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 2015  maggio 08 Venerdì calendario

IL MAFIOSO GRAMSCIANO JOE IL PAZZO PIACEVA MOLTO AI RADICAL CHIC DI NY A LUI, BOB DYLAN DEDICÒ UNA CANZONE E CARLO LIZZANI PERSINO UN FILM

Boss mafioso, noto killer, affiliato alla Famiglia Procaci con la quale era sceso in guerra da quando mirava a crearsene una sua, Joey Gallo fu ucciso a Little Italy, in un ristorante di Mulberry Street, l’Umberto’s Clam House, il 7 aprile 1972. Era il giorno del suo quarantatreesimo compleanno. Un galoppino della famiglia Colombo l’aveva visto seduto al bancone con la moglie e una guardia del corpo, Peter «Pete il Greco» Diapoulas. Avvertì un soldato di Colombo, che telefonò al boss, il quale ordinò di non perdere tempo. Fu apprestata all’istante una squadra d’assassini e, prima che al tavolo di Joey Gallo, detto Crazy Joe, s’arrivasse al caffè, la commissione era stata eseguita. Quarant’anni dopo l’Umberto’s Clam House è una tappa obbligata per chi voglia visitare le location mafiose di New York. Pare che sulla parete dell’edificio di fronte ci siano ancora (conservati come reliquie) i fori delle pallottole con le quali Pete il Greco rispose al fuoco.
Racconta questa storia, insieme all’intera storia della mafia di New York, dai tempi del padre fondatore Lucky Luciano alle carriere disastrose degli ultimi boss, il giornalista americano Selwin Raab, autore del saggio Le famiglie che hanno creato la mafia (Newton Compton 2015, pp. 756, 9,99 euro, ebook 4,99 euro). Non è la storia più importante del libro, dove ci sono le biografie di Luciano e Vito Genovese, e dove vengono illustrate le tecniche della mafia per massimizzare i profitti del crimine, corrompere poliziotti, ungere giudici e funzionari pubblici, truccare gli appalti, seminare il terrore nei quartieri. Ma ha una sua speciale eloquenza la storia di Joey Gallo, che in carcere faceva liquidare con la stricnina chi gli mancava di rispetto e passava le serate leggendo Jean-Paul Sartre e Antonio Gramsci, e che, una volta uscito di galera, era diventato il beniamino dei radical chic (al pari delle Pantere Nere invitate da Leonard Bernstein al più famoso e famigerato party degli anni Sessanta).
Era stato Crazy Joe, nel 1957, a saldare il conto al boss dell’Anonima omicidi, Albert Anastasia, ucciso in una bottega di barbiere, con lo straccio caldo sulla faccia, su mandato di Joseph Profaci. Era un teppista, un usuraio e un assassino. Eppure, quindici anni dopo, era un’icona della new left affascinata dalla santa canaglia. Quando morì, Bob Dylan gli dedicò una canzone minore, Joey, nella quale lamentava che il killer esistenzialista fosse morto troppo presto (in seguito avrebbe sempre evitato di riproporre questa lagna invereconda nei suoi concerti). Carlo Lizzani, regista italiano di stretta osservanza comunista, girò nel 1974 un film su di lui, Crazy Joe, nel quale tesseva l’elogio di questo mafioso gramsciano, che in carcere era stato illuminato dalla lettura dei Quaderni del carcere come San Paolo sulla via che sappiamo.
Joe il Pazzo era stato ucciso, secondo Lizzani, da mafiosi di destra, nemici del popolo e delle buone cause (anche del suo film si sono perse le tracce, come della canzone di Bob Dylan). Non è una storia di mafia siculoamericana, se non di striscio. È una storia esemplare, però, di mafia culturale, d’omertà intellettuale. Gallo era un criminale noto, un killer di cui si conoscevano le imprese, un mafioso conclamato. Non di meno citava Kant, da una parola in su tirava fuori Hegel o Marx, che conosceva superficialmente, da galeotto autodidatta, e i radical chic lo invitavano alle loro feste, dove lui teneva banco straparlando di Franz Fanon e del Presidente Mao.
Non fingevano di prenderlo sul serio: lo prendevano davvero sul serio. Non gli portavano rispetto soltanto per paura: lo rispettavano davvero. Altrimenti Dylan e Lizzani (quest’ultimo nel suo piccolo) non gli avrebbero dedicato film e canzonette dopo la sua morte. Ci volle un po’ perché si vergognassero d’averne caramellato la memoria. Ma la sinistra radicale inciampa in continuazione in questi pericolosi svarioni dichiarando Cosa Nostra i talebani, Fídel Castro, Pol Pot, Osama bin Laden, Joey Gallo, Che Guevara e i black block.
Diego Gabutti, ItaliaOggi 8/5/2015