Sergio Romano, Corriere della Sera 3/5/2015, 3 maggio 2015
IL CONCETTO DI TERZA ROMA DA IVAN III A
STALIN –
Ho letto la sua risposta al lettore che lamentava lo scarso rilievo dato all’impero d’Oriente e, nel mio piccolo, concordo. Forse sarebbe opportuno aggiungere che le scarse informazioni su Bisanzio possono rendere incomprensibile per un cittadino normale la storia dell’Europa orientale. Lo czar sposò la nipote di Paleologo, l’ultimo imperatore caduto nella difesa di Bisanzio. Si può pensare al romantico amore fra nobili invece di una scelta politica cosciente di legittimità, continuità ed altro. Due Rome sono cadute, la terza non cadrà, scrisse il monaco Filofiej, questa frase che riassume il retroterra culturale dei panslavisti e di Putin è incomprensibile per il cittadino comune. Davvero la storia eurocentrica non aiuta neppure a capire la storia stessa dell’Europa.
Vittorio Pellizzari
Caro Pellizzari,
C redo che lei abbia ragione. Abbiamo sempre letto la «profezia» del monaco Filofiej come la pittoresca pretesa di un primitivo popolo slavo, insediato ai confini della cristianità, e non abbiamo compreso quale importanza il concetto di Terza Roma abbia avuto per la nascita e la formazione dello Stato russo. Negli anni del suo declino, l’Impero bizantino possedeva ancora un prezioso tesoro istituzionale di cui molti avrebbero preteso l’eredità Questo tesoro era la «sinfonia», vale a dire, come scrisse molto tempo fa un eccellente slavista (Angelo Tamborra) «la fondamentale concezione del Regno di Dio sulla terra». L’Impero bizantino, nella definizione di Tamborra, era «un organismo umano al cui vertice il basileus e il patriarca costituiscono le parti indivisibili ed essenziali; di conseguenza la pace dei sudditi, non meno che la loro salvezza spirituale e felicità materiale, dipendono dalla concordia e dall’armonia — cioè dalla “sinfonia” — di queste due forze, l’imperiale e patriarcale».
Tradotto in volgari termini politici questo significa che l’erede del titolo imperiale avrebbe avuto un potere considerevolmente superiore a quello di ogni altro sovrano. In un saggio sulla «Terza Roma» (che si può leggere nel sito www.silviaronchey.it, settore «docenza»), una bizantinista, Silvia Ronchey, ricorda che gli eredi, mentre l’Impero stava irrimediabilmente scivolando verso la sua fine, furono numerosi.
Ma il migliore e più agguerrito fu Ivan III, principe di Moscovia. Allargò il suo Stato con l’annessione della grande città mercantile di Novgorod, si proclamò Cesare (czar), aggiunse al suo nome l’appellativo di Groznyj (temibile) e soprattutto sposò Zoe Paleologina, figlia di Tommaso Paleologo, nipote dell’ultimo imperatore e meglio nota nella storia russa con il nome di Sofia. Da quel momento lo Stato Russo, anche nelle sue fasi più laiche, non ha mai rinunciato alla «sinfonia». Il concetto sembrava destinato a scomparire dopo la rivoluzione bolscevica dell’ottobre 1917, ma divenne nuovamente attuale quando Stalin, dopo l’invasione tedesca del giugno 1941, capì che il popolo russo avrebbe combattuto meglio se avesse avuto la Chiesa al suo fianco.