città, dove l’anonimato permette alle persone di cadere trappola della negligenza di sé e dello sperpero, a meno che non siano catturati da una delle piccole sette religiose, austere e spesso antisociali. Il primo rimedio a questo problema è lo studio della scienza e della filosofia, che può essere diffuso dallo Stato non concedendo salari agli insegnanti (cosa che li renderebbe pigri e negligenti), ma richiedendo che le persone acquisiscano una conoscenza di base prima di iniziare qualsiasi mestiere. Il secondo rimedio consiste nel divertire e nell’attrarre il popolo promuovendo le arti».

• «Alcune spese sono richieste per sostenere la dignità del monarca, il quale, in quanto supremo magistrato, deve ottenere il rispetto generale. Il costo di un sistema giudiziario è, allo stesso modo, una spesa che tutta la società deve sostenere. La spesa dei procedimenti civili, invece, è meglio che sia sostenuta da chi ne beneficia: ossia, dai suoi utilizzatori. In effetti, come principio generale, i funzionari pubblici dovrebbero essere pagati in base ai loro risultati».

• «I governi possono provare a guadagnare soldi attraverso progetti commerciali, ma sono generalmente dei commercianti di scarso successo. I funzionari pubblici considerano il bilancio dello Stato una fonte di denaro pressoché inesauribile, spendono senza che ce ne sia necessità e si pagano bene, mentre gli uomini d’affari di successo sono attenti e parsimoniosi nel gestire le proprie limitate risorse. Alcuni governi, allo stesso modo, raccolgono entrate dai loro possedimenti fondiari, ma queste non sono generalmente sufficienti per sostenere tutte le voci di spesa del bilancio pubblico e, inoltre, le attività statali sono, di solito, peggio gestite rispetto a quelle private».

• «Non vi è arte che un governo impari prima da un altro di quella di cavare denaro dalle tasche della gente» (Adam Smith).

• «Le tasse non dovrebbero costare più del necessario. Non dovrebbero richiedere un gran numero di funzionari per essere raccolte. Non dovrebbero scoraggiare l’industria o distruggere il capitale. Non dovrebbero incoraggiare l’evasione (dato che dazi elevati favoriscono il contrabbando), né le pene dovrebbero portare alla rovina chi è spinto a evadere. E non dovrebbero richiedere visite frequenti, odiose e vessatorie da parte degli esattori mandati a riscuoterle».

• «L’indebitamento ha indebolito qualunque Stato che lo abbia praticato. Genova e Venezia sono le uniche repubbliche italiane rimaste indipendenti. Sembra che la Spagna abbia appreso questa pratica dall’Italia, e alla fine del XVI secolo era largamente indebitata, quando l’Inghilterra non doveva ancora uno scellino ad alcuno. Anche la Francia soffre di un grosso fardello di debito. Può darsi che la spesa militare, e il corrispondente peso fiscale, dell’Inghilterra sia stata abbastanza leggera da far sì che il capitale privato sia rimasto abbastanza forte da riparare tutti i guasti che gli sprechi e la prodigalità del governo vi avevano creato, ma un’altra guerra potrebbe ancora comprometterlo. E dovremmo ricordare che, quando i debiti pubblici si sono accumulati, vi sono pochi esempi che indichino che essi vengano poi ripagati del tutto e in maniera equa».

- Distillato della Teoria dei sentimenti morali

• «Tutti gli esseri umani provano per gli altri un sentimento naturale. Anche i peggiori avvertono un po’ di pietà quando gli altri soffrono. Sussultiamo quando vediamo qualcuno che sta per essere colpito e ci agitiamo quando guardiamo le acrobazie dei funamboli. E prendiamo parte anche alla felicità altrui. Chiamiamo questo sentimento “simpatia”. “Per quanto egoista si possa ritenere l’uomo, sono chiaramente presenti nella sua natura alcuni princìpi che lo rendono partecipe delle fortune altrui, e che rendono per lui necessaria l’altrui felicità, nonostante da essa egli non ottenga altro che il piacere di contemplarla”».

• «Provare molto per gli altri e poco per noi stessi, trattenere il nostro egoismo e lasciarci andare alle affezioni benevole costituisce la perfezione della natura umana, ed è l’unica cosa in grado di produrre quell’armonia di sentimenti e passioni nella quale consiste la loro grazia e la loro appropriatezza».

• «Noi crediamo che un’azione positiva meriti un premio solo quando deriva da una motivazione positiva; allo stesso modo, pensiamo che un’azione negativa debba essere punita solo se deriva da una motivazione dannosa. (…) Ovviamente, non possiamo sapere cosa c’è nella mente e nel cuore delle persone, per cui, piuttosto che punire quelle persone nelle quali sospettiamo che alberghino motivazioni malvagie, puniamo le persone solo quando le loro azioni sono intese a causare dei danni. Perfino i rapinatori e gli assassini possono vivere assieme in pace, se essi si asterranno dall’obbedire ai loro impulsi di rubare o di uccidere. Chiamiamo “giustizia” le regole che usiamo per evitare che alcune persone facciano del male ad altre. Senza giustizia, la società non potrebbe sopravvivere: per questo motivo il nostro istinto a preservarla è così forte».

• «La coscienza ha una funzione sociale importante. Ci impedisce di essere troppo assorbiti da noi stessi e di dimenticarci degli altri. La perdita di un mignolo ci è più immediata di un terremoto che distrugge l’intera Cina. Ma la coscienza non ci permetterebbe di lasciar morire così tante vite, se col sacrificio del nostro mignolo potessimo decidere di salvarle. Per la natura tutte le persone sono importanti, e la coscienza ci mette un po’ in quella prospettiva. Ci rende riluttanti a far del male agli altri per il nostro mero guadagno personale».

• «Per Smith, la moralità è una questione di psicologia sociale. Alcune regole dell’agire generano una società ben funzionante. Quando vengono seguite, la società prospera, quando non lo sono, la società è distrutta. Smith scriveva un secolo prima di Darwin, ma cerca di esprimere una visione evoluzionistica: la natura ci ha dotato di coscienza e moralità per aiutarci a sopravvivere».

• «Anche i ricchi ci recano giovamento, senza volerlo. Danno lavoro a tutte quelle persone che creano gli oggetti di lusso e gli status symbol che essi richiedono; ciò rende tutto più equilibrato. I supposti benefici della ricchezza possono essere un’illusione, ma la ricerca della ricchezza porta le persone a fare grandi sforzi, il che migliora non solo le manifatture, ma, con esse, anche la scienza, le arti e la vita intellettuale».

• «Una persona davvero virtuosa esercita prudenza, giustizia e generosità. La prudenza aiuta a moderare gli eccessi dell’individuo e quindi aiuta la società. Le regole della giustizia ci impediscono di far male al prossimo. La generosità promuove la felicità altrui, e quindi aiuta anche la società nel suo complesso».

• «L’affetto per il nostro Paese implica rispetto per le sue istituzioni, il che però a volte non si concilia con il rispetto per le altre persone. In tempi torbidi, le istituzioni di un Paese si possono scontrare con la felicità dei suoi cittadini. I politici allora cominciano a proporre di rovesciare queste istituzioni e di rimpiazzarle con alternative “razionali”. Ma dovremmo ricordare che le istituzioni antiche offrono benefici reali, dei quali i riformatori non sono coscienti, e che ogni individuo ha le proprie motivazioni, che si possono sottomettere facilmente ai grandi piani dei politici. La libertà e la natura umana costituiscono delle guide più affidabili nella costruzione di una società armoniosa e funzionante, rispetto alla supposta ragione dei visionari e dei fanatici. “L’uomo animato da spirito di sistema […] sembra ritenere di poter sistemare i membri di una grande società con la stessa facilità con cui sistema i pezzi su una scacchiera. Non considera che […] nella grande scacchiera della società umana ogni singolo pezzo ha un principio di moto autonomo, del tutto diverso da quello che la legislazione può decidere di imporgli”».

• «L’analisi etica di Smith, qui, è molto simile alla sua analisi economica. La moralità e il mercato costituiscono ambedue dei sistemi funzionali. Funzionano in base a princìpi istintivi e, lasciati a se stessi, funzionano generalmente bene nella promozione del benessere umano. Se avessimo altri istinti, più distruttivi, non saremmo qui a parlarne. Dovremmo dunque essere cauti nel cercare di modellare questi sistemi in modi che potrebbero apparirci sensati ma che, in realtà, potrebbero destabilizzare l’intero meccanismo».