VARIE 9/5/2015, 9 maggio 2015
APPUNTI PER GAZZETTA - LA PARATA DI PUTIN
REPUBBLICA.IT
MOSCA - Scenografia imponente e parata colossale su una Piazza Rossa inondata dal sole. E’ la marcia militare del V-day a Mosca. Le celebrazioni per il 70esimo anniversario della vittoria sulla Germania nazista offrono una cornice grandiosa e imperiale: una vera dimostrazione di forza. A fare gli onori di casa è Vladimir Putin, che quest’anno, oltre al tradizionale discorso, annuncia un minuto di silenzio in memoria delle vittime sovietiche: 27 milioni.
Mosca, V-day: i momenti salienti della parata
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In tribuna i big partner della Russia: in particolare l’Oriente in pompa magna, a partire dal leader cinese Xi Jinping (con cui Mosca ha stretto una partnership strategica a tutto campo), sino al presidente indiano Pranab Mukherjee. Oltre a loro, i presidenti di India, Sudafrica e Cuba. E il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. Di contro, i Paesi fondatori dell’Ue sono rappresentati ma non assistono alla parata.
In tribuna siede meno della metà dei 68 leader mondiali invitati (per il 60esimo, invece, erano presenti 53 tra capi di Stato e di governo). Il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, depone oggi fiori sulla tomba del Milite ignoto ai Giardini di Alessandro. Come lui, anche il capo della diplomazia francese Laurent Fabius. Dei leader G7 arriverà a Mosca soltanto la Cancelliera tedesca Angela Merkel, ma lo farà all’indomani della parata, domenica 10, quando con Putin parteciperà a una cerimonia commemorativa. Non si tratta quindi di un boicottaggio totale da parte dell’Ovest, ma di un segnale chiaro a Mosca, soprattutto dopo l’annessione della penisola di Crimea, avvenuta all’inizio della crisi ucraina a marzo 2014. Il messaggio è un no alla dimostrazione muscolare di una parata militare, senza tuttavia rinunciare a portare l’omaggio al sacrificio sovietico e alla vittoria, costata decine di milioni di vite umane, sul nazifascismo.
Quanto agli Usa, ad aprile era stato annunciato che l’invito del Cremlino ad assistere alla parata era stato rifiutato da Barack Obama. Gli Stati Uniti hanno poi fatto sapere che oggi sono comunque rappresentati dall’ambasciatore in Russia, John Tefft. Si profila poi una prossima visita di John Kerry a Sochi.
In tutto sono 200 i veicoli blindati a sfilare sulla Piazza Rossa, oltre a 15.000 truppe russe, 1.300 soldati stranieri, tra cui guardie d’elite serbe, guardie d’onore cinesi e granatieri indiani. Nonché 150 aerei da combattimento. Quest’anno dopo la parata, altre 165mila persone porteranno le foto di parenti che hanno combattuto in guerra: chi è stato ucciso, chi venne ferito, chi si espose al sacrificio per salvare i propri cari o per mettere in salvo soltanto degli sconosciuti. Tutte icone di eroismo del popolo, il trionfo del cittadino comune. E comunque un momento di estremo patriottismo, molto sentito e alimentato dai mezzi di comunicazione di massa, nonché dagli addobbi di gusto decisamente retrosovietico.
Da giorni bandiere rosse verticali ornano i punti strategici e di maggior passaggio della capitale. Dal Kutuzovskij Prospekt, la principale arteria in direzione Cremlino, sino alla Piazza del Trionfo, dove la statua del poeta Vladimir Majakovskij (il preferito da Stalin) crea accanto agli stendardi la sensazione di un viaggio nel tempo.
La parata militare di oggi è per la Russia anche un’occasione per sfoggiare la propria potenza bellica in quella che è una vera e propria vetrina dei più moderni moderni mezzi militari russi: il pezzo forte della sfilata è il carro armato T-14 Armata, nuova punta di diamante dell’esercito russo, ma sono presenti anche numerosi altri nuovi mezzi corazzati e complessi missilistici.
Nel corso della giornata, Putin si è anche messo alla testa della marcia: tra le mani, al pari di alcuni tra i 250.000 partecipanti, un ritratto del padre, che in quella guerra ha combattuto. Poi ha ringraziato il contributo dato dagli Alleati alla vittoria sulla Germania nazista. La vittoria "continuerà sempre a essere il vertice eroico della storia del nostro Paese ma ricordiamo anche i nostri alleati nella coalizione anti Hitler. Ringraziamo i popoli di Regno Unito, Francia e Stati Uniti per il loro contributo alla vittoria", ha affermato intervenendo davanti agli invitati alla parata militare del Giorno della vittoria nella Piazza rossa a Mosca.
ANALISI DI ANNA ZAFESOVA
E’ stata “la nostra vittoria”, come molti diplomatici e politici russi commentavano negli ultimi giorni il rifiuto dei leader occidentali di venire a Mosca ad assistere alla parata del 9 maggio. Un evento che perfino ai tempi sovietici era il momento per sottolineare che la Russia è stata, e può essere di nuovo, alleata dell’Europa e dell’Occidente, stavolta è servito per tracciare definitivamente i contorni del posto separato di Mosca rispetto al resto del mondo. Alle celebrazioni del giorno che ha cambiato il destino dell’Europa non c’era un solo esponente dell’Ue, e Putin era circondato da leader asiatici e sudamericani per lo più del club anti-occidentale (il nordcoreano Kim Jong-un all’ultimo momento gli ha evitato l’imbarazzo della sua presenza per dedicarsi al lancio di un nuovo missile). Ma soprattutto non c’era l’Ucraina, non rappresentata né dai soldati (gli eserciti di alcuni altri Paesi ex sovietici hanno partecipato alla sfilata), né dai politici. Petro Poroshenko – che “comunque non era stato invitato”, si è difeso all’ultimo momento l’ufficio stampa del Cremlino – ha preferito aderire alle celebrazioni europee. E proprio in quanto ex sovietico, ha provato a spiegare ai nuovi alleati occidentali che i russi vogliono avere una Vittoria tutta loro: “In Europa si celebra la memoria dei caduti, in piazza Rossa sfilano le armi che hanno ucciso nel Donbass”.
In effetti, è strano che Mosca abbia potuto immaginarsi che i leader europei sarebbero venuti ad ammirare la sfilata dei parà che hanno annesso la Crimea, i famosi “omini verdi”, o il passaggio dei missili Buk, come quello che ha abbattuto nel luglio scorso il Boeing malese sopra il Donbass (e che, per curioso pudore, è stata l’unica arma la cui apparizione non è stata annunciata dagli altoparlanti). Ma quella di Putin è un’altra Vittoria, in un altro giorno (il 9 maggio contro l’8 maggio europeo, un trucco del fuso orario inventato già da Stalin), di un altro Paese, l’Unione Sovietica, in un’altra guerra, la Grande guerra patriottica che per i russi resta una faccenda tra loro e i tedeschi cominciata solo nel 1941. Anche perché nel 1939 Stalin si spartiva la Polonia, il Baltico e la Finlandia con Hitler. E perché i polacchi, i cechi e gli ucraini si sentono vittime di due totalitarismi, e ieri a Kiev venivano festeggiati omaggiati di papaveri (che fa parte della liturgia europea, invece dei garofani rossi sovietici) i veterani dell’Armata Rossa come quelli dell’Upa, l’armata nazionalista che aveva combattuto i sovietici fino agli anni ’50, e che durante la guerra si era macchiata di alleanze con i tedeschi. Per Putin la spartizione dell’Europa a Yalta e Potsdam, con l’Est “premio” per il contributo dell’Armata Rossa, resta la giustificazione delle sue pretese odierne sull’Ucraina, e ogni tentativo di ricordare che per molti popoli le occupazioni sono state due viene bollato da Mosca come “falsificazione della storia” e “revisione dei risultati della guerra”.
Quello che era partito come tentativo della diplomazia russa di trascinare a Mosca i leader internazionali e mostrare come il Cremlino non fosse isolato, è diventato alla fine la rivendicazione di un’orgogliosa solitudine. L’Europa celebra la fine di un incubo e la memoria di una tragedia, con particolare enfasi sulla Shoah, la Russia festeggia una Vittoria con toni strombazzanti e sempre più militaristi, e le commesse e le cameriere si infilano striminzite uniformi da soldatesse mentre sugli autobus appaiono slogan come “Siamo arrivati a Berlino, arriveremo anche a Roma” oppure “Su questo mezzo è vietato l’accesso a Barack Obama”. Che nello stesso tempo la diplomazia ufficiale si offende per la defezione di Obama dai festeggiamenti fa parte di una dissociazione cognitiva tutta da rimarginare, dove i russi continuano a cercare la loro collocazione nel mondo solo ed esclusivamente rispetto all’Occidente, nonostante l’ospite più importante alla parata sia stato Xi Jinping, che ha onorato Putin con una visita di ben tre giorni (e ne ha approfittato per negoziare i prezzi del gas e delle armi).
CORRIERE.IT
«La creazione di un sistema di sicurezza paritario per tutti i Paesi deve essere il nostro obiettivo comune, un sistema costruito su un fondamento globale e regionale, non per blocchi, per fornire una risposta adeguata alle minacce moderne» queste le parole di Putin in occasione della celebrazione dei 70 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale. Una grande parata nella Piazza Rossa di Mosca e i numeri sono da record: 15 mila soldati russi, 1.300 militari stranieri, circa 200 mezzi corazzati e 143 tra aerei ed elicotteri per quella che è stata annunciata come la più imponente parata della Russia contemporanea. Assenti i leader occidentali (Reuters)