Valeria Pacelli, il Fatto Quotidiano 5/4/2015, 5 aprile 2015
Filippo Dollfus De Volckesberg, il barone che aiutava professionisti e Vip a «trasferire all’estero ed occultare denaro e utilità nella gran parte dei casi provenienti da delitti di appropriazione indebita, evasione fiscale, corruzione o riciclaggio”– Per la Procura di Milano è il “deus ex machina di una delle più grandi holding del riciclaggio scoperte in Italia”, per molti era l’uomo al quale affidarsi per portare denaro all’estero
Filippo Dollfus De Volckesberg, il barone che aiutava professionisti e Vip a «trasferire all’estero ed occultare denaro e utilità nella gran parte dei casi provenienti da delitti di appropriazione indebita, evasione fiscale, corruzione o riciclaggio”– Per la Procura di Milano è il “deus ex machina di una delle più grandi holding del riciclaggio scoperte in Italia”, per molti era l’uomo al quale affidarsi per portare denaro all’estero. Alla fine il barone e finanziere svizzero Filippo Dollfus De Volckesberg, indagato per associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio transnazionale, è stato arrestato dalla magistratura di Milano. Era riuscito a sfuggire alla giustizia evitando di varcare il confine con l’Italia, poi lo hanno tradito gli affetti: per partecipare al battesimo della nipotina è tornato a Milano, ma ad aspettarlo nella sua casa vicino al Castello Sforzesco, ha trovato i finanzieri. Così Filippo Dollfuss, 66 anni, è stato portato nel carcere di San Vittore, con l’accusa di aver aiutato professionisti e imprenditori a “trasferire all’estero ed occultare denaro e utilità nella gran parte dei casi provenienti da delitti di appropriazione indebita, evasione fiscale, corruzione o riciclaggio”. Nel capo di imputazione si fa riferimento anche ad una lista di clienti, non indagati: degli imprenditori Floriano Bonanatoe Carlo Bonomi, del broker assicurativo genovese Franco Lazzarini, del costruttore lombardo Massimo Pessina. Tra i clienti compaiono anche Vanni Mandelli, imprenditore piemontese del settore siderurgico, Vitaliano Borromeo e l’ex manager Fininvest Daniele Lorenzano, condannato con Silvio Berlusconi per i diritti tv. Intanto per ora gli unici clienti indagati sono Caltagirone Bellavista e la sua ex moglie Rita Rovelli. L’inchiesta, di cui è titolare il pm milanese Roberto Pellicano, era iniziata nel 2013, quando era finito ai domiciliari, e poi rilasciato, un commercialista milanese, Gabriele Bravi, collaboratore di Dollfus. Per conto di Rita Rovelli, secondo l’accusa, Bravi avrebbe riciclato flussi di denaro provenienti dal fondo Dalna costruito dalla provvista della corruzione relativa alla vicenda Imi-Sir. Ad allertare le Fiamme gialle di Busto Arsizio (Varese) fu infatti un bonifico di circa 7 milioni di euro accreditato da una società estera su un conto di Busto Arsizio. Alla fine si scoprì che, attraverso una società, Bravi avrebbe investito quei soldi per ristrutturare una villa ad Anacapri. Durante le perquisizioni a casa del commercialista milanese però i finanzieri trovarono altro: un libro mastro con conti, nomi e somme. Le indagini successive hanno rivelato quel collegamento con il barone Dollfus (con base a Lugano) il quale attraverso la società svizzera Fiderservice Sa, oggi in liquidazione, e 28 società in paradisi fiscali si occupava della “gestione all’estero di importanti flussi finanziari di soggetti principalmente italiani, di ignota e oscura provenienza per il tramite di una vera e propria galassia di veicoli offshore”, come scrive il gip. Il denaro così transitava “attraverso numerose scatole societarie e bancarie per nascondere l’originaria natura”. Con questo meccanismo è stato creato un volume di movimenti finanziari per “circa 800 milioni” anche se per gli inquirenti il totale “raggiungerebbe somme pari ad alcuni miliardi”, in quanto l’organizzazione avrebbe operato per circa 40 anni. Durante le indagini sono state identificate 65 tra persone fisiche e giuridiche titolari di rapporti bancari, altre 421 avrebbero avuto rapporti con l’organizzazione. Numeri ancora irrisori, secondo gli inquirenti, rispetto a quello che potrebbe nascondersi nei conti all’estero.