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 2015  maggio 08 Venerdì calendario

Notizie tratte da: Maarten Van Aalderen, Il bello dell’Italia, Albeggi edizioni 2015, pp. 152, 15 euro

Notizie tratte da: Maarten Van Aalderen, Il bello dell’Italia, Albeggi edizioni 2015, pp. 152, 15 euro.

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Lamentele La giornalista brasiliana Gina de Avezedo Marques sulla differenza tra brasiliani e italiani: «Se chiedi a un brasiliano come va ti risponde che va tutto bene, però poi ti rimane il dubbio se sia veramente così. Se invece lo chiedi a un italiano, lui risponde sempre con qualche lamentela, ma poi ci ride sopra».

Cinture La giornalista brasiliana Gina de Avezedo Marques dice che dell’Italia la cosa che più la colpisce è l’ironia, la satira, il senso dell’umorismo: «Quando è stato introdotto l’obbligo di mettere la cintura di sicurezza in macchina a Napoli hanno fatto delle magliette con una banda nera trasversale che riproduceva, appunto, una cintura. Lo hanno fatto per ingannare le autorità».

Patonza «Un altro esempio di ironia che mi viene in mente è quando Marina Ripa di Meana per una causa animalista si fece fotografare nuda per protestare contro le pellicce. Benigni le disse che avrebbe dovuto togliersi la sua patonza di 4 metri e 40!» (la giornalista brasiliana Gina de Avezedo Marques).

Pernacchia In Italia, anche il fare la pernacchia è, secondo Gina de Avezedo Marques, un esempio di satira. «Fa vedere in modo brutale che abbiamo tutti un ano – più in fondo non si può arrivare e che quindi siamo tutti uguali».

Buona tavola 1 La giornalista turca Esma Cakir, che dal 2009 vive a Roma: «L’Italia è per me la patria della buona tavola. In molte culture si mangia per sopravvivere, come sappiamo bene. Gli italiani invece non vivono per mangiare, ma vivono per trasformare il mangiare e bere in un piacere e in un’arte. A loro piace mangiare, anche perché così possono stare insieme e chiacchierare. Quando torno a Istanbul lo noto sempre di nuovo. La cena dura una ventina di minuti. Si parla molto meno. Poi tutti si alzano. Ognuno fa qualcosa di diverso: qualcuno lava i piatti, qualcun altro va a fumare, un altro mangia il dolce, un altro si siede sulla poltrona, ognuno nel proprio mondo. Quanto è diverso in Italia! Qui a Roma mi capita di pranzare e stare a tavola nel fine settimana per quattro, cinque ore. In Italia si sta veramente a tavola insieme, è un piacere indispensabile per gli italiani. Per non interrompere il rito della tavola si mangiano anche cose preparate al momento, aspettando con calma».

Buona tavola 2 La giornalista turca Esma Cakir: «C’è molto più cibo fresco in Italia rispetto a noi in Turchia. Gli italiani sono bravissimi a proteggere questa loro cultura. In Turchia nei ristoranti cucinano prima e quindi non servono piatti freschi. Temono che altrimenti i clienti si lamentino perché devono aspettare troppo tempo e che possano alzarsi e andare via. Ho imparato qui ad avere pazienza e ad apprezzare quello che arriva a tavola».

Solidarietà 1 La giornalista algerina Nacéra Benali, è colpita dal senso di solidarietà che caratterizza gli italiani e dalla forte presenza di volontariato su tutto il territorio «senza che ci sia dietro un calcolo e senza pregiudizi». In molte occasioni ha notato infatti che anche chi non ha grande disponibilità economica mostra solidarietà nei confronti dei più deboli e delle persone in
difficoltà in genere. Nei mesi del conflitto tra israeliani e palestinesi nel 2014, Nacéra si è impegnata per aiutare la popolazione colpita a Gaza dai raid aerei israeliani. «Ho notato che molti italiani, anche persone comuni, hanno dimostrato molta solidarietà, nonostante la crisi economica e nonostante il tentativo di molti di fare degli immigrati il capro espiatorio della crisi» racconta. «Mi ricordo per esempio una signora che partecipava a una manifestazione contro la guerra. Non aveva una bandiera, così si era vestita con i colori della bandiera palestinese, diventando per questo il soggetto di una foto bellissima. Mi diceva che era disoccupata, separata, con un figlio a carico, in grande difficoltà economica. Ma mi diceva anche che voleva in ogni caso mostrare solidarietà per coloro che stavano ancora peggio di lei».

Solidarietà 2 La giornalista algerina Nacéra Benali è anche colpita dalla disponibilità e dall’aiuto degli abitanti di Lampedusa ai tanti migranti che arrivano continuamente sull’isola. «Quale altro paese ha questi continui flussi di immigrati? Eppure i lampedusani li aiutano. Aprono perfino le loro case per accoglierli. Potrebbero lamentarsi, anche del fatto che questa situazione di continua emergenza danneggi il turismo locale, ma si rendono conto
della condizione degli immigrati e continuano a dimostrarsi solidali con loro, anche a proprio rischio, perché chi aiuta i clandestini commette un reato, anche se per fortuna la legge ora è cambiata. I cittadini di Lampedusa pensano che non possono voltare le spalle e far finta di niente. Sono convinti che in queste situazioni ha più valore aiutare un essere umano piuttosto che seguire le esigenze della politica o i dettati della legge. E loro stessi si comportano come esseri umani. E rischiano anche, perché tra gli immigrati ci sono gli scafisti, che non sono certo persone gentili e tranquille, ma dei delinquenti. E non è facile distinguerli dai bisognosi».

Eataly Il giornalista finlandese Petri Burtsov abita a Roma nel quartiere Testaccio e ha una passione per Eataly, dove va due volte a settimana: «Ci sono cinquanta tipi di pasta, cinquanta tipi di olio, per non parlare della possibilità di scelta per quanto riguarda i vini». Ma c’è anche qualche altro aspetto positivo che incoraggia a fare lì la spesa. «Nel fine settimana puoi anche assaggiare alcuni prodotti e c’è sempre qualche chef che te li fa conoscere. Queste degustazioni non le avevo mai sperimentate in Finlandia. È una cosa davvero molto piacevole».

Moda La giornalista russa Elena Pouchkarskaia adora la moda italiana. «È uno dei motivi per cui amo vivere in Italia. Perché voglio essere vicina alle cose che mi piacciono. Sono un po’ shopaholic (“shoppingdipendente”)»

Loro Piana 1 La giornalista russa Elena Pouchkarskaia: «Andavo spesso alla boutique Loro Piana di via Condotti e guardavo e toccavo i suoi tessuti. Piano piano ho capito sempre di più che sono dei tessuti straordinari. Le specialità di Loro Piana sono il cashmere, il baby cashmere (ottenuto dal sottovello dei cuccioli di capra Hyrcus) e la vicuña, che viene chiamata “la fibra
degli dei”, tutti tessuti di lana finissima. La forza del marchio è proprio l’elaborazione dei tessuti».

Loro Piana 2 La storia di Loro Piana, racconta la giornalista russa Elena Pouchkarskaia, è antica di sei generazioni e comincia già ai primi dell’Ottocento. «È però nel 1924 che Pietro Loro Piana fonda a Quarona l’azienda di lavorazione della lana». «Il cashmere di Loro Piana si ricava dal piccolo di capra Hyrcus che non ha ancora un anno. L’animale viene tosato solo una volta nella
vita. Per questo è così prezioso». Loro Piana agisce nel rispetto della vita dell’animale. «Per la lavorazione del baby cashmere, per esempio, si prende solo un etto di pelo del caprettino, un pelo molto fine, e lo si ricava pettinando il sottovello». Lo stesso approccio vale per la lavorazione delle lane pregiate degli altri animali. «La vicuña è un animale che vive in America Latina che stava per scomparire. Ma Loro Piana nel 2008 ha comprato in Perù terreni per duemila ettari dove allevare questi graziosi animali, che lì vivono benissimo. Per cui c’è armonia totale tra uomini, animali e produzione industriale». Per una maglietta ci vuole la lana di sei vicuñe e per un cappotto di ben trentacinque: «Loro Piana fa delle cose eccellenti, ed è per questo che i prezzi dei capi in vendita sono alti».

Loro Piana 3 Loro Piana non utilizza solo la lana pregiata degli animali ma anche altre fibre particolari. «Un esempio è il loto, un fiore che cresce nelle zone paludose con il quale Loro Piana ha realizzato un tessuto straordinario per confezionare per esempio giacche estive, fresche e leggerissime, davvero preziose» (la giornalista russa Elena Pouchkarskaia).

Loro Piana 4 L’impresa Loro Piana è andata sempre benissimo dal punto di vista economico. «Nel 2012 ha avuto un fatturato di 570 milioni di euro, il 13% in più rispetto all’anno precedente». Nonostante questo, a dicembre 2013 ha venduto l’80% delle azioni al colosso francese LVMH. «Il mondo era sotto choc. Nessuno se lo aspettava, perché gli affari andavano benissimo. Ma Loro Piana non ha venduto le azioni perché andava male, al contrario. L’operazione era necessaria per aprire nuove prospettive al marchio. Altrimenti non ci sarebbero state abbastanza risorse per andare avanti. Ora la produzione può contare su maggiori finanziamenti, mentre la qualità e il marchio rimangono
gli stessi. L’azienda è stata venduta, ma non il marchio, che rimane italiano. La forza del marchio è sempre italiana» (la giornalista russa Elena Pouchkarskaia).

Uva La giornalista americana Monica Larner, specializzata nel settore enologico, dice che l’uva è un modo eccellente per raccontare l’Italia. «Perché questo Paese ha vitigni che non esistono in nessun altro posto del mondo. Ogni regione dell’Italia ha la sua identità [...] L’Italia nell’antica Grecia era già stata utilizzata come un grandissimo vivaio. All’epoca piantavano i semi. Ora fanno invece delle clonazioni. L’Italia oggi ha più di tremila qualità di uva, di cui settecento sono ufficialmente registrate. Nessun altro Paese del mondo ne può vantare così tante».

Vino «Il nebbiolo rappresenta bene l’austero carattere piemontese, ha un grande tannino e una struttura con il gusto più fermo in bocca. Il sangiovese, che è molto più fruttato, con un tannino più morbido e più delicato, riflette un po’ la nobiltà della Toscana. Un vitigno del Nero d’Avola è molto più forte, ha degli aromi dicontrasto tra pistacchio e mandorla, dove si sente qualche volta perfino il finocchio selvatico. È un vino in cui si possono sentire molto bene i momenti della primavera siciliana. Quindi la bellezza del vino italiano è nella sua capacità di far “assaggiare” il carattere del territorio» (la giornalista americana Monica Larner)

Archeologia del vino «In Campania ci sono ancora delle persone che fanno crescere l’uva sugli alberi. Lo facevano gli antichi greci ed evidentemente ancora oggi esiste questa metodologia. È praticamente un’archeologia del vino» (la giornalista americana Monica Larner).

Stabena Il giornalista egiziano Mahdi El Nemr dice che alcune espressioni della lingua italiana fanno parte del linguaggio e del dialetto egiziano. «Come l’espressione stabena, che i nostri contadini usano quando stipulano un accordo e che hanno ripreso dagli italiani che commerciavano in Egitto. Stabena
non è altro che una contrazione dell’espressione “ti sta bene?”.

Stromboli 1 Il giornalista svedese Peter Loewe ha una passione per Stromboli e soprattutto per Iddu (“Lui”, in dialetto siciliano), come gli isolani chiamano il vulcano. «Lo chiamano così come se fosse una persona, nei confronti della quale c’è rispetto e, talvolta, timore». Continua Loewe: «Il 90% dell’isola è il vulcano. Due terzi del vulcano sono sotto l’acqua. Si tratta del vulcano più attivo e forse più monitorato al mondo. Non a caso i vulcanologi di tutto il mondo parlano di “attività stromboliana” quando vogliono indicare un vulcano sempre attivo. A causa delle continue eruzioni, l’isola è sempre stata utilizzata come faro. Iddu ha mediamente sette, otto eruzioni all’ora. Questo è il suo ritmo di respiro normale. Il vulcano scandisce il ritmo della vita quotidiana. È fuori dal mondo e fuori dal tempo».

Stromboli 2 A Stromboli Ingrid Bergman visse la sua storia d’amore con Rossellini, appena lasciato da una gelosissima Anna Magnani che lo aveva liquidato con un piatto di “ferrazzuoli” in faccia durante una cena nella locanda di Bacco, in costiera amalfitana.

Stromboli 3 Il giornalista svedese Peter Loewe, di Stromboli, ama anche il paesino di Ginostra: «È un paese molto isolato. C’è un vecchio porto, Pertuso, che vuol dire “buco”. Le prime volte che ci sono stato l’elettricità non c’era ancora. È arrivata solo nel 2004, tra le proteste dei locali, che non la volevano perché avrebbe cambiato tutto. Non ci sono spiagge. È un posto sperduto. In passato vi trovavano talvolta rifugio latitanti e clandestini. Non ci sono neanche le Api, ma soltanto sei o sette asini che si occupano dei trasporti». Il paesino ha un ufficio postale «che apre due volte alla settimana se il personale riesce ad arrivarci» continua Loewe «e non c’è la polizia. C’è una chiesa, che però sta crollando, e il prete è morto. E ci sono due negozi di alimentari». Loewe racconta anche di un “evento” di alcuni anni fa: la nascita nel paesino di una bambina, Gaia. «Erano quarantadue anni che non succedeva».

Stromboli 4 Il giornalista svedese Peter Loewe ama andare alla spiaggia in fondo a Piscità, dove finisce la strada selciata e inizia la mulattiera. «Lì crescono i capperi, se non li cogli fanno fiori incredibili. Da quelle parti c’è una casa che si chiama Cantalanotte. A Stromboli molte case hanno un nome. Non sono l’unico ad amare quest’isola. C’è anche il Presidente Napolitano. Parte con la nave da Napoli e scende la mattina prestissimo a Stromboli».

Pantelleria 1 Il giornalista danese Jesper Storgaard Jensen è innamorato dell’isola di Pantelleria. Dice che una delle prime cose che colpisce è il vento, uno degli elementi caratterizzanti dell’isola. «Infatti la parola Pantelleria viene dall’arabo e significa “figlia del vento”.

Pantelleria 2 Il giornalista danese Jesper Storgaard Jensen è anche colpito dalla varietà dell’isola. «Non è un’isola uniforme. La parte più a sud, che i locali (i panteschi) chiamano Dietro l’Isola, ha una strada, detta la perimetrale, che ti porta lungo tutto il perimetro e da cui hai una vista a strapiombo fantastica, dove trovi per esempio un pineto con un profumo molto forte. Ma puoi prendere anche una strada asfaltata fino al punto più alto, dove c’è una notevole differenza di temperatura rispetto a sotto. C’è un lago interno dal cui bordo vengono in superficie delle bollicine. È acqua calda, che sale dalle viscere del lago. Ci sono anche delle piccole piscine in cui l’acqua raggiunge i 50-60 gradi. Lì puoi fare il bagno fino a novembre. Tutti questi fenomeni naturali ti sorprendono e stupiscono».

Pantelleria 3 Il giornalista danese Jesper Storgaard Jensen dice che Pantelleria «è un’isola soprattutto nota per il cappero. Si usa molto nella cucina locale. Nella famosa insalata pantesca, un piatto freddo a base di patate, pomodori e aromi vari, i capperi non devono mai mancare. Ci sono dei piatti molto buoni con nomi arabi». Jesper racconta che una scrittrice locale ha scritto un
libro di ricette dove in ognuna ci sono i capperi.

Pantelleria 4 L’isola vanta anche una certa frequentazione vip. «Armani ha la casa a Pantelleria e ci viene ogni anno. Ce l’ha anche il fotografo Fabrizio Ferri. In passato, sono venuti a trovarlo cantanti famosi come Sting e Madonna. Anche personalità note hanno una casa a Pantelleria, come l’architetto Fuksas e diversi attori e politici. L’isola è conosciuta un po’ anche per questo» (il giornalista danese Jesper Storgaard Jensen).

Colombaie AOrvieto la giornalista argentina Elena Llorente è stata colpita fra l’altro dalle colombaie della città. «Nel Medioevo gli abitanti facevano, in modo molto intelligente, dei buchetti nelle pareti di tufo nella cantina sotto casa in modo che vi potessero entrare le colombe, che lì facevano le uova. Ogni casa praticamente aveva nel sottosuolo una colombaia – che potrebbe essere considerata quasi come il pollaio di oggi – con una sorta di finestra aperta verso l’esterno, attraverso la quale entravano le colombe. Questo era possibile grazie al fatto che Orvieto è stata costruita su una rupe di tufo alta circa cinquanta metri sul livello della valle che la circonda».

Istruzione 1 La giornalista israeliana Sivan Kotler ritiene che in Italia l’istruzione, spesso molto criticata da tutti, mostri in realtà segni di miglioramento. Il primo segnale positivo che vuole sottolineare è il miglioramento dell’apprendimento degli studenti certificato dal rapporto Osce (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) del settembre 2014. Il
rapporto parla anche dell’aumento del numero delle donne che si laureano, soprattutto in settori tradizionalmente considerati maschili, come l’informatica, l’ingegneria e la fisica. «In Italia questo è un dato molto positivo, un fatto che non lascia indifferenti» dice Sivan.

Istruzione 2 C’è poi un altro dato che la giornalista israeliana Sivan Kotler tiene a citare. «L’Italia è ai primi posti per accesso all’istruzione pre-primaria: si parla infatti di oltre il 90% dei bambini di tre anni iscritti alla scuola dell’infanzia, rispetto alla media del 70% di altre nazioni. E la percentuale aumenta ancora di qualche punto se si prendono in considerazione i bambini
di quattro anni. Qui l’Italia si avvicina molto agli standard di Germania, Spagna e Regno Unito».

Istruzione 3 «Dati alla mano, solo nel 2014, oltre settemila studenti italiani delle classi superiori hanno studiato all’estero con programmi di lunga durata e sempre più studenti stranieri, oltre tremila, hanno scelto l’Italia come soggiorno di formazione didattica e culturale. Si tratta di un 14% in più rispetto al 2011»
sottolinea Sivan. Tutto questo indica che un numero consistente di istituti superiori italiani, circa il 68% del totale, ha deciso di partecipare a un progetto internazionale. «Non è un risultato da sottovalutare» afferma la giornalista «specie se lo confrontiamo con il dato del 2011, che registrava una media del 50%. Il trend è molto positivo, come dicevo. E questo è la spia di una crescita della consapevolezza degli studenti, delle loro famiglie e anche degli insegnanti italiani, che seguono i ragazzi in anni molti importanti per la loro formazione come individui e come cittadini» (la giornalista israeliana Sivan Kotler).

Milan 1 Il giornalista cinese Ma Sai, grande tifoso del Milan: «Il mio amore per il Milan è nato come naturale conseguenza della mia passione per il calcio. Era il 1990, l’anno dei Mondiali in Italia. Italia Novanta, appunto. Guardavo tutte le partite con mio padre».

Milan 2 Il giornalista cinese Ma Sai : «In Cina si dice che ci siano trecento milioni di tifosi di calcio, di cui la metà milanisti. Ci sono centocinquanta milioni di tifosi del Milan in Cina, un numero incredibile» «Siamo stati colpiti anche dallo scandalo di calciopoli nel 2006, in cui purtroppo anche il Milan è stato coinvolto. I tifosi cinesi erano molto amareggiati che il Milan fosse implicato, mentre invece proprio l’Inter ne era rimasto fuori. Per questo motivo il
Milan ha perso molti tifosi. Prima erano duecento milioni, ma dopo lo scandalo cinquanta milioni hanno abbandonato la squadra e sono rimasti in centocinquanta. Molti di quelli che non tifavano più per il Milan sono poi diventati tifosi dell’Inter!».

Studenti L’iraniano Hamid Masoumi Nejad: «Ci sono ogni anno più di mille studenti iraniani che vengono in Italia perché vogliono studiare in questo Paese imparando anche l’italiano».

Berlinguer Il giornalista greco Teodoro Andreadis Synghellakis è
profondamente legato alla città di Roma. L’ uomo politico a cui si sente più legato: Enrico Berlinguer. «Come undicenne rimasi impressionato dal funerale. Sembrava quasi un pellegrinaggio laico, tutti rendevano onore alla salma in una maniera che sfiorava la religiosità. Mi ricordo la commozione nel Paese e la stima generale nei suoi confronti. Nelle elezioni successive il PCI risultò il primo partito, come fosse un omaggio al segretario appena scomparso. Nessuno dei leader successivi ha avuto il suo carisma».

Renzi 1 Per il giornalista francese Richard Heuzé, nato nel 1946 a Parigi, «Renzi segna una rottura necessaria nella politica italiana. Ci voleva veramente un cambiamento radicale. E lui lo mette in atto. Fa delle proposte molto innovative, per esempio per il rilancio dell’apparato economico, che è ingessato da molto tempo, ma anche per le riforme istituzionali, una nuova architettura dello Stato e la riforma della giustizia». «C’è un insieme di proposte che il Premier intende portare avanti con decisione. Questo è lo stile di Renzi, in
completa rottura con il passato. Mai si è visto un leader fare in sei mesi cose che gli altri non sono riusciti a fare in una legislatura intera. Anche Silvio Berlusconi voleva cambiare, ma si è fatto prendere dai suoi vizi e ha dimenticato l’obiettivo iniziale, cioè mettere in atto una rivoluzione liberale. Romano Prodi dal canto suo gestiva una situazione, ma non ha mai tentato di cambiare veramente l’Italia». Per la prima volta, secondo Heuzé, troviamo «un leader giovane che non ha legami con la vecchia politica e con la classe che l’ha rappresentata fino a ora, di cui quindi non subisce i ricatti».

Renzi 2 «Renzi ha un progetto per l’Italia, ma anche per l’Europa. Rende il Presidente francese Francois Hollande insignificante, perché è più moderno, dinamico, volitivo e ambizioso. Il Premier inglese Cameron cammina in retromarcia, mentre la Cancelliera Merkel sta attenta a non fare passi falsi. Renzi invece c’è e dà un contributo importante e continua a credere
nell’Europa». (il giornalista francese Richard Heuzé).

Renzi 3 «Quando ho intervistato Renzi a Palazzo Chigi ho notato che ha delle idee molto chiare. Quando gli fai una domanda ti risponde subito. Non ci gira intorno. Quindi non è per niente un democristiano. L’intervista è durata poco, e questo dimostra che Renzi ha grande dimestichezza con le parole» (il giornalista francese Richard Heuzé).

Berlusconi Il giornalista francese Richard Heuzé ha anche intervistato, sette volte, Berlusconi. «Ti riversa subito addosso il suo pensiero e ha un modo che definirei “concentrico” di parlare, cioè torna sempre al punto di partenza. L’ho anche intervistato ad Arcore, nel 2000, è stato divertentissimo. Mi ha preso per la mano e mi ha fatto visitare tutta la villa, con stanze intere dedicate a libri, una piena di statue ovunque, un’altra dedicata ad antichi strumenti musicali bellissimi. Poi siamo finiti presso un pianoforte a coda bianco dove ha iniziato a suonare e ha cantato in francese».

Trattorie 1 Il giornalista giapponese Tetsuro Akanegakubo quando aveva circa vent’anni, è partito da Calcutta in moto – Tetsuro è tutt’ora un appassionato centauro – ed è arrivato a Roma. Non aveva più soldi per potersi permettere di tornare in Giappone. A quel punto ha deciso, un po’ per caso, di rimanere a Roma. C’è qualcosa che Tetsuro non dimenticherà mai del suo soggiorno a Roma, iniziato nel 1960, e che è sempre rimasto nel suo cuore: le trattorie romane. «Nel 1960 il Giappone era un Paese molto povero e l’Italia era molto più ricca. Roma per me era la città delle trattorie. Quell’abbondanza di pastasciutta e bistecche era come un sogno, da non credere. E tutti mangiavano senza problemi nelle trattorie, perché allora un pasto costava poco. C’era
una cucina casalinga, molto buona e abbondante».

Trattorie 2 Il giornalista giapponese Tetsuro Akanegakubo adora le trattorie tipiche che conservano la vecchia tradizione. Un esempio è la trattoria Hostaria Menenio Agrippa in via Nomentana, a conduzione familiare. «Lì fanno un’ottima cucina romana, con piatti tipici della tradizione popolare, come la trippa, i rigatoni con l’intestino (la famosa paiata) e la coda alla vaccinara, come i romani facevano quarant’anni fa, e a prezzi ragionevoli. Ci vado spesso e molto volentieri. E anche l’atmosfera è buona».

Trattorie 3 Una tipica trattoria romana se possibile ancora più autentica, secondo il giornalista giapponese Tetsuro Akanegakubo, è La piccola osteria di Andrea. Si tratta di una trattoria aperta da poco, che si trova nel quartiere romano di Quarto Miglio. Qui la cucina della tradizione e del territorio viene rispettata nel dettaglio e l’atmosfera è decisamente molto buona. «Il proprietario, Andrea, ha solo venticinque anni ed è anche il cuoco. Lavora insieme alla moglie e ha voluto riprendere la tradizione di sua nonna. E ci riesce molto bene. Andrea cucina le fettuccine larianesi, una pasta fatta a mano da lui stesso, con un sugo tipicamente romano, come per esempio matriciana o cacio e pepe. Andrea fa anche la famosa trippa alla romana, le polpette di lesso e variazioni di saltimbocca alla romana», dice il giapponese, indicando con interesse i piatti scritti sul menù. Peraltro La piccola osteria di Andrea, come testimonia il nome, in effetti è una trattoria piccola. «Ci saranno al massimo una ventina di posti» dice Akanegakubo. Ma grazie proprio a questa dimensione, il proprietario instaura un rapporto personale con tutti i suoi clienti. «Andrea viene sempre a tavola per parlare con gli ospiti, per dare dei consigli e racconta come è stato preparato il piatto. Dà molta attenzione a ogni cliente»

Cucina romana Il giornalista giapponese Tetsuro Akanegakubo ha imparato a cucinare secondo la tradizione romana. «Non la trippa, ma la pasta all’amatriciana o all’arrabbiata, come facevano all’epoca, sì, la so fare».