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 2015  maggio 08 Venerdì calendario

Fu l’ultima a salutare Cesare Pavese prima del suicidio, il 27 agosto del ’50, quando lo scrittore lasciò la casa torinese della sorella e si diresse verso l’albergo Roma a compiere il suo destino

Fu l’ultima a salutare Cesare Pavese prima del suicidio, il 27 agosto del ’50, quando lo scrittore lasciò la casa torinese della sorella e si diresse verso l’albergo Roma a compiere il suo destino. Cesarina Sini era una delle due nipoti, ed è stata per lunghi anni, insieme alla sorella Marisa, la custode della memoria famigliare dello scrittore, oltre che del suo archivio, conferito nell’84, (sulla base di una volontà espressa già dalla madre), al Centro Guido Gozzano - Cesare Pavese dell’Università di Torino. Ora il «Fondo Sini» (circa 6000 carte) è integrato e dai manoscritti ceduti dall’Einaudi. C’è tutto Pavese in quelle stanze, a disposizione degli studiosi. Così come c’era tutto Pavese, un Pavese spesso molto privato e imprevedibile, nei ricordi di Cesarina Sini, anziana e affabile signora morta martedì sera a Torino. Aveva 91 anni, era una di quei testimoni del tempo che non si fanno troppo gravare dal ruolo. E il suo ricordo dello zio, in conformità al carattere, non è stato mai monumentale. La sorella Marisa, oggi ottantantaseienne, ne ricorda il ruolo insostituibile, dopo la morte di Pavese, nel gestirne la difficile eredità. Tutti volevano sapere, tutti cercavano risposte. E Cesarina, insieme alla madre, sapeva organizzare benissimo i rapporti coi critici, i giornalisti, gli studiosi, i curiosi, le istituzioni. Con ciò, non era certo lei la letterata di famiglia. «Dedicai la tesi di laurea allo zio, lavorando sul diario, che non era ancora pubblicato - racconta Marisa -. Mi aiutò Fernanda Pivano». Fu la vita a decidere per loro: Marisa si sposò e cambiò città, Cesarina rimase a Torino, signorina, con la mamma e tutta la matassa dei ricordi da dipanare. Erano ricordi comuni, «in fondo ha vissuto con noi per tanti anni, nella nostra casa di via Lamarmora» ricorda ancora la sorella. Era un zio burbero e affettuoso, portava al cinema le nipotine e sbuffava alle loro richieste di ripetizioni. Qualche volta, però, scriveva i temi d’italiano per loro, non sempre con successo (uno, sulla Divina Commedia, si beccò un brutto voto). Col passare degli anni quelle bambine divenute ragazze rappresentarono anche un aiuto importante, nel periodo fra il ’43 e il ’45 in cui lo scrittore trovò rifugio nella villa di Serralunga di Crea, cui è ispirato «La casa in collina». Nel romanzo l’istituto religioso viene collocato a Chieri, ma il riferimento reale è il collegio Trevisio di Casale, dove nacque l’amicizia con padre Baravalle. Cesarina, ogni tanto veniva spedita a recuperare un libro, a fare qualche commissione segreta. Da adulta, ha gestito i rapporti con le istituzioni, donando generosamente (per esempio gli oggetti personali al museo della Casa Natale di Santo Stefano Belbo). Uno degli ultimi impegni delle sorelle Sini è stata la traslazione nel 2001 della salma di Cesare Pavese dal cimitero di Torino a quello di Santo Stefano. Scrissero sulla tomba un epitaffio molto pavesiano: «Ho dato poesia agli uomini». Oggi Cesarina torna a Casale, nella tomba di famiglia. Ci sarà una breve cerimonia al cimitero verso le 11.