Marcello Sorgi, La Stampa 9/5/2015, 9 maggio 2015
Da quando i papi non sono più italiani, si tengono a debita distanza dalla politica romana, lasciando semmai ai vescovi il compito di formulare periodicamente i loro richiami ai valori
Da quando i papi non sono più italiani, si tengono a debita distanza dalla politica romana, lasciando semmai ai vescovi il compito di formulare periodicamente i loro richiami ai valori. Anche Francesco, che pure ha un suo estemporaneo stile di comunicazione, non sfugge a questa regola. Eppure sarà destinata a far discutere l’intervista rilasciata a marzo a un parroco delle favelas di Buenos Aires, don Pepe, e dedicata in gran parte ai problemi delle aree più emarginate del Paese di Bergoglio, in cui il pontefice, a sorpresa, e sempre parlando dell’Argentina, si dichiarava a favore del finanziamento pubblico dei partiti. A riproporla, adesso, è il senatore Ugo Sposetti, gran capo dei tesorieri delle fondazioni vicine al Pd, che da tempo conduce una sua personale battaglia contro la legge che, dopo i numerosi casi di corruzione emersi negli ultimi anni, ha cancellato il sostegno di Stato alle formazioni politiche. «È una delle cose che dobbiamo raggiungere - dichiarava papa Francesco a Don Pepe -, una campagna elettorale di tipo gratuito, non finanziata. Perché nel finanziamento della campagna elettorale entrano in gioco molti interessi che poi ti chiedono il conto». Ma poi, prendendo atto della necessità di avere dei fondi per la propaganda, Francesco aggiungeva: «In ogni caso che il finanziamento sia pubblico. Io, come cittadino, so che finanzio questo candidato con questa precisa somma di denaro. Che tutto sia trasparente e pulito», concludeva il Papa. Pubblicata inizialmente su «La Carcova», periodico delle missioni cattoliche nelle periferie di Buenos Aires, e ripresa in Italia dal quotidiano cattolico «Avvenire», che com’è logico ne aveva sottolineato di più gli aspetti spirituali, l’intervista riguardava strettamente la realtà argentina. Se Sposetti ha deciso di farla circolare, non è certo per forzare il pensiero di Francesco («Ci mancherebbe!», obietta il senatore), ma per sollecitare una riflessione sulle conseguenze di una decisione imposta dall’allarme crescente per la corruzione, ma le cui conseguenze si stanno facendo pesantemente sentire nelle amministrazioni dei partiti, costrette a ristrutturazioni durissime, a cominciare da Forza Italia e a continue raccolte di fondi che in nessun caso riescono a sostituire il finanziamento pubblico. «Basta guardarsi attorno per capire - insiste Sposetti - e forse per cominciare a ripensare al modo di rimediare a una scelta che ha tagliato alla radice il problema dei costi della politica, senza affrontarlo seriamente né risolverlo. Non si tratta di fare marcia indietro. Ma di capire che il Papa coglie nel segno quando dice che la politica non può essere indipendente, se accetta di farsi finanziare per difendere interessi particolari».